Detroit: Become Human è una delle esclusive più promettenti per PlayStation 4. Il nuovo titolo dei Quanti Dream è in arrivo il mese prossimo, ma intanto abbiamo provato per voi la demo di gioco: ecco le nostre impressioni
Nella Detroit immaginata dai Quantic Dream siamo già nel futuro. Gli esseri umani sono riusciti, grazie ad una tecnologia sempre più avanzata, a creare gli androidi. Esseri senzienti quasi del tutto identici all’uomo, ma con circuiti al posto del cervello ed uno strano liquido blu invece del sangue. Se avete seguito la serie Dragon Ball, C17 e C18 rendono bene l’idea: è impossibile dire che siano organismi artificiali, se il loro status non è già noto allo spettatore. Ebbene, molto semplicemente Detroit: Become Human parla proprio di questo. Di esseri umani ed androidi.
Il futuro, comunque, non è mai un posto realmente tranquillo, attraverso qualsiasi medium proviamo ad immaginarcelo. Fumetti, cinema, libri, ci hanno tutti insegnato che di solito la tecnologia porta più problemi che soluzioni se utilizzata al di fuori di ogni tipo di controllo. È successo anche a Detroit. Mentre gli uomini continuano a considerare gli androidi delle semplici macchine create, pensate e pagate per realizzare i loro desideri, alcuni di essi hanno iniziato a provare… sentimenti. E una serie di situazioni li porterà alla fuga.
Il prodotto finale di Quantic Dream, che analizzeremo più avanti e per il quale nutriamo grandi aspettative, presenterà una narrazione corale. La vicenda verterà sulle azioni di Kara, Connor e Marcus, alcuni degli androidi in fuga nella Detroit futuristica. Intanto, comunque, la demo pubblicata sul Playstation Store un paio di giorni fa ci permette di prendere confidenza con il gameplay proposto dal team di sviluppo, specchio fedele di ciò che troveremo nel gioco completo.
Io sono Connor – Detroit: Become Human | Anteprima
Una demo è pur sempre una demo, quindi non è possibile aspettarsi che una manciata di contenuti, appena un assaggio di ciò che ci ritroveremo tra le mani il prossimo 25 Maggio. È anche vero, d’altro canto, che Sony ci ha regalato su PlayStation Store qualcosa che sembra giusto una delle prime build giocabili del titolo messe a disposizione per la stampa internazionale, appena rifinita nel comparto tecnico. Completare la demo richiede davvero un quarto d’ora, una mezzoretta volendo esplorare ogni anfratto della manciata di stanze a disposizione nello scenario.
È comunque un’occasione ghiotta per conoscere Connor, uno degli androidi protagonisti del titolo. In un ricco attico di Detroit la situazione è precipitata rapidamente: l’androide di famiglia (una sorta di domestico meccanico, insomma) ha dato di matto. Prima ha ucciso il capofamiglia, e poi ha preso in ostaggio sua figlia, appena una bambina. La polizia è già sul posto, ma finora non è riuscita a fare molto, a parte uccidere i propri uomini. Per questo motivo, dopo un’ora di trattative, sul posto viene chiamato Connor a fare da mediatore. E il destino della famiglia finisce nelle nostre mani.
Non viene spiegato perché a patteggiare venga mandato proprio Connor. Possiamo avanzare qualche ipotesi: fa sicuramente parte del corpo speciale della polizia di Detroit, tanto per cominciare. Lo si nota dal suo modo di comportarsi, dall’abbigliamento, ma anche dal modo di pensare. Sì, “modo di pensare”: d’accordo, Connor è una macchina, ma ribadiamo che è impossibile distinguere i protagonisti dagli esseri umani. Parte dell’empatia che si vuole stabilire con il giocatore risiede proprio in questo. La demo è un momento prezioso per entrare nell’ottica delle Detroit del futuro: quando la madre della bambina, visibilmente scossa (e a buon motivo) scopre che come mediatore è stato mandato Connor, esclama delle parole ben precise. “Perché proprio un androide? Perché non un essere umano?”. La dice lunga sulla stima dei cittadini verso le loro stesse creazioni. Beh, comunque è anche vero che un’ora prima proprio l’androide di casa ha preso in ostaggio la figlia.
Questione di scelte – Detroit: Become Human | Anteprima
A metà tra l’episodio televisivo di un ottimo thriller e l’avventura in terza persona, la demo di Detroit: Become Human si divide in due momenti ben precisi e collegati tra loro. I primi minuti vengono spesi per farsi un’idea su che cosa diamine stia succedendo in quell’attico residenziale: si indaga nelle varie stanze, si osservano gli oggetti e gli elementi che destano interesse, si cerca di ricostruire la scena del crimine. Tutto si svolge semplicemente utilizzando i due analogici del Dualshock 4, una meccanica in parte originale ed estremamente efficiente. Con la levetta sinistra ci si sposta, con la destra (inclinata nelle varie direzioni) si interagisce.
Il più delle volte si prende semplicemente in mano un oggetto o si esegue una piccola interazione ambientale, ma in altri frangenti siamo chiamati a risolvere delle ricostruzioni degli eventi mediante piccoli minigiochi. L’interattività è ridotta all’osso per il momento, ma lo ripetiamo: la demo è molto breve. E comunque bisogna considerarla nell’economia del vero compito di Connor: risolvere il caso.
Ad ogni azione compiuta all’interno della casa, si riempie una percentuale a schermo, che indica la nostra possibilità complessiva di successo. Ci siamo premuniti di avere un bel 90% prima di passare alla “fase 2”: scambiare quattro chiacchiere con il rapitore, nonché assassino del padre della bambina. E qui risiede il cuore della produzione, nonché il nocciolo della questione: il confronto con l’avversario ci chiede di effettuare alcune scelte, che possono portare ad uno dei tanti finali previsti. Accetteremo di essere comprensivi o ostili? Asseconderemo le richieste del rapitore, o piuttosto detteremo le nostre condizioni fin dall’inizio? Ma soprattutto, che cosa accadrà all’androide impazzito, alla bambina, e a Connor? La risposta è: dipende. Dipende se avremo raccolto o meno un oggetto quando abbiamo avuto la possibilità di farlo. Dipende se ci muoveremo troppo mentre stiamo contrattando con l’avversario, o se invece resteremo fermi. Dipenderà, infine e soprattutto, dalle nostre risposte.
Una volta completata la demo, è possibile visualizzare le nostre scelte lungo una sorta di linea cronologica, e volendo anche quelle dei nostri amici sul PlayStation Network. Infine, se non ci piace come è andata a finire la questione, o siamo curiosi su cos’altro sarebbe potuto accadere… nessuno ci vieta di ricominciare a giocare. Magari aumentando il livello di difficoltà per farci gratuitamente del male. Una cosa è certa: le possibilità sono tantissime. E se la versione finale di Detroit: Become Human sarà altrettanto ricca, ne vedremo delle belle.
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