Tim Burton firma il remake di Dumbo, classico Disney sull’arte circense, con una pellicola che rispecchia in pieno il suo stile. Ma è in grado di conquistare il pubblico?Â
TITOLO ORIGINALE: Dumbo. GENERE: Fantastico. NAZIONE: Stati Uniti. REGIA: Tim Burton. CAST: Colin Farrell, Michael Keaton, Danny DeVito, Eva Green, Alan Arkin, Nico Parker, Finley Hobbins. DURATA: 112 min. DISTRIBUTORE: Walt Disney Pictures. USCITA CINEMA: 27/03/2019.
Finita la guerra Holt Farrier (Colin Farrell) ritorna a casa, al suo circo e ai suoi due figli, Milly e Joe. Ha perso un braccio, la moglie, il suo numero coi cavalli. Anche il resto della compagnia non se la passa molto bene. Il direttore, Maximilian Medici (Danny De Vito), punta sul cucciolo di elefante in arrivo, ma le sue speranze si spengono alla vista del neonato, che ha delle orecchie fuori misura. Presto, però, tutti si affezionano al piccolo e scoprono che, dietro l’handicap apparente, si nasconde una straordinaria abilità : se stuzzicato da una piuma, Dumbo può volare. Lo scoprirà anche il furbo imprenditore Vandevere (Michael Keaton), che non si farà scrupoli a sfruttarlo.
In questo rifacimento Tim Burton prova a spiccare il volo in solitaria e ad alzarsi sopra gli innumerevoli film Disney attesi durante l’anno. Naturalmente il film è imbevuto di citazioni del classico Disney del 1941. Tuttavia la trama si stacca dal predecessore, e il Dumbo del nuovo millennio poggia le zampe su una base diversa. Non più la diversità mostruosa, che accomuna tutti i membri del circo. C’è a chi manca un arto, a chi un fratello, una madre, una coda da sirena. Infine ogni diversità si dissipa. Lo stesso Dumbo, infatti, non è il vero protagonista della trama.
Un grande spettacolo umano
Il film in realtà è la storia dei lavoratori del circo, che più che colleghi sono una famiglia. L’integrità di questa famiglia viene minata dalla prospettiva del successo. Tutti sono accecati dalle luci di Dreamland, una città piena di avveniristiche coreografie e attrazioni. Che però è solo un sogno, tanto seducente quanto inafferrabile. La bolla di sapone esplode inevitabilmente e lascia emergere la forza del legame familiare.Â
La morale conclusiva del film è senz’altro condivisibile. Ciò che lascia l’amaro in bocca è la semplicità con la quale ci si arriva. La trama è estremamente semplice, e per questo non coinvolge. Il che rappresenta un forte limite. D’altronde, gli stessi interpreti, nonostante il cast sia costellato di grandi nomi, non riescono a salvare la nave. Tutti sono tratteggiati in modo eccessivamente rigido e, in definitiva, superficiale: i bambini sembrano robotici e unidimensionali, agli antagonisti manca solo la scritta “sono un cattivo” stampata sulla fronte, i personaggi secondari scialbi. Solo il papà messo in scena da Colin Farrell può portare lo spettatore a empatizzare.
Purtroppo non basta, e la scelta di anteporre il mondo umano a quello animale non risulta felice, perché la scrittura di quasi tutti i personaggi di Dumbo dà alla pellicola un tono elementare, a tratti fastidioso. Ne risulta una messa in scena di una semplicità quasi ingenua, che purtroppo risulta fuori luogo anche in un film per ragazzi, nel quale oggi non possono mancare personaggi complessi, con motivazioni profonde e più chiavi di lettura.
Dumbo: una volontà innovativa inespressa
Insomma, l’intenzione di non fare una copia pigra non viene concretizzata. Il film non è un pavido copia e incolla, ma ciò nonostante è molto lontano dall’essere memorabile. L’assenza dell’atmosfera palesemente infantile del Dumbo originale, che comunque rappresentava una scelta compatibile con i canoni dell’epoca, è solo parzialmente compensata dall’eleganza con cui Tim Burton se ne vuole distaccare. Si apprezza il ricorrere coerente di alcuni temi del suo cinema, tra cui le difficoltà del diverso e la simpatia per le aspirazioni artistiche. Si apprezza l’impatto visivo di alcune scene, come il sogno di bolle di sapone che paga un tributo al film originale.
Però si sente la mancanza delle meraviglie e dei i guizzi geniali del grande regista-funambolo. Sembra un lontano ricordo la vecchia gloria del suo passato e la forza immaginifica di un tempo. Sembra uno spreco il non essersi soffermati su sequenze da cinema muto come nel cartoon originale. L’espressività e le movenze di Dumbo infondono sia empatia che tenerezza in modo immediato, ma la via del realismo con il restante mondo animale non convince. Per quanto l’intento di far specchiare una storia di maternità animale dentro una ricerca di paternità umana sia lodevole e apprezzabile, il risultato delude, soffocando la creatività di un regista che poteva trovare nel mondo prodigo di stranezze del circo terreno fertile per le sue fantasticherie. In Dumbo manca, insomma, il Tim Burton anarchico e leggermente disturbante degli anni passati.
Dumbo: un circo che non intrattiene
Le alte aspettative legate al nome di Tim Burton finiscono con l’essere disattese. Il film si trascina avanti, arrancando per quasi due ore ad una velocità da pachiderma. Dalla poltrona ci si aspetta il guizzo di Tim Burton, o almeno un maggiore coinvolgimento degli attori. Tuttavia niente di questo accade, e lo spettacolo, che avrebbe potuto essere pregno di fuochi artificiali, risulta invece una fiamma soffocata. La parte migliore è proprio l’elefantino Dumbo, che viene realizzato con encomiabile cura. Le sue espressioni inteneriscono e conquistano, almeno, coloro che cercano solamente una fiaba disneyana.
In definitiva, Dumbo è un film modesto e senza eccessi, in qualche tratto commovente ma mai realmente coivolgente. Vuole discostarsi dal cartoon omonimo e dai suoi eccessi, ma forse per questo non emoziona. Si tratta di un film per famiglie, permeato da una mano burtoniana un po’ trattenuta.
Punti a favore
- Alcune scene di visività burtoniana
- La creazione dell'elefantino
Punti a sfavore
- La troppa semplicitÃ
- Le performance del cast
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Stefano Bozzi
5 Maggio 2019 alle 20:18Concordo