La nostra rubrica questo mese racconta del sensei che da decenni lavora alla sua opera magna, Berserk. Ma Kentaro Miura ha pubblicato anche altri brevi capolavori, universi a volume unico che aspettano di essere espansi
Ci sono mangaka che, nel corso di tutta la loro carriera, sono prolifici, pubblicando decine di opere più o meno lunghe. Altri sono come supernove, lasciandoci solo un grande titolo in uno spazio di tempo ristretto, e poco più. E poi c’è Kentaro Miura.
Il sensei Miura non è certo uno che lascia riposare la propria matita. Se dobbiamo dirla tutta, lui crea manga da quando aveva dieci anni, momento in cui il suo “Miuranger” viene serializzato per il giornalino scolastico (1976). Da quel momento, la sua abilità non fa altro che crescere, e Miura si fa largo facilmente nel mondo dello shonen manga. Tuttavia, le sue serializzazioni sono tutte brevi, come se, aldilà delle circostanze, egli faticasse a trovare quella grande saga che segna l’identità di un autore, scolpendo il suo nome nella storia. Tra queste opere a volume unico ce ne è una chiamata “Berserk Prototype“. Corre l’anno 1988 e lo stesso Miura ammetterà che, ai tempi, non sapeva ancora dove la serie sarebbe andata a parare. Si dedicherà ad altri titoli, come Il Re Lupo, prima di riprendere quell’opera che avrebbe sancito il suo successo.
Da allora, Berserk è ancora in corso, entrando in quella categoria di opere dalla durata pluridecennale, che catturano più generazioni di lettori. Dalla pubblicazione irregolare, Kentaro Miura durante questo tempo l’ha affiancata, talvolta, all’uscita di altri manga a tankobon unico. Un filo conduttore che lega la sua produzione esiste: quello di Miura è seinen spietato, nel quale vengono alla luce i tratti peggiori dell’animo umano. La guerra e la violenza preponderano nei suoi racconti, al punto da sembrare glorificazione; in realtà, quello narrato da Miura è un “male necessario” a combattere altro male, dal quale l’uomo non sembra in grado di emanciparsi.
Berserk (1989 – oggi)
Quando si dice Kentaro Miura, si dice Berserk. Unica opera di lungo corso del sensei, come già detto essa nasce come “Prototype”, e inizia la sua pubblicazione nella versione definitiva solo circa due anni più tardi. Come è naturale per una serie che si sviluppa su un arco di tempo reale così lungo, e con molte pause, Berserk si evolve nel corso del suo ciclo vitale. Nasce infatti come vicenda dai tratti fortemente horror, non risparmiandosi fin dal primo arco narrativo. Con la saga-flashback de “L’età dell’oro“, Berserk raggiunge il successo tra il grande pubblico, e da quel momento in avanti Miura non farà altro che accrescerlo.
In Berserk, nulla è sacro: attraverso gli occhi di Gatsu, un uomo nato nella miseria e nella guerra, e il cui unico frammento di felicità gli è stato strappato via nel modo più crudele possibile, vediamo che il mondo è un posto oscuro, dove l’unica speranza è rappresentata dal farsi strada con le unghie e con i denti. La religione è una beffa, le forze che ci guardano dall’alto non esistono, o peggio, non hanno compassione per l’umanità. Il libero arbitrio è un’illusione, a meno che non si sia abbastanza forti da sfuggire al fato crudele che quelle forze ti hanno riservato. La guerra sembra quasi essere l’inevitabile stato naturale della civiltà umana, e la debolezza non è tollerata, poichè, ancora, è necessario salvarsi da soli.
Costellata da interruzioni nella pubblicazione, la storia recente di Berserk si va arricchendo di elementi fantasy, ricordando quasi certi topos dell’rpg da tavolo. Per quanto questo abbia stranito alcuni dei fan di vecchia data, il livello qualitativo della trama e soprattutto del disegno continua ad essere eccelso. Kentaro Miura ha difficoltà ad accettare di rilasciare un capitolo che non sia perfetto, e persino a delegare il lavoro ai suoi assistenti; da qui le ragioni della discontinuità.
Japan (Buronson, Kentaro Miura 1992)
Japan è l’incredibile collaborazione tra Kentaro Miura e Buronson, ovvero Yoshiyuki Okamura, l’autore di Fist of the North Star. Okamura, che ha sempre la necessità di affiancarsi di un bravo artista per i lavori che scrive, sceglie Miura per questo progetto, in cui è evidente l’affinità tematica che lega i due maestri.
Si parla infatti di un futuro prossimo e piagato da grandi cataclismi di origine climatica, nel quale la legge del più forte è tornata a regnare. Un gruppo di giapponesi, nell’Europa del presente per motivi diversi, si ritrova catapultato in tale futuro, in cui i propri connazionali sono rifugiati climatici, trattati come schiavi dalla nuova pseudo-nazione europea. I giovani giapponesi si ritrovano non in grado di reagire a quelle dure condizioni, ma uno di essi, Katsuji, uno yakuza, ricorderà loro l’importanza dello spirito combattivo e di fratellanza che li unisce, facendo di sè stesso l’esempio per la rivoluzione.
Japan è un’opera in incredibile anticipo sui tempi, per quanto riguarda le tematiche del cambiamento climatico e della gestione dei rifugiati. E’ anche un manga in cui è difficile leggere dietro il nazionalismo e l’apologia della violenza di cui apparentemente la vicenda è impregnata: anche dopo la conclusione del volume, occorre una riflessione attenta per andare oltre il punto di vista dei personaggi, e riconoscere il quadro completo della storia che vivono.
Gigantomachia (Kentaro Miura, 2013)
Altra serie breve raccolta in un volume unico, Gigantomachia apre per noi uno spiraglio in un mondo avanti cento milioni di anni nel futuro. Quanto avvenuto in un lasso di tempo così ampio, noi lo possiamo intuire solo vagamente, ma ancora una volta appaiono evidenti gli indizi di una o più guerre che hanno per sempre cambiato l’aspetto del pianeta.
Delos, il protagonista, è un lottatore, che però fa di tutto per non essere letale. Nonostante questo, il suo destino è controllare un’antica macchina da guerra dall’aspetto di un gigante, cercando di contrastare i piani di un impero che a sua volta sta cercando di recuperare tali antichi esseri. In Gigantomachia, quindi, il conflitto interiore del protagonista è ormai maturo: costretto a combattere con il fine di ottenere la pace, cercando di venire a patti con la natura paradossale di tale premessa.
Il mondo di Gigantomachia è ricco di dettagli spettacolari mostrati nel breve lasso di tempo del volume, e senza dubbio una di quelle opere di Kentaro Miura che più meriterebbe di essere trasformata in una serie di lungo corso, desiderio espresso dallo stesso autore.
Concludendo…
Aldilà della bellezza senza tempo di Berserk, l’obbiettivo della rubrica questo mese era di raccontare le altre opere di Kentaro Miura. Opere meno conosciute, grandi idee che per ora non trovano sufficiente spazio nell’agenda dell’autore. Quest’anno egli ha fatto debuttare una nuova opera, Duranki, a tema mitologia dell’antica mesopotamia. Secondo lo stesso Miura, Duranki rappresenta per lui la possibilità di migliorare il rapporto di coordinazione con i suoi assistenti, per lavorare più rapidamente. In teoria quindi, dice, anche Berserk ne trarrà giovamento.
Berserk si avvia a una lenta ma inesorabile conclusione; ci troviamo, parole sempre di Miura, all’ultima saga. Secondo chi scrive, ben venga una pubblicazione a rilento, quando il tempo è dedicato a creare un lavoro così rifinito. Al contrario di altri autori, che lasciano decadere sulla fase finale opere così ben cominciate, Kentaro Miura sembra prometterci un manga all’altezza delle sue premesse. Al contempo, ci mostra che c’è vita dopo Berserk, e che storie epiche in mondi fantastici ci attendono anche negli anni a venire.
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