Inauguriamo una nuova rubrica sui grandi sensei del fumetto giapponese, raccontati attraverso tre dei loro manga migliori. Oggi parliamo del maestro della realtà storica, Naoki Urasawa
Quando si tratta di dipanare una trama lungo secoli di storia, reale e fittizia, incrociando i destini di tanti personaggi differenti tra loro, pochi autori tengono il passo del sensei Naoki Urasawa. Nato nel 1960, Urasawa ha potuto assistere a eventi importanti come l’approdo dell’uomo sulla luna, o la caduta del muro di Berlino. Avvenimenti che ricompaiono nelle sue opere, citazioni a volte fedeli, a volte ucroniche, eventi di una storia che si sviluppa diversamente da come la conosciamo.
L’obbiettivo è, in ogni caso, raccontare gli esseri umani dietro quella storia. La storia umana spesso è costituita da eventi macabri e sanguinosi, e Naoki Urasawa sembra avere come obbiettivo provare a identificare, spiegare il male della natura umana. A volte, è una creazione artificiale, come in Monster; altre, proviene da qualcosa di esterno e di onirico, come in Billy Bat; altre volte ancora, invece, il male ricade interamente sulle spalle dell’immaturità degli uomini, il caso di 20th Century Boys. Urasawa debutta come professionista poco prima di laurearsi, all’inizio degli anni ottanta. Da allora, è stato un autore prolifico, prediligendo opere lunghe, come Master Keaton. Ad oggi, è al lavoro sulla serie “Asadora!“, un manga, neanche a dirlo, storico, che segue le vicende di una donna dal dopoguerra al presente, usando il suo punto di vista per raccontare le durezze economiche del periodo post-bellico in Giappone.
Tutti e tre i titoli di Naoki Urasawa che vedremo insieme oggi rispecchiano al meglio la sua letteratura; ciascuno ne rappresenta al meglio un aspetto, e aiuta a raccontare la carriera e la crescita del sensei nel corso degli anni. Si tratta di Monster, Pluto e Billy Bat. Ovviamente, il tutto sarà privo di maggiori spoiler.
Monster (1994-2001)
Il primo manga di cui trattiamo è anche uno dei più grandi successi in assoluto di Urasawa, nonchè del mondo del fumetto in generale. Il sensei lavora su Monster in parallelo a un altro proprio titolo, “Happy!” uno spokon che a sua volta riscuote consensi tra il pubblico. Tuttavia è Monster che rappresenta, per la prima volta nella carriera di Urasawa, quelle che saranno le tematiche principali che verranno associate da lì in avanti al mangaka (nonchè la raffinazione di un proprio stile di disegno). Si tratta inoltre di una delle pochissime sue opere che sono state trasposte in anime.
Il protagonista di Monster è Kenzo Tenma, un neurochirurgo che lavora in Germania negli anni ottanta. Tenma salva la vita a un bambino in sala operatoria, Johan Liebert, ma una strana serie di omicidi all’interno dell’ospedale finiscono per far finire sotto accusa il medico. Nove anni dopo, Tenma si imbatte nuovamente in alcuni delitti, che finisce per ricollegare proprio a Johan. Quest’ultimo infatti è il “monster” della storia, e quella di Tenma è un’ardua missione atta non solo a fermare i crimini e a scagionare sè stesso, ma soprattutto a redimersi dall’essere stato colui che ha consentito al “mostro” di vivere.
Nonostante la presenza di un male assoluto (o supposto tale) nella vicenda – rappresentato da Johan, appare da subito chiara l’ambiguità del dilemma morale che viene posto in essa. Tenma ha davvero sbagliato a salvare il giovane Johan, condannando le sue future vittime? Al proprio tormento interiore si aggiungerà, per Tenma, la presenza di un rappresentante della “giustizia assoluta“, l’ispettore Lunge, adamantinamente convinto della colpevolezza del chirurgo, e disposto a rinunciare a tutto – affetti, persino la stessa carriera – per catturarlo.
La vicenda di Monster si consuma nella Germania pre e post caduta del muro, usando le repubbliche comuniste dell’est europeo come incubatrice del “mostro”. Il riferimento ai progetti sovietici per la ricerca del supersoldato, tuttora ancora avvolti nel mistero, è evidente.
Pluto (Naoki Urasawa, Takashi Nagasaki 2003-2009)
Una delle maggiori ispirazioni come artista per Urasawa è stato Osamu Tezuka, la matita dietro Astro Boy. Pluto è più di un omaggio a Tezuka, essendo una rivisitazione vera e propria dell’episodio “Il più grande robot del mondo“. Urasawa coglie il tema Tezukano della necessità di portare la pace in una storia umana piagata dalla guerra, e ce lo racconta dal punto di vista degli stessi robot. Si tratta di una storia breve, di soli otto volumi, più che sufficienti a narrare una storia toccante, l’unica di Urasawa a fare riferimento all’intelligenza artificiale. Un omaggio riuscito, dato che è valso al sensei il premio culturale Osamu Tezuka.
I protagonisti di Pluto sono delle macchine altamente sofisticate. Nate come armi, ora che il mondo è in pace le IA si sforzano di trovare il loro posto nel nuovo ordine. A spingerle ci sono gli stessi desideri degli esseri umani: vivere in pace, amare, avere una famiglia, creare arte, avere dei sogni. Sono in sette in totale, ma qualcuno inizia metodicamente a eliminarle una dopo l’altra. A firma del delitto, lascia sulle teste dei corpi delle corna, simbolo del re degli inferi Plutone. Gesicht, uno dei sette nonchè investigatore dell’europol, si occuperà di trovare l’assassino prima di perdere tutti i suoi “compagni”.
Con Pluto, l’uomo ha la possibilità di guardare sè stesso e il proprio mondo da fuori. Attraverso gli occhi delle IA, riscopriamo il vero valore di un ambiente pulito, della pace, dell’arte e della famiglia, cose che molte persone tendono a dare per scontate ma che per una macchina non lo sono assolutamente. Nonostante le vittime dei crimini siano robot, noi ne conosciamo la reale sensibilità, e quindi sentiamo di trovarci di fronte a un vero e proprio omicidio. Ricorrono i classici temi dei diritti di un’intelligenza meccanica, e della difficoltà che può avere nell’integrarsi nella società umana.
Billy Bat (Naoki Urasawa, Takashi Nagasaki, 2008-2016)
Billy Bat ben rappresenta la maturità artistica raggiunta da Urasawa: per la lunghezza dell’arco temporale dentro la quale si sviluppa la vicenda, e per l’importanza storica dei simboli che vi ricorrono, si tratta forse della sua opera più ambiziosa. Il sensei ha forse preso troppo sul serio chi sosteneva che “la Disney si prenderà tutto”, e ha messo per iscritto una cronaca alternativa della storia umana. Billy Bat è un per nulla celato alter-ego di Topolino, ed è il punto focale attorno al quale si intrecciano le storie dei vari personaggi, al punto che sembra controllarne il fato.
Il protagonista, Kevin Yamagata, è un fumettista nippo-americano, creatore del personaggio di Billy Bat, il pipistrello antropomorfo. Tale affermazione, si scoprirà presto, non è tuttavia così corretta. Billy Bat esisteva già prima che Kevin lo disegnasse. Molto prima. Il fumettista si rende conto del grande mistero che si cela dietro questa semplice figura, i cui fumetti più volte si rivelano essere premonitori di eventi reali. Figure sinistre, governative e non, inizieranno ad interessarsi alle mosse di Kevin, e si dimostreranno senza scrupoli. Billy prenderà forma e inizierà a parlare a Kevin e ad altri “prescelti”, elargendo consigli e premonizioni. Tuttavia, senza rivelare del tutto le proprie intenzioni nei confronti dell’umanità.
Billy Bat fa leva sulla tentazione al complottismo del lettore. Strizza l’occhio ad alcune famose teorie del complotto, come l’omicidio Kennedy, o lo sbarco sulla luna. Il personaggio di Billy sembra agli inizi un’allucinazione, ma i suoi effetti concreti spingono presto ad interessarsi sulla sua possibile reale natura. Esso è anche una rappresentazione personificata dell’arte, quale forza motrice dell’attività umana, fin dalle pitture rupestri nelle caverne. Una rappresentazione non univoca, ma anzi duale, come lo yin e lo yang, come a rispecchiare la natura dell’uomo.
Concludendo…
Approcciarsi per la prima volta a Naoki Urasawa può non essere semplice. Le sue opere sono importanti in termini di lunghezza, intreccio della trama e intensità dei temi trattati. Tuttavia, dopo le prime pagine, vi scoprirete incapaci di smettere, ansiosi di scoprire cosa viene dopo. Urasawa è un maestro nel mostrare piccoli scorci del grande misterio dietro a una sua opera, per incuriosire il lettore. Lo è altrettanto nel chiudere un capitolo con un colpo di scena enorme, e il risultato sarà lo stesso: vorrete passare subito al successivo.
I suoi personaggi non sono mai banali o antipatici, e l’empatia che si crea con loro è immediata. Tanto i protagonisti quanto gli antagonisti hanno motivazioni approfondite, e la difficoltà nello stabilire chi abbia ragione spinge a seguire con eguale interesse le vicende di tutti.
Quello di Urasawa è il vero seinen, tale in quanto opera che esplora seriamente la psicologia umana, e non per la quantità di gore, che è invece assai modesta. Quando si chiude l’ultimo volume di una sua opera, forse non si hanno tutte le risposte, ma ci si sente comunque arricchiti, sia in termini di nozioni (grazie ai riferimenti al reale nei suoi racconti), che spiritualmente.
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