Ieri sera si è conclusa la prima stagione di Diavoli, la serie evento prodotta da Sky e basata sull’omonimo romanzo di Guido Maria Brera. Con Alessandro Borghi e Patrick Dempsey alle prese con gli intrighi tipici dell’alta finanza. Vi avevamo parlato della serie dopo aver visto la prima puntata, ma adesso è arrivato il momento della nostra recensione di Diavoli
TITOLO ORIGINALE: Devils. GENERE: drammatico. NAZIONE: Gran Bretagna. REGIA:Nick Hurran, Jan Maria Michelini. CAST: Alessandro Borghi, Patrick Dempsey, Kasia Smutiniak, Laia Costa. DURATA: 10 episodi x 55 mi,. DISTRIBUTORE: Sky Atlantic. USCITA: 17/04/2020.
Diavoli è stata senza dubbio la serie più attesa dell’anno su Sky, non a caso ha debuttato col terzo miglior risultato di sempre fra gli ascolti. Dopo la prima puntata vi avevamo parlato delle nostre prime impressioni. Ma con la fine della serie è arrivato il momento di tirare le somme e scoprire che cosa ha funzionato e che cosa no della nuova serie di punta Sky sprofondata fra i tentacoli di finanza e corruzione.
Trailer e trama | Recensione Diavoli
Londra, 2011. Massimo Ruggiero, responsabile trading di American New York – London Bank durante la crisi finanziaria europea. Pupillo di Dominic Morgan CEO della NYL. Massimo ha però una ex moglie tossica e ciò lo intralcia nella scalata al posto di Vice CEO. Dominic a causa dei problemi personali di Massimo sceglie Ed Stewart, il quale però muore improvvisamente. Tutti pensano che sia colpa di una fuga di notizie causata da Massimo ma le cose non sono semplici come sembrano. E soprattutto l’idilliaco rapporto fra Dominic e Massimo nasconde più di quanto possa apparire.
Angeli con le ali spezzate | Recensione Diavoli
Diavoli sulla carta è senza dubbio una scommessa vincente. Alta finanza, attori carismatici, ambientata in piena City londinese e negli anni di una delle più profonde crisi economiche mondiali. Purtroppo però, per quanto potesse puntare molto in alto è stata intralciata da alcune scelte stilistiche, prima fra tutti la regia. Il vero tallone d’Achille di questa serie è infatti il caos che regna nella scelta dello stile di regia, nel tentativo di renderla forse particolare, rendono difficile seguire la trama con attenzione, soprattutto nella prima parte della serie. Manca linearità, non c’è una firma definita, troppi gli stili che si accavallano e le inquadrature che in montaggio potevano essere risparmiate. Molti dettagli peculiari vengono introdotti e mai spiegati, primo fra tutti il vezzo del protagonista di sfregare pollice e indice nei momenti di tensione.
Purtroppo anche l’editing non è paragonabile alle serie a cui puntava la produzione, come per esempio House of Cards, molti sono gli errori di discontinuità fra un’inquadratura e l’altra.
Il trucco poteva essere più curato. In una puntata in particolare Borghi è vittima di un pestaggio e di conseguenza il gonfiore e le contusioni il giorno seguente sono ben visibili, ma è ben visibile anche il fatto che siano posticce. Purtroppo una serie di errori di questo genere portano la serie ad un livello inferiore a quello che ci si aspetta da Sky Original. Diavoli è comunque un’ottima produzione, ma con qualche accorgimento sarebbe potuta entrare di diritto fra le migliori serie di quest’anno.
L’inferno non è poi tanto male | Recensione Diavoli
Veniamo a tutti i lati positivi che fanno di Diavoli una serie godibile e di innegabile successo. Primo fra tutti: Alessandro Borghi, che già aveva dato prova di essere un attore formidabile in film come Non essere cattivo, Sulla mia pelle e Il Primo Re, in questa serie tocca l’apice del proprio talento. Trascina l’intera serie sulle sue spalle, a partire dalla camminata che trasmette subito sicurezza, alle espressioni apparentemente glaciali ma che nascondono il dolore del non riuscire più a provare niente. Riesce a far coesistere le due anime di Massimo Ruggero con una bravura assoluta, dal passato in riformatorio in Italia, al periodo da studente che si manteneva gli studi facendo il barman allo squalo della NYL sotto l’ala di Dominic Morgan.
Guardando la serie sia in italiano che in originale è chiaro quanto la scelta di Borghi di non doppiarsi sia stata eccellente, il suo accento italo-inglese è praticamente perfetto, intenso, sempre con l’intonazione giusta, mentre la “sua” voce italiana, Andrea Mete, ha saputo rendere giustizia al personaggio senza perdere quella sfumatura da anima dannata che Borghi sa dare benissimo ai suoi personaggi. Una performance degna di Hollywood.
Patrick Dempsey è un veterano, che ha saputo rendere subdolamente affascinante il proprio personaggio tanto da non riuscire in alcun modo a capire quanto fosse sincero nelle sue mosse durante le 10 puntate, con lo sguardo luciferino di qualcuno che pur nel peggiore dei momenti sa esattamente chi mandare all’inferno per vendicarsi. Kasia Smutniak altro volto noto all’Italia con un ruolo di primo piano nella serie ha però prestato una prova poco incisiva, tranne in alcuni casi in cui il volto sofferente era indicato nella scena, l’espressività è risultata piatta e poco credibile, anche l’autodoppiaggio ha portato la versione italiana ad un ulteriore livello di distacco emotivo fra pubblico e personaggio.
Guido Maria Brera, l’autore dei Diavoli
L’intreccio dell’intera serie è basato sull’omonimo romanzo di Guido Maria Brera ed effettivamente l’andamento dell’intenzione e della tensione in Diavoli segue un po’ quella di un romanzo. Il problema è che in un libro il lettore è portato a scorrere le pagine per scoprire la vicenda, mentre in una serie se l’attenzione non viene catturata il pubblico tende ad annoiarsi. Una caratteristica particolare della serie è la cesura proprio sulla metà degli episodi. Dal primo al quinto la sceneggiatura è quasi piatta, vengono messe sul piatto molte informazioni ma niente di realmente concreto, è tutto un “fugasi” per citare Il Lupo di Wall Street, mentre dal quinto episodio in poi l’azione entra di prepotenza nella scena e da quel momento la sceneggiatura subisce una scossa, fino al climax della decima puntata, in assoluto la migliore della serie.
Per altro negli attimi finali della serie viene riportato uno dei concetti cardine che hanno sorretto House of Cards, a cui Brera si è fortemente ispirato per la creazione del clima di Diavoli, ossia
Ad un certo punto non è più una questione di denaro, ma di come gestisci il potere.
Scorci di un’Italia in crisi
In alcune puntate Massimo è costretto a rientrare nel proprio paesino natale, un villaggio di pescatori della costiera amalfitana. Le puntate sono quasi interamente in italiano, anzi dialetto e gli attori italiani scelti per i ruoli dei compaesani di Massimo sono di una bravura incredibile. In particolare Teodoro Grimaldi che veste i panni di uno dei ragazzi del paese con alcuni conti in sospeso con Ruggero crea in pochissimo tempo un personaggio credibile e profondo, caratterizzato molto bene che rimane fortemente impresso allo spettatore. Cosa che invece gli attori che prestano il volto ai collaboratori di Massimo Ruggero alla NYL non sono propriamente in grado di fare pur comparendo in ogni puntata, non c’è empatia fra loro e lo spettatore.
Ma il bello della serie è anche questo, non sapere mai da che parte schierarsi, chi sono i buoni e chi i cattivi e soprattutto di chi fidarsi. Alquanto anonima invece la performance di Laia Costa, che pur rivestendo un ruolo cruciale non riesce ad accattivarsi l’attenzione di chi segue le intricate trame dietro allo scintillante mondo della finanza.
Per concludere, da non sottovalutare anche l’involontaria partecipazione di Mario Draghi, che nel 2011 con la famosa frase “Whatever it takes” pronunciata da Presidente della BCE impedì il crollo dell’Euro. Un momento storico indimenticabile che ha un ruolo fondamentale al fine della narrazione di Diavoli. Ancora non sappiamo se la serie sarà rinnovata per una seconda stagione, ma se la qualità sarà come per la prima appena conclusasi o migliore non possiamo fare altro che augurarcelo.
Non dimenticate di continuare a seguirci e dirci cosa ne pensate della nostra recensione di Diavoli!
Punti a favore
- Alessandro Borghi
- Sceneggiatura ottima dal quinto episodio in poi
- Finale di alto livello
- Ottimo compromesso fra azione e finanza
Punti a sfavore
- Regia caotica
- Editing da rivedere
- Troppe scene casuali non spiegate
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