Kosmokrats è una delle sorprese più inaspettate del 2020 e vuole raccontare il conflitto fra l’individuo e lo stato: vediamo come se la cava in questa recensione
Pensavamo di esserci lasciati la Guerra Fredda alle spalle. Tutto era finito con il crollo del muro e con la caduta dell’Unione Sovietica, o almeno così abbiamo creduto. A ventinove anni di distanza, invece, l’Occidente scopre di essere ancora perseguitato dalle sue vecchie paure ed ecco che i miti storici del passato vengono rielaborati in una pletora di opere fra le più disparate. Del resto viviamo in tempi inquieti, in cui l’insorgere di nazionalismi e dittature spinge continuamente al ripensamento del passato.
Come direbbe Kundera, infatti, la Storia può avere un unico valore, in letteratura, cioè quello delle possibilità. In ogni romanzo dell’autore ceco essa non ha la pretesa di essere reale, ma ha solo il compito di caratterizzare l’aspetto esistenziale dei personaggi. La Storia è quindi una categoria esistenziale, che acquista valore di verità a prescindere dall’accuratezza con cui essa è ricostruita. Perché, quindi, non ripensarla in chiave fantascientifica? E perché non raccontare la storia attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta dietro le quinte? Anche Kosmokrats guarda alla storia come categoria esistenziale: così cercheremo di analizzarlo in questa recensione.
Rileggere la storia della Polonia, dalla Polonia
Certo è che nascere e crescere in Polonia non dev’essere semplice. Il comunismo, lì da loro, non dev’essere una roba per ragazzi borghesi con i vestiti di marca ed il telefono di ultima generazione. Una cosa per darsi un tono, ecco, com’è in uso da noi. In Polonia il comunismo lo hanno vissuto sulla pelle e ne hanno assaggiato tutte le incongruenze. Forse è per questo che il primo lavoro di Pixel Delusion, una giovane software house polacca, parla proprio di comunismo.
Ci piace pensare che questo gruppo di ragazzi avesse in mente proprio di rileggere la propria storia come una categoria esistenziale. Come si rapporta l’individuo con lo stato? Esiste un individuo senza lo stato? E uno stato senza individuo? Qual è il peso di un’ideologia nel comportamento e nelle scelte di un uomo comune?
Come vedremo in questa recensione, in Kosmokrats solo il giocatore potrà rispondere a queste domande.
Una patata bollente – Recensione Kosmokrats
Vale la pena cominciare la recensione di Kosmokrats parlando dell’oggetto più importante di qualsiasi opera narrativa: i personaggi. Chi è il protagonista del titolo Pixel Delusion? Un pelapatate senza nome, un eroe che rappresenta l’ultimo livello della scala di comando all’interno della flotta spaziale sovietica. Quest’ultima si prepara ad un grande viaggio nello spazio, nella speranza di trovare un nuovo mondo da colonizzare e, contemporaneamente, di sconfiggere gli acerrimi rivali capitalisti.
Ecco che la fortuna cambia il destino del nostro eroe: il pilota di droni deve assolutamente essere sostituito, ma ci vorrà del tempo. Fino ad allora, metteremo da parte le patate e ci dedicheremo alla costruzione di complessi moduli orbitali. Va da sé che le circostanze ci porteranno ad occupare il nuovo ruolo per molto, molto più tempo del previsto.
Capiamo bene che a un certo punto l’individuo-giocatore entra a far parte attiva dello stato, partecipando a quelli che potremmo chiamare dei veri e propri processi di produzione. Un termine di certo molto capitalista per quella che dovrebbe essere un’utopia comunista, converrete con noi. Per tutto il corso del gioco, quindi, non dovremo far altro che assemblare i moduli orbitali pilotando il nostro drone, finendo per influenzare con i nostri errori e le nostre scelte anche il corso della complessa storia imbastita dai ragazzi polacchi.
È in questa incongruenza ideologica che si manifesta l’essenza narrativa di Kosmokrats: a seconda della nostra abilità le risorse della stazione spaziale (cioè: le patate) potranno diminuire, portando l’equipaggio alla fame, o peggio, al cannibalismo; e allo stesso tempo ci capiterà di effettuare delle scelte più volontarie e consce, come quando dovremo decidere se salvare o meno uno scienziato della fazione opposta alla deriva nello spazio, con tutte le conseguenze che questo comporterà.
C’è un momento narrativo molto forte, però, che avviene in una delle prime sezioni di gioco. Mentre noi stiamo assemblando l’ennesimo modulo, ecco che la Terra, sullo sfondo, viene completamente distrutta da una guerra nucleare. Decine di bombe atomiche iniziano a corrodere lentamente il pianeta e ad un tratto ci accorgiamo di essere rimasti soli con i nostri compagni – compagni in tutti i sensi. L’unica speranza è trovare una nuova casa, portandoci appresso tutto il nostro patrimonio ideologico, ma soprattutto la nostra individualità. Di nuovo, la Storia come categoria esistenziale di Kundera.
La libertà lasciata al giocatore è molto ampia e permette di cambiare in maniera molto radicale gli avvenimenti, sobillando un colpo di stato contro il nostro Kommandant, o assecondando le idee cibernetiche di una strana intelligenza artificiale costruita dai capitalisti. I casi riprendono tutto quello che ci si potrebbe aspettare da un’opera fantascientifica, ma sempre con un retrogusto ironico che rende ancora più piacevoli i bellissimi dialoghi scritti per il gioco.
L’individualità diventa dunque pluralità quando ci accorgeremo che anche gli altri comprimari godono di una caratterizzazione di un certo livello, che non ha nulla da invidiare a quella di prodotti di grosso calibro. In effetti, Kosmokrats è una delle esperienze narrative più riuscite di questo 2020, e ci sentiamo di affermarlo senza troppi ripensamenti. Raramente abbiamo assistito ad una compattezza discorsiva simile negli ultimi anni, se escludiamo capolavori imprescindibili quali Torment: Tides of Numenera o il bellissimo Prey. Se pensiamo che si tratta del primo lavoro di Pixel Delusion, il tutto è ancora più sorprendente.
La fisica dei corpi – Recensione Kosmokrats
Detto ciò, in cosa consiste il gameplay di Kosmokrats? I Pixel Delusion hanno imbastito un convincente puzzle game che ci vedrà, appunto, impegnati nella costruzione di varie strutture spaziali utili alla causa sovietica. Per farlo dovremo controllare il nostro drone – caldamente consigliato l’utilizzo di un pad – cercando di spingere i vari pezzi in modo tale che i connettori si incastrino. Avremo a disposizione la possibilità di acchiappare alcuni di questi pezzi, consumando però un certo quantitativo di energia.
Va ricordato, per ultimo, che ogni volta dovremo completare l’operazione prima che il carburante del nostro drone termini. La fisica del gioco, poi, è particolarmente riuscita e simula brillantemente l’assenza di gravità, permettendo agli oggetti di muoversi in maniera molto credibile e precisa. Anche in questo, Kosmokrats è davvero curato.
A questa struttura molto semplice, comunque, si aggiungono alcune varianti interessanti. Dovremo fare attenzione a non causare danni alle strutture che assembleremo, per esempio evitando di distruggere i contenitori di patate (la risorsa di cibo principale degli astronauti) o le antenne ricetrasmittenti. Qualora dovessimo fallire una missione il gioco proseguirà, ma ciò comporterà delle inevitabili penalità anche narrative. Distruggere troppe patate, ad esempio, porterà l’equipaggio a morire di fame e ci impedirà di ottenere dei soldi.
Con questi ultimi potremo acquistare una quantità di collezionabili abbastanza simpatica, ma anche del cibo con cui evitare di morire di fame noi stessi. Quello che avviene quando saremo nella stazione di comando del drone è importante quanto l’azione sul campo. Leggendo il giornale sulla nostra scrivania oppure i resoconti delle ultime missioni apprenderemo nozioni molto importanti, mentre giocare qualche livello di One/Zero, il videogioco progettato da una strampalata intelligenza artificiale, ci aiuterà a comprenderne meno l’ideologia attraverso strambi dialoghi filosofici.
Il fatto che in Kosmokrats sia presente un vero e proprio gioco nel gioco, tra l’altro, è indice di quanto questo titolo sia in grado di stupire in continuazione il giocatore con nuove trovate ludiche e narrative ad un tempo. Anche le sezioni in cui useremo il drone si arricchiranno di varianti con il passare del tempo – ad esempio dei fastidiosi asteroidi che rischiano di compromettere l’operazione – e a volte alcune scelte saranno da prendersi proprio in questi frangenti. Non abbiamo mai assistito ad un vero distacco fra narrativa e gameplay, dunque, ed è questo che rende il gameplay di Kosmokrats così immersivo e coinvolgente, anche per chi non è avvezzo al genere dei puzzle game, e nonostante una certa ripetitività – l’unico vero difetto del titolo.
Linee semplici per storie complesse – Recensione Kosmokrats
Lo stile estetico di Kosmokrats è quanto ci si potrebbe aspettare da un titolo indie dei nostri giorni. Il cel-shading utilizzato dagli sviluppatori ci offre personaggi e ambienti molto stilizzati e delle texture decisamente semplici, che, però, contribuiscono a valorizzare la scrittura ironica dei dialoghi in maniera brillante. La vetusta tecnologia sovietica riporta alla mente alcuni scenari già visti nel bellissimo Alien di Ridley Scott, un classico della fantascienza settantiana. Non siamo nel mondo pieno di dati ipercompressi del filone cyberpunk, ma in una più sobria fantascienza classica, fatta di spazi siderali e sconosciuti.
Il gioco offre un ottimo doppiaggio in inglese – purtroppo nemmeno i sottotitoli sono in italiano – ma è nella colonna sonora che raggiunge uno dei suoi picchi più alti. A metà fra synthwave e ampie riflessioni sulle vastità spaziali tipiche di un certo ambient moderno, Kosmokrats offre una pletora di brani di alto impatto emotivo, fra i quali ci piace ricordare soprattutto Val, una deliziosa canzone che in molti non faticheranno ad accostare all’iconica “Still Alive” del primo Portal. Anche grazie a queste fantastiche melodie, insomma, l’esperienza finale è davvero riuscita.
E tu da dove sbuchi fuori?
Insomma, giunti alla conclusione della recensione di Kosmokrats viene proprio da chiedersi dove avevamo vissuto per tutto questo tempo. Probabilmente, presi dalla rincorsa alla prossima generazione, la maggior parte dei giocatori non avrà modo di provare e nemmeno conoscere quello che è a tutti gli effetti un capolavoro – ecco, lo abbiamo detto.
Il debutto di Pixel Delusion è tutt’altro che una delusione e ci regala anzi un’esperienza narrativa incredibilmente profonda e coinvolgente, ricca di tematiche e di diramazioni, supportata da un gameplay originale e sufficientemente curato. L’ottimo comparto estetico e sonoro, infine, non fa assolutamente rimpiangere la natura a basso budget del prodotto. In definitiva, uno dei migliori titoli che possiate provare quest’anno.
Darete una chance a Kosmokrats? Fatecelo sapere nei commenti e rimanete sulle pagine di tuttoteK per ogni approfondimento sul mondo dei videogiochi.
Punti a favore
- Trama ottima e ben narrata
- Tante scelte da compiere
- Gameplay divertente e assuefacente
- Colonna sonora fantastica
- Molto rigiocabile
Punti a sfavore
- A volte un po' monotono
- Non è localizzato in italiano
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