Dopo essersi fatto attendere un bel po’, Kena: Bridge of Spirits è finalmente disponibile sul mercato, e noi vi raccontiamo le nostre impressioni in questa recensione
Quando ero ancora uno studentello delle superiori, nel mondo del gaming aveva iniziato ad essere abusata l’espressione di film interattivo: Bioforge, Phantasmagoria, The Seventh Guest, erano solo alcuni dei nomi che, sfogliando le riviste dell’epoca, si vedevano affiancata questa definizione, per quanto (una volta impugnato il mouse o il pad) abbastanza errata. Per me che ero abituato, in tal senso, ai laser game degli anni ’80 firmati Don Bluth (leggi Space Ace e Dragon’s Lair), si trattava comunque di un netto passo avanti, sia per quanto riguarda la pura narrativa che la giocabilità generale, ma si era ancora davvero lontani dal vivere realmente un’esperienza in odor di cinema.
Con il progredire della tecnologia, ed il passare degli anni, il confine tra i due medium ha finito, però, per assottigliarsi sempre di più, finendo il più delle volte per dare vita ad esaltanti contaminazioni. Episodi di cui Kena: Bridge of Spirits (oggetto di recensione) rappresenta un vero unicum per quanto riguarda la fusione tra animazione e videogioco.
Ghost Whisperer
La morte è un qualcosa di ineluttabile, anche nel magico mondo del gaming, ed è proprio attorno a questo immutabile dogma che ruota la storia narrata in Kena: Bridge of Spirits e la nostra recensione. La giovane che da il titolo alla produzione Ember Lab, difatti, è un guardiano degli spiriti, ed ha il compito di accompagnare il definitivo trapasso delle anime dei defunti. Un incarico ereditato dal padre, al pari del bastone che si trova ad impugnare, e che rivestirà per forza di cose un ruolo preponderante all’interno della narrazione del titolo.
Sono sufficienti pochi attimi di gioco, difatti, per imbattersi nelle tenere figure di Beni e Saiya, le anime di due giovani abitanti di uno sperduto e desolato villaggio, che la nostra Kena si troverà ad attraversare. Decisa ad adempiere ancora una volta al proprio destino, la giovane si imbarcherà nella ricerca dell’anima di Taro, il fratello maggiore dei due ragazzini, scomparso oramai da tempo in seguito ad una misteriosa esplosione originata dal Santuario delle Montagna. Un nobile gesto che darà il via ad un’avventura decisamente più grande del previsto, e che porterà la ragazza a scendere a patti con il proprio passato, oltre che a confrontarsi con un nemico assai più potente del previsto.
Delicata e mai invasiva, quasi come se avesse timore di rubare la scena alla bellezza di quanto scorre sullo schermo, la sceneggiatura partorita dai ragazzi di Ember Lab strizza più di un occhio alle tematiche care a Miyazaki, tratteggiando un mondo in cui spiriti e natura sono presenze tangibili e forti. Il macrocosmo di Kena, selvaggio e a tratti rurale, si dipana sotto gli occhi del giocatore come un affascinante affresco imbevuto di spiritismo, al cui interno si agitano i sentimenti dei suoi defunti abitanti: odio, rancore, desideri e promesse si mescolano attimo dopo attimo, dando vita ad una serie di personaggi ben più sfaccettati di quanto si potrebbe inizialmente immaginare.
Un modo di raccontare e raccontarsi che scorre lento, quasi di soppiatto, lasciando comunque la porzione più ampia del palco alla pura giocosità della vicenda. Forse non stupirà per complessità ed originalità dei temi, ma la scrittura che ci accompagnerà in questo viaggio verso la redenzione delle anime perdute, si fonde in maniera delicata ed omogenea con le vicende, conferendo al tutto un equilibrio invidiabile.
Lottare con stile – Recensione Kena: Bridge of Spirits
Se l’originalità del titolo non si può certo ritrovare all’interno della sua scrittura, parimenti quel guizzo creativo capace di lasciare sbalorditi non riesce a confluire nel mero gameplay della produzione. Prima di osservare tra il preoccupato ed il perplesso il voto che trovate in calce a questa recensione di Kena: Bridge of Spirits, però, lasciateci un attimo spiegare quanto appena scritto. Il titolo Ember Lab è decisamente derivativo, visto il modo in cui, ludicamente parlando, poggia su alcuni degli elementi più solidi e rodati delle creature action/adventure.
A fare la differenza, però, è il modo in cui tutto è stato amalgamato e messo a portata di pad, e che evidenzia una cura produttiva sicuramente degna di nota, a dispetto di quella che è l’esperienza del team all’interno del mondo dei videogiochi. La nostra eroina potrà correre, saltare ed arrampicarsi, come nel più classico dei platform 3D, ma sarà anche in grado di menare le mani al bisogno.
Ed è proprio nel combat system che ritroviamo alcuni degli elementi meglio confezionati del gioco, che pur mettendo sul piatto elementi ancora una volta familiari ai player, riesce a confezionare un flow esaltante e divertente. Se chiamata alla lotta, Kena potrà contare sulla classica coppia di attacchi leggero/pesante (legati ai dorsali destri del controller), oltre che di una schivata e di uno scudo energetico in grado di bloccare i colpi nemici. Da un certo punto in poi, inoltre, entreremo in possesso di un arco magico e di alcune bombe, e sarà proprio l’alternanza di questi strumenti di offesa a consentirci di venire, di volta in volta, a capo delle varie minacce, Oltre che di risolvere i vari puzzle ambientali presenti nel mondo di gioco.
La giovane, comunque, non sarà sola nel suo viaggio, ma potrà contare anche sull’aiuto dei Rot, piccoli spiriti che si nascondono nella vasta mappa, e che avranno anche essi un ruolo fondamentale in quanto a combattimenti e risoluzione degli enigmi. Le creaturine, difatti, potranno essere impiegate per spostare o sollevare oggetti, ma anche per bloccare i nemici, oppure caricare di energia le armi, così da dare vita a vari effetti. Non potremo, comunque, abusare del loro aiuto, dato che per entrare in campo sarà necessario infondere loro sufficiente coraggio, il che si tradurrà nel colpire i nemici (o pararne i fendenti) così da riempire un apposito indicatore.
Quello che ne viene fuori, alla prova dei fatti, è un combat system frenetico e reattivo, tanto divertente da giocare quanto spettacolare da vedere, e che ha la sua massima sublimazione negli scontri con boss e mini boss, di cui il gioco è ricco. Mai banali e prevedibili, questi momenti sono in grado di abbracciare a 360° tutte le potenzialità al momento in possesso di Kena, in modo tale da rendere giustizia ad ognuna delle meccaniche messeci a disposizione da Ember Lab. Certo, potremmo obiettare che lo skill tree dedicato al potenziamento dei vari strumenti sia troppo elementare, ma quello che potrebbe essere visto come un piccolo difetto (ed in parte lo è), ha comunque il pregio di rendere sempre bilanciata l’esperienza, senza che la nostra eroina finisca per trasformarsi mai in una implacabile macchina da guerra.
Divertente anche l’esplorazione del mondo di gioco, che pur non essendo aperto, e confezionando un’esperienza quanto mai guidata e lineare, sa regalare anche degli stuzzicanti momenti slegati dalla progressione principale: le sub quest non sono presenti in maniera soverchiante, ma sia che si parli di sfide di tiro con l’arco, il recupero della corrispondenza del villaggio, oppure il reperimento dei Rot e dei loro buffi cappelli, anche in assenza di una struttura open world l’abbandonarsi all’esplorazione degli ambienti non sarà mai tediosa, o fine a se stessa. Al di là della cura realizzativa, in tal senso, spiace però constatare una certa piattezza nella varietà degli ambienti proposti, che al netto di qualche variazione sul tema, si limiterà a proporre una cornice silvestre/montana.
Come in un film – Recensione Kena. Bridge of Spirits
Sin dal primo trailer, Kena: Bridge of the Spirits aveva colpito la platea di addetti ai lavori e giocatori proprio in virtù del suo bellissimo impatto scenico. E dopo aver passato una quindicina di ore in sua compagnia, non possiamo che confermare ancora una volta la bontà del lavoro firmato Ember Lab. A stupire in modo marcato, vista l’esperienza maturata nel campo dell’animazione, è proprio il modo in cui lo studio statunitense è riuscito a dare vita a questo affascinante mondo ed ai suoi personaggi.
Sia che si parli di Kena che degli altri comprimari, tutto è mosso in maniera estremamente fluida e credibile, oltre che accompagnato da un world building minuzioso e ricco di dettagli in grado di fare la differenza. Non sono rare, infatti, le situazioni in cui ci sembrerà davvero di essere catapultati all’interno di una produzione animata vera e propria, come testimoniano anche le eccellenti (per quanto mai invasive) sequenze cinematiche che impreziosiscono il progredire dell’esperienza, capaci di sbattere spudoratamente in faccia al giocatore la perizia maturata dal team in tal senso.
E nonostante si parli di uno studio che può contare su circa una quindicina di elementi, la ricchezza di quanto si muove sullo schermo ha dell’incredibile, pur non mancando alcuni piccoli scivoloni, non certo in grado di minare l’esperienza, ma che balzano all’occhio proprio in virtù di questa magniloquenza generale. Queste magagne si traducono in piccole incertezze della camera, oppure in qualche raro tentennamento del framerate quando si controllano i serpenti acquatici dei Rot, oltre che in piccoli scatti evidenziati dalla corsa di Kena. Sul fronte prestazionale, il gioco presenta due distinte impostazioni, una che punta ai 60 frame (decisamente stabili) sacrificando la risoluzione, ed un’altra che blocca tutto a 30 fotogrammi per garantire una resa in 4K. Personalmente, vista anche bontà delle animazioni, ritengo che la prima opzione sia da preferire senza riserve.
Funzionale, su PS5, il supporto al DualSense, che sfrutta il feedback aptico per indicare la presenza di un Rot nei paraggi, oltre a trasmettere la tensione della corda dell’arco della ragazza. Niente di epocale, ma comunque ben implementato e piacevole. Buono, senza lodi particolari, il voice over inglese, anche se è davvero da rivedere la localizzazione italiana, infarcita di errori anche grossolani, parole mancanti, oppure sottotitoli lasciati in lingua originale (una vera perla, in negativo, la frase che chiude i credits!). Di tutta altra caratura, invece, la soundtrack, epica al momento giusto, ma delicata e discreta nei momenti in cui è sufficiente lasciarsi cullare dal mondo di gioco.
Passato presente
Si è fatto attendere , ma alla fine dei giochi non possiamo fare altro che perdonare il ritardo accumulato da Kena: Bridge of Spirits. Il titolo Ember Lab, difatti, pur non rappresentando una rivoluzione in senso stretto del genere, si presenta all’appuntamento in forma smagliante, grazie ad una proposta solida e divertente, oltre che bellissima da vivere e vedere. Non reinventa certo la ruota, ma l’avventura della nostra traghettatrice di spiriti è in grado di appassionare tutti coloro che vorranno lasciarsi irretire dal suo fascino suadente.
Un titolo onesto, nella sua semplicità , ma capace di tratteggiare un universo che non vediamo l’ora di tornare ad esplorare e vivere, visto il potenziale non espresso che sembra celarsi sotto il suo lato ludico. Se dovessimo definire sinteticamente il lavoro Ember Lab, il modo migliore sarebbe quello di descriverlo come un bellissimo gioco dell’era PS2, ovviamente rivisto e corretto per sposarsi a dovere con la tecnologia attuale. E scusate se è poco come complimento.
Con questo si conclude la recensione di Kena: Bridge of Spirits, che vi ricordiamo essere disponibile per PS4, PS5 e PC. Prima di salutarvi, rinnovarvi l’invito a rimanere in compagnia di tuttoteK, vi ricordiamo che su Instant Gaming potrete trovare tantissime giochi a prezzo scontato.
Punti a favore
- Tecnicamente splendido
- Combat system sfaccettato e appagante
Punti a sfavore
- Poche innovazioni al genere
- Traduzione italiana rivedibile
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