Inner Chains sembrava promettere bene fin dalle prime immagini rilasciate ma, toccandolo con mano, l’ipotesi che il gioco sia stato rilasciato in fretta e furia e fin troppo in anticipo si fa più che concreta
Esistono produzioni indipendenti che ti lasciano a bocca aperta per come sono state realizzate e altre, che pur non lasciando il segno, non possono lasciare indifferenti davanti ad un discreto comparto tecnico. Poi ci sono quelle produzioni che, pur facendo notare lo sforzo degli sviluppatori nel tentativo di innovare, falliscono su tutti i fronti.
Inner Chains purtroppo si colloca nell’ultima categoria. Presentato come uno sparatutto horror in prima persona, già dalla prima mezz’ora di gioco ci si accorge che forse qualcosa non è andata per il verso giusto, forse più di qualcosa. Eppure sia la trama che le premesse tecniche del titolo sembravano promettere bene.
E’ difficile parlare male di un videogioco, sopratutto quando si conosce l’impegno che c’è dietro alla sua realizzazione. Tuttavia quando un titolo presenta oggettivamente degli errori così grossolani in ogni ambito tecnico, non puoi far finta di nulla.
Un mondo devastato
Sviluppato da Telepaths’ Tree, un team polacco composto da ex membri di CD Projekt RED, Epic Games, People Can Fly, Flying Wild Hog e Techland, il titolo si ispira palesemente alle opere di H.R. Giger, Zdzislaw Beksinski e Hyeronimus Bosch.
Un FPS horror ambientato in un mondo biomeccanico surreale, oscuro e letale come mai visto prima. L’umanità è solo una piccola parte di un ostile universo. Vuoi sopravvivere? Scopri i suoi segreti.
Affrontare l’aspetto narrativo di Inner Chains è abbastanza difficoltoso. Parliamo di un videogioco che comincia con un’introduzione cinematografica impressionante, che non ha nulla da invidiare alla qualità di numerose grandi produzioni blasonate, ma che finisce per deludere sotto ogni aspetto una volta proiettati nel suo mondo di gioco.
Il titolo è ambientato in un futuro post apocalittico e distopico, dove le piante, unendosi con la tecnologia creata dall’uomo, si sono evolute fino a diventare delle vere e proprie armi biomeccaniche. Solo un gruppo ristretto di persone è riuscito a domare questa nuova fauna e adesso spadroneggia sui restanti esseri umani instillando paura e terrore. Ci troviamo dunque immersi in una società basata sulla schiavitù e sul fanatismo religioso, alimentato dalle caste reggenti che hanno saputo manipolare l’ambiente circostante per divenire oggetto di devozione.
La storia, altrimenti incomprensibile, è spiegata sulla pagina del negozio di Steam, e ci narra che il personaggio da noi interpretato non è altro che uno dei tanti pellegrini che attraversano un viaggio per fuggire da un mondo morente. A causa di un evento fortuito ci ritroviamo a vagare per i sotterranei del tempio a cui eravamo diretti, e siamo costretti a combattere contro delle creature riconducibili a degli zombie con innesti biomeccanici.
Oltre a ciò non sono presenti cutscene, né note né diari da leggere. Il contesto narrativo di Inner Chains può sembrare quindi, all’apparenza, veramente spoglio e soprattutto mal curato dagli sviluppatori.
Al termine della corposa sequenza cinematografica, ci ritroveremo dunque in una sorta di catacomba che in breve tempo abbandoneremo per iniziare il nostro viaggio in un mondo ricco di insidie.
Inner Chains, l’horror senza paura
Il gioco viene descritto come un FPS horror in prima persona, ma di horror non c’è nulla. Niente jumpscare, niente ambientazione inquietante, niente tensione. Persino le creature e le piante non hanno un aspetto molto spaventoso.
In primo luogo avvertiremo l’ambiente come oscuro ed inospitale, inizialmente tutto ciò apparirà molto suggestivo. Tuttavia dopo diversi minuti, in cui non potremo fare altro che camminare cercando di evitare delle sporadiche trappole sotto forma di piante bio-meccanicamente mutate, il tutto porterà ad un perpetuo senso di frustrazione.
Un gameplay da rivedere…
Fin dalle prime battute il combattimento risulta essere frustrante, a nostra disposizione avremo soltanto un bracciale che indicherà con delle barre il quantitativo di vita a nostra disposizione, ed i pugni come arma.
La componente FPS fa il suo ingresso poco dopo, quando ci ritroviamo ad imbracciare la prima arma del gioco. Nello specifico una sorta di teaser che emette dei fulmini, questa ha un effetto paralizzante sui nostri nemici e ben presto risulterà essere un elemento chiave anche nel completamento di alcuni livelli, nei quali le piattaforme per disabilitare le barriere appaiono in locazioni a noi inaccessibili, ma attivabili tramite la suddetta spara fulmini.
Successivamente, ad aiutarci nell’impresa, avremo a disposizione altre due armi: un lanciafiamme (troverà il suo utilizzo anche nel bruciare mura di rovi per permetterci di avanzare) e uno spara-dardi.
Tutte le armi potranno essere ricaricate grazie a delle apposite piante che troverete lungo il percorso o raccogliendo le munizioni dai cadaveri dei soldati uccisi.
Non c’è nessun livello del personaggio, nessun tipo di sistema di avanzamento e le armi non potranno essere potenziate. Semplicemente si avanza lungo questo mondo attraverso un percorso stabilito e si uccidono i nemici che ostacolano il nostro cammino.
Il gioco ci spingerà a combattere sempre un numero maggiore di nemici (anche boss), cercando di farli cadere vittima delle piante sparse lungo i livelli o combattendoli in prima persona, rischiando però di restare senza munizioni.
Per quanto Inner Chains cerchi di definirsi un FPS, anche la semplice eliminazione dei nemici avviene in modo tanto macchinoso e schematico, da risultare un elemento più puzzle che action.
Anche il fatto di non poter salvare quando lo si voglia, rende l’esperienza di gioco davvero di bassa qualità. Se da un lato magari si potrebbe pensare che i creatori abbiano fatto quest scelta per aumentare la difficoltà di gioco, dall’altro lato è davvero frustrante dover per forza raggiungere un checkpoint per non perdere i propri progressi. Sopratutto quando muori ad un passo da esso.
Un mondo ostile con poco da mostrare. Inner Chains presenta numerose lacune tecniche
Neanche la grafica aiuta. Se da lontano i giochi di luce e gli effetti particellari creano un bell’effetto, da vicino si può notare come le texture siano di bassa qualità e, con pochissime impostazioni grafiche disponibili, per nulla migliorabili.
Anzi, durante i primi giorni di rilascio, il gioco era praticamente ingiocabile per quanto instabile. Gravi e continui cali di frame e texture che non venivano renderizziate al tempo giusto, hanno reso impossibile l’immedesimazione nel titolo al suo primo avvio. Si è dovuto aspettare più di una settimana dal rilascio per poter usufruire di una patch che risolvesse il problema.
Se poi ciò che cercate è una sfida, il prodotto non riuscirà davvero ad offrirvene una. L’IA dei nemici è nei limiti dell’accettabilità, questi risulteranno spesso incapaci di reagire alle nostre azioni o passivi, finché non gli avremo inferto il colpo di grazia a causa del loro scarso range di visione.
A tutte queste lacune si aggiunge una pressoché nulla personalizzazione dei comandi, compresa la sensibilità del mouse.
Un prodotto incompleto?
Sebbene gli sviluppatori abbiano da subito aperto un canale con gli utenti per riportare eventuali errori riscontrati nell’esperienza di gioco, è evidente che il prodotto da loro rilasciato è incompleto.
Prendendo anche in considerazione che l’uscita del titolo è stata rimandata di un mese (inizialmente era prevista per il 25 aprile) è parecchio probabile che abbiamo di fronte un’opera rilasciata, in pratica, in sospeso: il senso di incompletezza pervade e non scompare neanche durante le battute finali, in cui avremo più domande di quelle che avevamo all’inizio.
Inner Chains risulta dunque un titolo carente della qualità necessaria a definirlo un videogioco pronto al lancio, ma che forse con le patch programmate potrebbe rivalutarsi, divenendo un’avventura magari godibile. Si augura a Telepaths’ Tree di riuscire in questo intento e di dare al proprio progetto la qualità che merita.
Punti a favore
- Atmosfera a volte suggestiva
- Qualche spunto interessante
Punti a sfavore
- Trama a malapena accennata
- Intelligenza artificiale scarsa
- Mancanze tecniche imperdonabili e completamente da rivedere
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