L’acqua radioattiva stoccata a Fukushima dopo il disastro nucleare di qualche anno fa sta diventando un problema ingestibile: i serbatoio si stanno riempiendo e l’unica soluzione percorribili sembrerebbe quella di sversare il pericoloso liquidi nel mare. Ma questo non dovrebbe comportare un disastro ecologico, vediamo perché
Dopo anni dal disastro nucleare, uno dei peggiori della storia secondo sola a Chernobyl probabilmente, la città di Fukushima continua ancora a far parlare di sè. Stipate in enormi serbatoio ci sono tonnellate di acqua radioattiva prodotta dopo l’incidente a Fukushima. Parliamo di milioni di tonnellate: ogni giorno vengono prodotte circa 150 tonnellate di liquido contaminato.
Alcuni operatori testano il livello di radiazioni nell’area vicino ai serbatoi
Senz’acqua Fukushima rischia di esplodere
L’acqua è fondamentale per poter raffreddare i reattori danneggiati ed evitare che esplodano e purtroppo deve essere fornita a ciclo continuo, senza possibilità di riciclarla. L’acqua radioattiva di Fukushima, impregnata di radionuclidi viene filtrata da un sofisticato impianto che si trova nella zone Y, una di quelle ad alto rischio. Il personale che si avventura da quelle parti deve indossare una serie di protezioni – una tuta intera, tre strati di calzini, tre strati di guanti, un doppio cappuccio sormontato da un casco, un gilet con una tasca che porta un dosimetro, una maschera di respirazione integrale e scarpe speciali – che poi vengono spesso bruciati dopo l’uso. Il comunicatore di rischio TEPCO Katsutoshi Oyama spiega:
I filtri dei macchinari contengono radionuclidi, quindi devi essere molto protetto qui, proprio come negli edifici in cui si trovano i reattori.
L’attuale processo di filtraggio dell’acqua radioattiva di Fukushima riesce a rimuovere in modo efficacie circa 60 radionuclidi sino ai livelli certificati dalla International Atomic Energy Agency (IAEA) per permettere il rilascio in mare. Purtroppo non è possibile rimuovere particolari inquinanti, come il trizio – un isotopo radioattivo dell’idrogeno che si lega alle molecole d’acqua stessa.
L’acqua al trizio viene quindi conservata in grossi serbatoi da 1200 tonnellate l’uno. Ce ne sono migliaia nel sito dove sorgeva la centrale e anche oltre: sono state abbattute grandi quantità di ciliegi per far posto ai serbatoi, la situazione è ormai insostenibile. Junichi Matsumoto, un funzionario che con l’unità del gestore dell’impianto TEPCO (Tokyo Electric Power Company) ha l’incarico di smantellare il sito, spiega:
Costruiremo altri serbatoio sul sito fino alla fine del 2020 e pensiamo che tutti i serbatoi saranno pieni entro l’estate del 2022.
Urge quindi una soluzione alternativa per evitare di coprire l’intera regione con serbatoi pieni dell’acqua radioattiva di Fukushima. Anche perché il livello di radiazioni nei pressi delle zone di stoccaggio è realmente pericoloso e la diluizione in mare sembrerebbe l’unica soluzione percorribile con le attuali tecnologie.
L’enorme distesa di serbatoi di acqua radioattiva a Fukushima
Acqua radioattiva di Fukushima: il trizio è davvero un problema ecologico?
Il trizio è un elemento naturalmente presente nell’ambiente in esigue quantità. Proprio per questo in tutto il mondo è permesso scaricare piccole quantità di acqua contaminata nell’ambiente che non vanno ad inificiare il naturale equilibrio tra gli isotopi nel mare. Addirittura su Amazon vengono venduti dei bastoncini luminosi al trizio.
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Ci sono solamente poche prove che il trizio causi danni all’uomo e all’ambiente e solo in concentrazioni elevate. La stessa IAEA è favorevole all’idea di diluire l’acqua radioattiva di Fukushima con quella pulita del mare e poi riversala nell’ambiente senza causare problemi all’ambiente.
Il trizio infatti è uno dei radionuclidi meno pericolosi e rilascia dosi di energia molto contenute. In molti luoghi del mondo è pratica comune riversare nel mare piccole quantità di trizio che non vanno a cambiare l’equilibrio ecologico degli isotopi. La normativa europea impone che il limite di trizio disciolto nell’acqua potabile sia inferiore a 100 Bq/l ovvero meno di 100 decadimenti per litro al secondo. L’acqua radioattiva di Fukushima attualmente viaggia sul milione di Bq/l. Sarebbero necessari circa 1013 litri d’acqua per diluirla in modo da farla rientrare nei limiti e non esiste alcun serbatoio abbastanza grande per poterlo fare. Nell’Oceano Pacifico si stima ci siano 1020 litri d’acqua, una quantità 10 milioni di volte superiore a quella necessaria. Quindi effettivamente rilasciare l’acqua radioattiva di Fukushima nell’oceano è una soluzione efficacie, ma i danni ambientali? Naturalmente vengono generati nei mari di tutto il mondo 0,006 Bq/l di attività dovuta al trizio. Riversando l’acqua radioattiva di Fukushima in 1018 litri si ottiene un’attività minore di quella naturale. Tutto a posto quindi? Non proprio.
L’idrogeno e i suoi isotopi: deuterio e trizio. In natura si trovano normalmente in esigue quantità
Pescatori in rivolta
Non è automatico che l’acqua riversata venga immediatamente diluita in modo da essere portata sotto i livelli critici. Nella regione intorno al sito di riversamento i livelli di inquinamento potrebbero salire molto rapidamente se non vengono seguite rigide tabelle di marcia. Questo preoccupa molto le persone che abitano intorno alla vecchia centrale, soprattutto gli agricoltori e i pescatori che temono gravi ripercussioni – soprattutto economiche più che di salute dato che i loro prodotti acquisirebbero una pessima reputazione. Kyoichi Kamiyama, direttore del dipartimento di ricerca sulla radioattività presso il Centro di Ricerca sulla Scienza Marina e la Pesca del governo regionale, sottolinea che i pescatori locali stanno ancora lottando dopo otto anni per riportare la situazione ai livelli pre-disastro. Il Ministro dell’Industria giapponese sulla questione dell’acqua radioattiva di Fukushima dichiara:
Siamo intenzionati a studiare come ridurre al minimo il danno (dovuto ad una potenziale scarica) alla reputazione della regione e ai prodotti Fukushima.
Insomma più che ecologica, la questione sembra di tipo economico e sociale. Infatti diluendo correttamente l’acqua radioattiva di Fukushima e dilazionando i riversamenti nel tempo e nello spazio in modo appropriato sarà sicuramente possibile evitare qualsiasi ripercussione a livello ambientale. Il problema è che nessuno vorrà più mangiare il pesce pescato in quelle acque o le verdure coltivate in quei campi dopo che cominceranno gli sversamenti. L’industria ittica ha già subito un duro colpo a Fukushima e un nuova crisi potrebbe creare diversi problemi a centinaia di famiglie.
Dall’acqua vengono rimossi i principali inquinati, rimane praticamente solo il trizio che tuttavia non è uno tra i meno dannosi per la salute
Come si concluderà la vicenda? Probabilmente la situazione rimarrà stazionario fino alla fine della Olimpiadi di Tokyo 2020 che attualmente sta catturando l’attenzione dell’intero paese. Successivamente si vedrà, ma le alternative per risolvere il problema dell’acqua radioattiva di Fukushima non sembrano essere molte. Dalla sezione scienze è tutto! Continuate a seguirci per tante news ed approfondimenti!
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