Ricercatori hanno ritrovato fibre di microplastica fino a 8.440 metri sul livello del mare, appena sotto la vetta la cima del monte Everest
Un team di ricercatori ha analizzato campioni di neve e ruscello del Monte Everest. In questo modo hanno scovato microplastiche fino quasi alla cima della montagna più alta al mondo. Le più alte concentrazioni di microplastiche erano intorno al campo base, dove gli escursionisti trascorrono la maggior parte del tempo. Il team, però, ha trovato microplastiche fino a 8.440 metri sul livello del mare, appena sotto la vetta.
Microplastica: cos’è sono?
La microplastica, sono tutte quelle particelle di plastica il cui diametro è inferiore ai cinque millimetri di diametro. Vari studi hanno mostrato come queste particelle siano diffuse ormai in moltissimi ambienti, praticamente ovunque. La plastica è prodotta in moltissime forme: sacchetti, vestiti, materiale da imballaggio, materiali da costruzione, recipienti, contenitori, nastri e attrezzi per la pesca. Essendo materiali non biodegradabili (cioè metabolizzabili dagli organismi viventi), una volta abbandonati in natura, finiscono per disgregarsi. Le cause sono, ad esempio, i raggi ultravioletti, il vento, agenti atmosferici, sbalzi di temperatura e le onde se si trovano in mare. Ciò che rimane del deterioramento, sono letteralmente micro-frammenti di plastica. Vista la diversità polimeri plastici prodotti dall’uomo ed i molteplici fattori che determinano il loro deterioramento, è difficile dire con precisione quanto tempo un rifiuto impieghi a diventare microplastica. Ad oggi non sappiamo ancora quali danni causino alla salute dell’uomo e dell’ambiente.
Fino sulla cima dell’Everest
Ricercatori del National Geographic e della Rolex Perpetual Planet Everest Expedition hanno trovato prove di inquinamento da microplastiche sulla neve e nei ruscelli del Monte Everest. I risultati, pubblicati sulla rivista One Earth, hanno mostrato risultati sorprendenti. Nella neve sono state trovate in media 30 fibre di plastica ogni litro. Le più alte concentrazioni sono vicino al campo base, dove gli escursionisti trascorrono la maggior parte del tempo, ma il team ha anche trovato microplastica a 8.440 metri sul livello del mare, appena sotto la vetta. Le fibre più comuni sono a base di poliestere (il più abbondante, presente nel 56% dei campioni), polimeri acrilici (31%), nylon (9%), e polipropilene (5%). Le origini di queste fibre paiono essere i tessuti negli equipaggiamenti di chi va in queste vette, in particolare tende e vestiti, più che materiali come borracce o altro. Tuttavia i ricercatori non escludono che una parte di questi materiali possa essere arrivato anche con venti e correnti d’aria.
Come intervenire?
Ripulire le nevi e le acque di questi ambienti appare un’impresa troppo ardua. Il governo locale ha già impedito l’uso di plastiche monouso e irrigidito le regole ambientali (come la gestione dei mozziconi di sigaretta e l’abbandono di materiali). Approfittando del blocco escursioni dovuto alla pandemia, il governo locale questa primavera-estate ha raccolto sui versanti della montagna oltre 10 mila kg di rifiuti, molti dei quali contenenti plastica. Inoltre, ha introdotto una caparra di 4 mila dollari, che le autorità locali restituiscono solo quando, al rientro, l’alpinista dimostra di aver riportato con sé tutti i suoi rifiuti. I ricercatori però suggeriscono investimenti per lo sviluppo di plastiche più resistenti. Plastiche che quando sottoposte a livelli di stress come quelli che possono subire in montagna smettano di rilasciare microfibre. Ma è evidente che a beneficiare di questo sviluppo non sarebbero solo le alte vette, ma anche il pianeta intero.
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