Molte specie selvatiche di caffè rischiano l’estinzione a causa di funghi e cambiamenti climatici. Dovremmo in futuro rinunciare anche ad un piccola tazza di nero piacere?
Il caffè è una tra le bevande più consumate al mondo, si stima che nel 2017 siano stati prodotti circa 9,5 milioni di tonnellate di caffè in tutto il mondo (circa la metà proviene dall’Africa) e ogni giorno vengono spesi circa 165 milioni di dollari di caffè dalle persone di tutto il globo. Solo in Italia vengono riempite di caffè 14 miliardi di tazzine l’anno e non siamo nemmeno i consumatori più assidui: i finlandesi arrivano a consumarne circa 12 chilogrammi a testa ogni anno – che sia per rimanere svegli durante le lunghe notti artiche? Si tratta di bene che è diventato quasi necessario per cominciare bene la giornata o concludere un pasto con soddisfazione. Rischiamo di perdere anche questo piccolo momento di piacere?
Il caffè è una bevanda ottenuta per estrazione dai semi macinati di alcuni piccoli arbusti tropicali appartenenti al genere Coffea che conta oltre 100 specie diverse. Tuttavia la nostra provvigione di caffeina si basa solo su due varietà: l’Arabica e la Robusta. Il che è molto rischioso perché se dovesse manifestarsi una patologia epidemica che colpisca queste specie, ovviamente il mercato sarebbe messo in ginocchio. È già successo in passato che la nostra accurata selezione delle specie da coltivare portasse a gravi conseguenze. È il caso della banana: la prima varietà destinata al commercio fu la Gros Michel che purtroppo pochi di noi avranno avuto l’occasione di assaggiare dato che negli anni ’50 le piantagioni vennero contagiate da un’epidemia fungina – la malattia di Panama – che portò alla quasi totale estinzione della specie. Il mercato fu salvato dal tracollo con l’introduzione della varietà Cavendish, che ancora oggi troviamo nei supermercati. Si capisce che è molto importante avere a disposizione in natura una florida biodiversità per far fronte ad eventuali emergenze.
Banana Gros Michel, ormai quasi estinta
Il problema è che con il caffè stiamo rischiando grosso, molto grosso.
Caffè: a rischio estinzione gran parte delle specie selvatiche
Anche se l’allarme non riguarda le due varietà Arabica e Robusta – pari rispettivamente al 60% e al 40% del caffè venduto -, gli esperti ci mettono in guardia perché in futuro non si possono escludere conseguenze anche per le piantagioni commerciali. Il gruppo dell’università di Nottingham guidato da Aaron David ha infatti pubblicato uno studio sulla rivista Science Advanced che dichiara ad alto rischio di estinzione circa il 60% delle specie selvatiche di caffè a cause di infezione fungine, sfruttamento del suolo e cambiamenti climatici.
Germogli di caffè
Analizzando i dati dell’Unione internazionale per la conservazione della natura e le banche di semi, gli scienziati si sono accorti che 75 specie di caffè su 124 conosciute sono a rischio estinzione e che purtroppo non stiamo adeguatamente conservando queste piante. Solo il 52% delle varietà a rischio era presente nelle banche dei semi, mentre nelle aree protette la quota sale al 72%. Tutelare le specie selvatiche è fondamentale per essere preparati ad affrontare eventuali problematiche future, com’è già avvenuto nel caso delle banane.
Piante di caffè della varietà Arabica in Giamaica
Con l’aumento della desertificazione causato dalle variazioni climatiche e il disboscamento delle foreste per ricavarne terreni agricoli comportano una drastica riduzione dell’habitat delle piante di caffè che vengono circoscritte in aree sempre più piccole e isolate. Questo ha due conseguenze deleterie. La prima è che se un’epidemia di origine fungina si dovesse diffondere in un’area di piccole dimensioni darebbe origine ad uno sterminio quasi totale delle specie colpite. La seconda è dovuta alla difficoltà di incontro di specie compatibili tra loro e quindi il rimescolamento genetico diventa meno probabile, rallentando i processi di adattamento ed evoluzione.
I ricercatori hanno studiato e selezionato diverse specie di caffè a rischio di estinzione con caratteristiche molto utili per il settore commerciale, come la tolleranza alle variazioni climatiche e la resistenza a parassiti e malattie. La soluzione più immediata sarebbe quella di esportare le specie selezionate nelle varie aree circoscritte e diffonderle in altre aree, in modo da ovviare alle problematiche elencate nel paragrafo precedente. In secondo luogo i paesi in via di sviluppo dovrebbe rivedere con attenzione le politiche agricole: gran parte della produzione di caffè arriva dall’America Latina e dall’Africa, dove il problema del disboscamento è tra i più estremi nel mondo.
Godetevi la nostra tazza di caffè come se fosse l’ultima quindi, un po’ come faceva Zeno Cosini con le sue sigarette, questo articolo vi aiuterà a trarre più piacere dalla bruna bevanda. Speriamo solo di non dovervi mai annunciare che quella che state assaporando è l’ultima tazza di caffè del mondo. Dalla sezione scienze è tutto, continuate a seguirci per altre novità dal mondo naturale!
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