The Dark Picture Anthology: House of Ashes è il terzo capitolo dell’antologia horror di Supermassive Games, scopriamo in questa recensione quanto la serie si è evoluta rispetto al passato
Supermassive Games torna anche quest’anno con un nuovo capitolo dell’antologia horror chiamata The Dark Pictures Anthology. Siamo già di fronte al terzo titolo della saga pubblicata da Bandai Namco, questa volta intitolato House of Ashes, di cui vi parleremo in questa recensione. The Dark Pictures Anthology: House of Ashes esce giusto in tempo per festeggiare Halloween su PS4 e PS5, Xbox One e Xbox Series S/X e PC. Chi ha già giocato I due titoli precedenti, ossia Man of Medan e Little Hope, si troverà di fronte a una struttura di gioco simile con qualche piccolo cambiamento e una nuova storia horror da vivere da soli o con gli amici. Andiamo dunque a scoprire in questa recensione di House of Ashes, gli orrori di questo terzo capitolo dell’antologia horror.
Risvegliare la belva
L’esperienza narrativa è il punto fondamentale di questo tipo di titoli, e anche in House of Ashes ci ritroveremo invischiati in una storia in cui controlleremo cinque protagonisti proprio come nei due titoli precedenti dell’antologia. Anche in questo caso ci sarà una storia parallela ambientata nel passato che farà da prologo. In questa prima sezione controlleremo un personaggio dell’antica Mesopotamia nell’epoca del regno di Naram-Sin. Il popolo sente di essere stato maledetto dagli dei con guerre e carestia, e il re per placare la loro ira decide di costruire un tempio maestoso, ma, come prevedibile, l’esito non andrà a buon fine.
Si torna dunque nel presente, o meglio nel 2003 durante la guerra in Iraq. Qui assisteremo a un conflitto tra le forze americane e quelle irachene riguardante una presunta presenza di armi chimiche nascoste sottoterra. Le armi non ci saranno, ma in compenso i soldati di entrambe le fazioni verranno risucchiati nelle viscere della terra in una imponente caverna dove si trovano le rovine di un antico tempio. Anche in quest’occasione ci ritroveremo a controllare cinque protagonisti: Rachel King, agente della CIA interpretata dall’attrice Ashley Tisdale, inviata per verificare che ci siano armi chimiche in Iraq; suo marito Eric, ingegnere dell’esercito; Nick, soldato amico della coppia; Jason, un capitano di una squadra di soldati e Salim, capitano della squadra che attaccherà i soldati americani. Il gruppo sarà costretto a collaborare quando una minaccia composta da creature mostruose inizierà a massacrare gli uomini di entrambe le fazioni.
Come nei precedenti titoli della serie, anche in questo caso ci saranno finali multipli basati sulle scelte compiute dal giocatore. I cinque protagonisti potranno sopravvivere o morire tutti nel corso della trama. La longevità si attesta sulle 5 o 6 ore, ma sarete invogliati a rigiocare l’intera storia per vedere un nuovo finale, magari stavolta accompagnati da uno o più amici, grazie al ritorno della modalità multiplayer. Anche in questo caso infatti il titolo consentirà di giocare in locale, associando a ogni giocatore uno dei cinque protagonisti, oppure online. Interessante vedere che in questo caso potremo giocare parti che nella campagna in single player non ci saranno, proprio perché in quel momento si stava controllando un altro personaggio.
La storia di House of Ashes è interessante e riesce a catturare il giocatore fino a un’intrigante rivelazione finale. La trama sembra maggiormente d’impatto rispetto i titoli precedenti e accenna anche temi più profondi, come l’inutilità della guerra e l’uguaglianza tra uomini di diverse nazioni messa ancor più in evidenza da una situazione così unica. Questi temi però sono soltanto accennati, e per il resto il gioco preferisce seguire i binari di un horror classico. Anche questo titolo, come i precedenti, si ispira a un determinato tipo di horror, e in questo caso è chiaro che la fonte sono tutti quei film in cui gli umani sono braccati da un mostro temibile proprio come succedeva nella saga di Alien. Molte saranno infatti le citazioni legate a questo tipo di film, e sicuramente gli appassionati di cinema si divertiranno a coglierle tutte.
Un gameplay basato sulla narrazione – Recensione House of Ashes
Come già specificato prima in questa recensione, House of Ashes è principalmente un’esperienza narrativa. Il titolo vuole farvi vivere una storia sacrificando un po’ la parte del gameplay. Principalmente nel gioco potremo esplorare le varie ambientazioni e affrontare i QTE proprio come in Man of Medan e Little Hope. Purtroppo alcuni QTE sono ancora troppo improvvisi e decisivi, dato che a volte basterà premere un tasto sbagliato per vedere morire uno dei nostri personaggi. In House of Ashes sono stati però introdotti ben tre livelli di difficoltà che andranno a influenzare solamente la velocità con cui bisognerà premere i tasti nei QTE, così da venire incontro anche chi non ha i riflessi particolarmente pronti.
L’esplorazione è ora migliorata grazie alla possibilità di muovere la telecamera a 360 gradi, eliminando le schermate fisse dei precedenti due titoli. A volte la telecamera dà un po’ di problemi specialmente negli spazi più ristretti, ma in generale è un’ottima aggiunta. La parte esplorativa rimane però sempre piuttosto lineare, con solo qualche bivio che servirà perlopiù a trovare qualche collezionabile. In definitiva il gameplay di House of Ashes funziona se siete appassionati di titoli narrativi, ma dopo il terzo titolo legato a questa formula, forse sarebbe il caso di svecchiare un po’ il sistema pur mantenendo le radici che hanno dato vita a quest’antologia dell’orrore.
Come al cinema – Recensione House of Ashes
Per questa recensione di House of Ashes abbiamo giocato su una PS5, dove è possibile selezionare tra due modalità grafiche: Qualità , che garantisce una maggior qualità dell’illuminazione e della risoluzione nativa (in 4K) a discapito del frame rate, e Prestazioni, che invece abbassa la qualità grafica per un frame rate più fluido. Non essendo un titolo dove l’azione la fa da padrone entrambe le modalità sono più che valide, a seconda delle preferenze del giocatore. La modalità Qualità impressiona per la presenza di un ray tracing piuttosto ben riuscito nella resa delle luci e delle ombre, rendendo l’esperienza molto più cinematografica.
Comunque sia è evidente la natura cross gen del titolo, dato che non tutto è perfetto. Ci sono ancora delle animazioni piuttosto legnose e alcune texture degli ambienti non sono all’altezza del resto del gioco. Anche le espressioni dei personaggi non sono sempre convincenti. Il DualSense è supportato, ma senza essere sfruttato a dovere. Il feedback aptico interverrà in alcune scene dando maggior realismo, ma il supporto finirà qui. Il titolo è interamente in italiano anche nel doppiaggio.
Considerazioni finali
Giunti alla fine di questa recensione di The Dark Picture Anthology: House of Ashes è il momento di tirare le somme. Il terzo capitolo della serie è per certi versi quello più riuscito, sia per ambientazione, che come storia. Il gameplay non è troppo differente rispetto al passato, anche se ci sono alcune aggiunte interessanti, come la possibilità di poter gestire liberamente la telecamera. Il titolo è dunque indirizzato a tutti coloro che amano le storie horror e prediligono l’aspetto narrativo di un videogioco rispetto al gameplay duro e puro, e in questo aspetto House of Ashes si comporta bene. Se dunque avete amato Man of Medan e Little Hope, allora vi piacerà anche questo terzo episodio dell’antologia dell’orrore, altrimenti passate oltre.
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Punti a favore
- Buona l'ambientazione e la trama
- Diverse piccole aggiunte che migliorano l'esperienza
- La presenza del multiplayer è sempre gradita
Punti a sfavore
- Dopo tre capitoli il gameplay ha bisogno di qualche cambiamento sostanziale
- Animazioni e modelli dei personaggi non perfetti
- Telecamera libera da migliorare
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