Videogiochi: quali sono i segnali che ci fanno capire se saranno un successo o un flop? Qui ne abbiamo elencati ben 16: scopriamo cosa evitare e perché!
Creare videogiochi è complicato. E non parliamo solo di programmazione, animazioni e graphic design. Siamo nel 2018 e ci sono quattro principali piattaforme di gioco (PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC), dozzine di importanti team di sviluppo e compagnie, decine di titoli in circolo ogni anno. Questo significa che la competizione è alta, altissima, e per fare in modo che un videogioco venga notato bisogna farlo risaltare nel panorama delle uscite, fare colpo nell’immaginario del pubblico: in poche parole, si ricorre alla pubblicità.
Il mondo pubblicitario è più infido e complesso di quanto non sembri: una buona operazione di marketing risponde a delle regole precise, scientifiche possiamo dire. Ma c’è un fattore poco scientifico, poco razionale che può fare la differenza: la fiducia. Un prodotto magari non ottimo sotto tutti i punti di vista ma con una valida campagna pubblicitaria può sfondare: se avrete giocato molto nel corso della vostra vita, forse sarete già in grado di riconoscere i segnali che decreteranno il successo di un titolo.
Videogiochi: i 16 segnali di un flop
Quali sono, invece, i campanelli di allarme? Da cosa dovreste guardarvi quando state per acquistare un gioco? Come ci sono degli elementi che decretano il successo di un videogioco, esistono anche dei segnali che preannunciano – o fanno presagire – un flop. Ovviamente, come in tutte le situazioni, ci sono le dovute eccezioni e non è sempre detto che le regole di base valgano sempre. Tuttavia, scopriamo insieme cosa dovreste valutare e perché!
Embargo estremo
Ci sono molti motivi per i quali un gioco può risultare deludente, ma un indizio molto importante è l’embargo. Sembra un dettaglio di minore importanza, ma quando un publisher trascina l’embargo fino al giorno del lancio ufficiale del gioco ha definitivamente qualcosa da nascondere. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni – come DOOM 2016 – ma generalmente non poter vedere un titolo fino all’ultimo non è quasi mai un buon segno.
Niente copie omaggio per i recensori
È capitato che gli studi non mandino – o non offrano – copie omaggio ai recensori della stampa specializzata. Sebbene le ragioni possano essere tante – per esempio quando gli studi sono piccoli, esordienti o indipendenti -, la mancanza di copie omaggio e poche preview possono significare che i produttori temano il giudizio della stampa specializzata. E quando i giudizi sono negativi, è difficile convincere i giocatori ad acquistare un titolo o a farne il pre-ordine…
Annuncio sottotono
Non tutti i videogiochi ricevono l’onore di essere presentati ufficialmente all’E3, ma questo non significa che un annuncio passato sotto silenzio sia un buon segno. Ci sono titoli per i quali non si è speso quasi neanche un tweet. Può avere un qualche senso per quei videogiochi molto di nicchia, dove di solito i fan sono super informati e molto addentro ai lavori; ma quando non è questo il caso, la ragione principale è che gli sviluppatori non vogliono – o non si meritano – la pubblicità.
Brutta reazione all’annuncio
Com’è naturale, molto spesso è il pubblico a influenzare il successo o meno di un gioco, ancora prima che questo raggiunga gli scaffali dei negozi. Spesso non dipende dal lavoro degli sviluppatori, né dalla pubblicità che fanno i produttori: a volte il pubblico può essere spietato, e le critiche possono arrivare su dei dettagli tutto sommato non così determinanti. Ricordiamo, per esempio, Metroid Prime: Federation Force che è stato pesantemente penalizzato per il tempismo non proprio perfetto dell’annuncio ufficiale.
Scarsa copertura pre-lancio
Quando un gioco viene annunciate e poi non si sente NULLA a riguardo per i sei mesi successivi, c’è qualcosa che non va. Niente immagini ingame, niente trailer, niente gameplay, niente interviste con gli sviluppatori? O il progetto va molto (troppo) a rilento, o i risultati sono assolutamente insoddisfacenti.
Non si mostra il gameplay nella fase di pre-lancio
Direttamente collegato al punto precedente. A volte gli sviluppatori, piuttosto che non mostrare proprio niente, optano per pubblicare immagini poco significative o, peggio, i trailer pre-rendering. Che, per carità, possono andare bene per il primo reveal o per le primissime fasi dello sviluppo, ma che dopo un po’ perdono di qualunque rilevanza. Quando gli sviluppatori non mostrano l’evoluzione di un gioco e ripropongono trailer vecchi di mesi, significa che non hanno prodotto niente di significativo. O niente, proprio.
Poca chiarezza sui contenuti
Alcuni videogiochi promettono il mondo prima del lancio. Altri promettono mondi infiniti. Mi spiego: quando alcuni titoli stuzzicano la fantasia degli utenti – come Sea of Thieves o No Man’s Sky, ehm ehm – ma non danno informazioni dirette e concise sui contenuti, è un segnale di potenziale delusione. La vaghezza non è mai un’arma vincente: “costringere” gli utenti a scoprire le cose da sé può essere un’arma a doppio taglio.
Posticipazioni infinite…
Shigeru Miyamoto una volta ha detto: “Un gioco posticipato può essere buono. Un brutto gioco è brutto per sempre”. Siamo d’accordo, un’uscita tempestiva non è garanzia di qualità, ma anche ritardi su ritardi non va bene. Prima o poi il gioco deve arrivare, e intanto la reputazione è già stata intaccata: gli utenti non dimenticano gli errori, tantomeno le bugie.
… e lanci affrettati
Al tempo stesso, anche un lancio affrettato può essere una pessima idea. A volte i videogiochi sono letteralmente “buttati fuori” anche se il loro livello di completamento non è sufficiente. Può dipendere dal fatto che alcune scelte di sviluppo si sono rivelate troppo complesse – o costose -, oppure che non ci sia stato un feedback abbastanza positivo. Tornando al discorso di Miyamoto, però, oggi esistono le patch post-lancio: è vero, quindi, che un gioco può eventualmente diventare buono, ma meglio evitare di arrivare a questo punto.
Franchise sotto sforzo
Capita che una serie diventi molto popolare e cada nella tentazione di esagerare. Nel tentativo di rimanere visibile nel panorama videoludico il franchise sforna nuovi titoli ogni anno, ma non importa quanto si faccia – o, paradossalmente, proprio a causa di questo – i titoli sembrano tutti simili, non importa cosa venga proposto. Ne sa qualcosa Ubisoft – e mi costa ammetterlo – che ha dovuto prendersi un anno di pausa per realizzare Assassin’s Creed Origins.
Una nuova direzione per la serie
A volte funziona e a volte no. Breath of the Wild ha funzionato, e pure bene. Spesso, però, un netto cambio di direzione per l’innovazione a tutti i costi può produrre effetti inaspettati, per esempio la confusione degli utenti e un’eventuale disaffezione alla serie. “Sistemare” quello che in realtà funziona ancora non ha senso: si veda Skylanders, per esempio, che ha stravolto un draghetto amatissimo dai fan e l’ha reso qualcosa di irriconoscibile.
Spyro, che ti hanno fatto?!
Nuovi sviluppatori
I diritti delle IP sono roba per esperti e possono provocare delle vere e proprie catastrofi. Retro Studios è riuscita a prendersi Metroid senza fare danni, ma è una delle rare eccezioni. A volte succede che un autore non possa o non voglia più lavorare a un titolo o a una serie, e perciò si passa la “patata bollente” a qualche altro studio che, magari, è già occupato con altri progetti o non sa come gestire il nuovo arrivato, rischiando di stravolgerne l’essenza. Nuovo, quindi, non è sempre sinonimo di migliore.
Giochi con licenza
Questi esemplari si stanno mimetizzando sempre meglio tra i videogiochi “normali”: il costo di sviluppo si rifà con i rapidi guadagni delle proprietà con licenza: state attenti a questi titoli che schiaffano un nome famoso e cercano di spremere qualche soldo ai fan, generalmente contano proprio sull’affetto del pubblico affezionato. Nella categoria rientrano soprattutto i giochi per i più piccoli e titoli economici su sport di nicchia, e occasionalmente qualche gioco tratto malamente dagli anime giapponesi.
Meccaniche Free to Play nei videogiochi a pagamento
E qui stiamo parlando di un titolo in particolare, ovvero Star Wars Battlefront II. Le meccaniche Free to Play non sono malvagie di per sé, anzi hanno i loro vantassi se usate saggiamente. Il problema qui è che se vuoi far pagare un gioco a prezzo pieno nella sua versione fisica, per poi dover aggiungere un Season Pass ed eventualmente altri DLC non inclusi, poi non si hanno scuse per inserire anche meccaniche pay to win in un gioco già pagato.
Target sbagliato
Da qualche tempo i videogiochi stanno ottenendo il riconoscimento di forma d’arte; e, come tutte le forme d’arte, non è per tutti. Nonostante tutto, il videogioco rimane un prodotto commerciale, perciò fa piacere che un progetto raggiunga una fetta di pubblico. Ci sono tantissimi titoli in commercio: alcuni diventano classici, altri non arrivano mai al successo, anche se lo meriterebbero. Succede soprattutto coi giochi molto di nicchia o molto – troppo – innovativi, come Earthbound o Football Manager: se ottengono un qualche successo, a volte questo arriva molto dopo il rilascio.
Trucchetti un po’ forzati
Non vogliatemene, ma anche Nintendo ogni tanto sbaglia. La Wii U ha avuto un suo periodo buio, caratterizzato da un pessimo motion control – con risultati come Star Fox Zero – e da brevi guide demo camuffate da videogiochi, e che spesso vengono fatte passare per proposte VR. Quando il design di un gioco è progettato su un trucco piuttosto che su delle solide basi meccaniche, si vede.
Ecco i 16 segni che ci aiuteranno a capire quando i videogiochi potranno rivelarsi un flop! Siete d’accordo con il nostro elenco? Quali sono i vostri campanelli d’allarme quando si parla di videogiochi, e quali sono per voi i flop videoludici più evidenti? Raccontateci nei commenti!
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