Racconti e fiabe giapponesi rappresentano la chiave del folclore nipponico, fondamentali per comprendere la cultura popolare del paese del Sol Levante
A caratterizzare racconti e fiabe giapponesi sono: l’antichità delle storie, lo stile letterario e l’originalità culturale. D’altronde, come qualsiasi altra storia d’Occidente, anche quelle d’Oriente hanno origini antiche. Ciò che differenzia racconti e fiabe giapponesi è la cultura capace di trascendere il tempo.
La storia | Racconti e fiabe giapponesi: 3 storie del folclore nipponico
I racconti e le fiabe giapponesi, così come in molti altri paesi, si riferiscono alla tradizione popolare e alla conseguente trasmissione orale ma molte storie hanno origini esterne al Giappone.
Infatti attraverso la Cina, il Tibet, le Indie o la Corea sono arrivati in Giappone storie poi adattate alla cultura nipponica, naturalizzando in tutto e per tutto il racconto estero. Le storie puramente giapponesi sono, invece, di origine Shintoista o risalenti al Medioevo Giapponese.
I racconti del folclore nipponico sono suddivisi in molte categorie. Ne elencheremo alcune: mukashibanashi, namidabanashi, obakebanashi, otogibanashi e molte altre. Volendo parlare in particolare della fiaba giapponese ci concentreremo sul mukashibanashi e l’otogibanashi.
Mukashibanashi e Otogibanashi | Racconti e fiabe giapponesi: 3 storie del folclore nipponico
Il mukashibanashi o “storie molto antiche” è la forma, appunto, più antica e popolare della fiaba. La parola letteralmente significa “racconto di tempi antichi” e indica le caratteristiche ormai conosciute della fiaba classica: elementi magici, luogo o tempo indefinito ecc…
Come per le nostre fiabe, iniziano con una frase ricorrente ovvero “Mukashi Mukashi aru tokoro ni” che può essere tradotto con il nostrano “C’era una volta”. I personaggi di un mukashibanashi sono quasi sempre gli stessi, ovvero un vecchio o una vecchia, un uomo con un nome spesso simile, come Taro o Jiro, folletti, divinità, creature magiche.
Questi racconti che, come abbiamo detto, all’inizio vennero tramandati oralmente, iniziarono ad essere trascritti dai membri dell’aristocrazia a partire dal IX secolo e racchiudono, ancora oggi, il patrimonio folcloristico del paese del Sol Levante, utili ad individuare alcuni soggetti tipici dell’iconografica giapponese.
L’ otogibanashi o “storie per diletto” deriva dai racconti popolari brevi detti otogizoshi, un filone letterario sviluppatosi nel tardo Medioevo. L’otogibanashi rappresenta la sezione favolistica di questo filone e letteralmente vuol dire “racconto di compagnia”. Rispetto ai mukashibanashi ha una collocazione meno autoctona e strizza l’occhio alle fiabe occidentali. Sono, quindi, storie molto meno tradizionali. Nonostante ciò l’otogibanashi si adattò perfettamente alle fiabe e al mukashibanashi, tanto da divenire uno dei generi preferiti per la letteratura dell’infanzia.
Indipendentemente dal tipo di fiaba, però, è importante rimarcare come il bambino straordinario sia soggetto fondamentale di molte storie. Questo bambino, forte o in grado di svolgere imprese grandiose, rappresenta un’importante chiave per comprendere la mentalità giapponese. L’idea si è talmente radicata nella cultura nipponica da ritrovare il ragazzo che salva il mondo, o dai poteri immani, in tutti gli anime della tradizione.
3 storie
Urashima Taro
Forse una delle mukashibanashi più conosciute: un pescatore sottrae una tartaruga ad un gruppo di bambini e come ricompensa viene portato nel regno dell’acqua dalla regina dove Taro conosce la felicità. Di ritorno nel suo mondo, la regina gli dona uno scrigno dicendo di non doverlo mai aprire ma, risalito in superficie, Taro scopre che tutto è diventato diverso. Il suo paese non è più un paese ma una città e l’aria è diventata irrespirabile tra le auto e le fabbriche. Desolato, Taro apre lo scrigno e circondato da una nuvola bianca, invecchia.
- Longaretti, Davide (Author)
Issun boshi
Questo è un otogibanashi ed è considerato la versione nipponica del classico Pollicino.
Momo Taro
Anche qui Taro è ricorrente, letteralmente vuol dire “ragazzo pesca”. Il protagonista, infatti, nasce proprio da una pesca. È un mukashibanashi molto letto e ha come protagonista proprio un bambino straordinario, a ricordare quel che è stato detto in precedenza. Taro, allontanatosi dalla famiglia, va infatti ad affrontare gli oni (orchi), riuscendo ad abbattere il capo e sottraendo un bottino con il quale la sua famiglia e i suoi amici vivranno felici e contenti.
- Vuk, Christopher (Author)
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