In Amazzonia la foresta è soggetta a molti stimoli che ne modificano la biodiversità, un nuovo studio lancia importanti segnali sull’influenza dell’uomo riguardo la dispersione dei semi
Le foreste tropicali sono di fondamentale importanza per la biodiversità globale, per la regolazione del clima, ma anche come mezzo di sostentamento per le attività umane. Eppure, sono un ecosistema messo sempre più sotto pressione proprio dall’uomo. Un nuovo studio analizza l’influenza che le attività umane hanno sulla dispersione dei semi.
Amazzonia: una foresta preziosa
Estese per più 1 miliardo di ettari, le foreste pluviali contribuiscono in maniera fondamentale al benessere del nostro Pianeta: producono circa il 20% di tutto l’ossigeno e catturano una grande quantità di anidride carbonica contribuendo a regolare il clima. Sono inoltre fondamentali per il ciclo dell’acqua in quanto le piante permettono che più del 50% delle piogge torni in atmosfera. Le foreste pluviali forniscono inoltre molte risorse naturali: da loro arrivano molti tipi di legno, ma anche cibo e spezie. Le foreste pluviali forniscono inoltre materiali per l’industria farmaceutica, con molte piante da cui si estraggono principi attivi. Infine c’è l’industria mineraria, con metalli preziosi e rari che da questi habitat vengono estratti. L’Amazzonia conserva la più vasta foresta pluviale del mondo. La foresta amazzonica si estende infatti per più di 6,7 milioni di km² occupando nove Stati sudamericani. Solo il Brasile contiene una foresta grande praticamente come l’Europa occidentale.
Semi e biodiversità: legame non secondario
La biodiversità è un fattore chiave per la salute della foresta amazzonica. La foresta amazzonica è molto importante per la straordinaria varietà di specie che ospita. L’Amazzonia rappresenta un autentico gioiello della natura, dove vive il dieci per cento di tutte le specie animali conosciute e una quantità di piante inestimabile. L’interazione fra le varie specie, animali e vegetali, è un elemento chiave per mantenere tutto in armonia ed equilibrio. I semi rappresentano un fattore fondamentale per questa armonia: sono il modo che le piante hanno di riprodursi, l’impollinazione permette a molti insetti di prosperare e molti animali fanno dei frutti e dei semi la loro base alimentare. Le foreste tropicali danneggiate possono, ad esempio, essere colonizzate prima da specie esterne con semi dispersi in maniera abiotica (ad esempio col vento) oppure la caccia può ridurre la capacità delle piante con semi grandi di riprodursi. A oggi, circa l’80% circa dell’Amazzonia risulta in qualche misura modificata dall’uomo. Sono foreste secondarie, cioè foreste ricresciute dopo una distruzione completa, oppure sono foreste primarie che però sono state danneggiate a vari livelli. Capire come i semi influiscano su queste dinamiche è quindi fondamentale.
Dispersione dei semi: un fattore di dimensioni
Gli autori dello studio hanno analizzato ben 230 lotti di campioni provenienti dalla foresta amazzonica per un totale di 26500 alberi e 846 specie. I ricercatori si sono concentrati su dimensione, forma e dispersione dei semi provenienti dai vari tipi di foresta andando persino ad analizzare le zona dell’Amazzonia colpite da incendi. Dai risultati delle analisi, gli autori hanno visto che le attività umane sembrano favorire le specie con semi piccoli.
Inoltre, al contrario di altri studi, questa ricerca mostra come l’attività antropica riduce la biodiversità degli alberi, ma aumenta la proporzione di quelli i cui semi sono dispersi da animali di piccole dimensioni, come uccelli e pipistrelli. Questo risultato è per certi versi inaspettato. Infatti studi precedenti sulle foreste tropicali avevano appunto dimostrato che invece le attività umane portavano ad un aumento dei vegetali diffusi per via abiotica. Rimane da spiegare se questo risultato sia estendibile ad altre foreste tropicali oppure sia tipico dell’Amazzonia. La ridotta dimensione dei semi, anche se non ne sono chiare tutte le ragioni, lancia però un segnale preoccupante. Poiché le specie con i semi più grandi spesso hanno anche una maggior densità, questi cambiamenti potrebbero rappresentare un problema a lungo termine per la cattura dell’anidride carbonica e per la sensibilità alla siccità. Continuate a seguirci nella nostra sezione scienze per tante altre news ed approfondimenti!
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