Eccovi la recensione di The Eddy, serie prodotta e in parte diretta da Chazelle, che lega la musica alla vita nella periferia parigina
TITOLO ORIGINALE: The Eddy. GENERE: Drammatico, musicale. NAZIONE: Stati Uniti d’America, Germania, Regno Unito. REGIA: Damien Chazelle, Houda Benyamina, Laïla Marrakchi, Alan Poul. CAST: André Holland, Amandla Stenberg, Tahar Rahim, Leïla Bekhti, Joanna Kulig. DURATA: 60 min (8 episodi). DISTRIBUTORE: Netflix. USCITA: 8 maggio 2020.
Damien Chazelle, con Whiplash e La La Land, era riuscito a centrare il bersaglio, facendoci vivere sogni e delusioni della vita di un artista con toni diversi che caratterizzavano i due film. Questa volta, però, tutto parte da un locale parigino. Un club lontano dal centro della città, tra la miseria della periferia e il ritmo indiavolato del locale, in una storia che intreccia la musica con un racconto caratterizzato da toni ben più cupi. Dopo aver visto gli 8 episodi di questa prima stagione, eccovi la recensione di The Eddy.
A ritmo di musica | Recensione The Eddy
Il The Eddy, club teatro di esibizioni Jazz, è lontano dai riflettori del centro città, ma non per questo il talento del gruppo che vi suona è meno brillante. Un locale che forse rappresenta in parte il jazz stesso, lontano dai riflettori ma non per questo meno splendente, anzi. La vita stessa è spesso assimilabile ad un brano di difficile esecuzione nel quale siamo spesso chiamati ad improvvisare, diventando autori del nostro destino. Damien Chazelle, che ha diretto due episodi della serie, e si è occupato della produzione, ha già legato musica Jazz e cinema con grande successo. In questo caso, partendo proprio dal The Eddy, la storia segue le vicende dei proprietari Elliot Udo (interpretato da André Holland), e Farid (Tahar Rahim).
I due sono legati anche al gruppo che suona nel locale, che con la sua musica scandisce il ritmo del racconto. Udo stesso, era un importante musicista, che però, in seguito ad un problema familiare, ha visto la sua carriera fermarsi, limitandosi in seguito a scrivere i pezzi per il gruppo. La sua vita è segnata anche dal divorzio dalla moglie, con la figlia Julie (Amandla Stenberg), che dopo essere stata mandata via dalla madre arriva a Parigi per vivere con Udo. La trama segue quindi sia i problemi legati al gruppo e alla gestione del club, che le singole storie dei protagonisti, pur con qualche problema.
Not quite my tempo! | Recensione The Eddy
La band che suona al The Eddy vive un momento particolare, con il gruppo che tenta di lanciarsi per provare a realizzare un album. Il club, nonostante il talento dei musicisti, stenta a decollare accumulando diversi debiti che Farid tenta di sanare legandosi con la malavita delle periferie parigine. La storia ci offre quindi da una parte le sequenze musicali di altissimo livello, e dall’altra una vicenda dalle tinte oscure che caratterizza una parte del racconto. Purtroppo, se il viaggio nel mondo Jazz è ben riuscito e coinvolgente, con i primi tre episodi che si rivelano di grande livello, lo stesso non si può dire per la parte thriller della trama, mal gestita e con risvolti banali.
Infatti, finché il ritmo è scandito dalla musica, tutto sembra funzionare, ma quando viene approfondito il rapporto tra Elliot e Julie, o quando la stessa Julie è protagonista, la storia perde mordente, mettendo in scena dei personaggi che in molte occasioni fanno scelte poco sensate che portano una parte della storia su binari sbagliati. Un ritmo che vive di alti e bassi, tra una colonna sonora pazzesca e una storia di fondo troppo banale.
Anche i componenti del gruppo vengono approfonditi, ma spesso si cade o nello stereotipo del musicista disperato con Jude (Damian Nueva), o nella cantante di talento combattuta tra la possibilità di fare successo con musica di basso livello e la voglia di sfondare col gruppo, con lo spazio dedicato alla figura di Maja (Joanna Kulig), che avrà un minutaggio importante anche per il legame che si formerà con Julie ed Elliot.
La fredda bellezza | Recensione The Eddy
Creata da Jack Thorne (His Dark Materials), che si è occupato anche della sceneggiatura di alcuni episodi, la serie vive tra l’esplosività della parte musicale e la freddezza di una storia di fondo poco interessante, che raramente riesce a colpire o creare tensione. Nonostante questo, ci sono scene molto forti sia dal punto di vista emotivo che estetico. Infatti sia la fotografia che la regia sono sicuramente sopra la media, con una colonna sonora incontestabile che domina la messa in scena (oscurando in parte la trama stessa). La musica, scritta da Glen Ballard e Randy Kerber, è sicuramente la parte più riuscita dell’intera produzione, e non per caso è anche protagonista nelle scene di maggior importanza. Siamo lontani dai toni di La La Land, con un punto di vista che passa da primi piani sui protagonisti a inseguimenti ai personaggi che si muovono sulla scena, con riprese che passano dai toni più caldi delle riprese delle esibizioni nel club, al più cupo ambiente della periferia.
Anche il cast è sempre all’altezza, nonostante dialoghi poco brillanti e personaggi non proprio riuscitissimi. Anche sul finale, dove dovrebbe esserci un punto di svolta per chiudere la storia, la conclusione è poco ispirata e più che una chiusura è un omaggio alla natura stessa del jazz.
Considerazioni finali
The Eddy da una parte riesce a convincere con una colonna sonora pazzesca e delle interpretazioni convincenti, ma dall’altra delude con una storia che forse risente della necessità di essere spalmata in otto episodi. Dopo i primi tre capitoli, che ho trovato più che convincenti, l’anima jazz della serie sembra perdere l’ispirazione e il ritmo. Questo anche per una vicenda che andando avanti perde mordente e attrattiva, senza proporre niente di nuovo e con un finale che si perde nella musica. Dimenticatevi quindi l’amalgama perfetta dei lavori di Chazelle, per una serie che rapisce il cuore dello spettatore con la musica per poi buttarlo fuori con un racconto mal riuscito che si dimostra poco coinvolgente, schiacciato dalla qualità della componente sonora e tecnica.
Punti a favore
- Colonna sonora formidabile
- Ottime interpretazioni
- Comparto tecnico sopra la media
Punti a sfavore
- Storia poco avvincente
- Finale deludente
- Rapporto tra musica e narrazione poco equilibrato
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