I progressi fatti nel campo dell’intelligenza artificiale hanno permesso di raggiungere traguardi fino a pochi anni fa irraggiungibili con i classici paradigmi di programmazione. Oggi invece possiamo addestrare le macchine a realizzare tantissimi compiti complessi, come ad esempio far camminare una protesti artificiale
Azioni come camminare, orientarsi, parlare e sostenere un discorso sensato sono per noi azioni semplici e del tutto naturali. Farle riprodurre ad una macchina è invece un problema di una complessità davvero elevata. Il fatto è che tutte queste azioni, apparentemente semplici, fanno invece riferimento ad abilità cognitive di complessità superiore come la rappresentazione mentale dello spazio e degli oggetti, la previsione, la gestione in parallelo di centinaia di stimoli sensoriali, il ragionamento. Tutte queste funzioni non hanno ancora una spiegazioni scientifica, figuriamoci quindi se sia possibile riprodurle su di una macchina in maniera pedissequa. Qui entra in gioco la famigerata intelligenza artificiale.
Classificazione dei vari termini tecnici che spesso vengono confusi in ambito di intelligenza artificiale
Nonostante il nome altisonante, con intelligenza artificiale si intende essenzialmente quello che in gergo tecnico viene chiamato machine learning, ovvero una serie di tecniche che permettono ad una macchina di apprendere un certo compito a partire da un set di dati – questa fase è detta addestramento – e poi riprodurlo anche se vengono forniti nuovi input diversi da quelli dell’addestramento. L’idea è fondamentalmente geniale: io non programmo più la macchina per risolvere uno specifico compito – questo richiederebbe una conoscenza approfondita del problema da risolvere a livello matematico e una sua soluzione computabile, cosa che non è sempre possibile -, ma “semplicemente” le dico come deve imparare a risolvere il problema. Sarà poi la macchina, analizzando i dati provenienti dall’esterno, a trovare una soluzione al problema. Io posso anche non conoscere quindi la formulazione matematica del problema e della soluzione, so che la macchina una volta addestrata fornirà l’output corretto ad un certo input.
È lo stesso principio per cui quando un amico ci lancia un oggetto noi riusciamo ad afferrarlo al volo: noi non conosciamo le equazioni che descrivono il moto dell’oggetto – o se le conosciamo non abbiamo il tempo di risolvere e ricavare una soluzione perché sarebbe troppo complesso – eppure riusciamo praticamente sempre a portare a termine il compito di afferrare l’oggetto. Questa è la potenza dell’intelligenza artificiale: siamo in grado di risolvere un problema, senza conoscerne perfettamente la descrizione matematica – perché troppo complessa -, ma solamente avendo a disposizione degli esempi.
Queste equazioni descrivono il semplice moto di un punto lanciato in aria. Un’approssimazione molto semplificata del problema del lancio e ricezione dell’oggetto
Le applicazioni dell’intelligenza artificiale spaziano in diversi settori, ma di certo uno dei più interessanti è l’ambito biomedicale. Si possono creare macchinari intelligenti che semplificano il lavoro di diagnosi dei medici o, come nel caso delle protesi, supporta la guarigione e il reinserimento nella vita di tutti i giorni. Sviluppare protesi e robot in grado di funzionare come quelle di esseri umani e animali è quindi un’importante frontiera dell’ingegneria biomedica.
Protesi e dispositivi biomedici intelligenti, in grado di adattarsi al paziente, rappresentano il futuro della tecnologia
Protesi intelligenti: così i robot imparano a camminare
Il primo passo in questa direzione è stato fatto dai ricercatori dell’Università della California del Sud che sono riusciti a creare delle gambe robotiche in grado di imparare a camminare in autonomia, proprio come il piccolo Bambi nel famoso film Disney. Il tutto è possibile grazie ad un sistema di intelligenza artificiale che apprende rapidamente i movimenti necessari a sostenere e far camminare il robot dotato delle protesi. Il sistema è inoltre in grado di adattarsi a nuove situazione – come ad esempio aggirare o sorpassare un ostacolo – senza bisogno di ulteriore intervento da parte di un programmatore umano. I risultati della ricerca sono stati riportati in un articolo sulla rivista Nature Machine Intelligence. Grazie a questa tecnologia si potranno in futuro sviluppare protesi ed esoscheletri di supporto intelligenti, ma non solo: si potranno costruire robot in grado di muoversi in aree impervie senza necessità di un pilotaggio umano, utili ad esempio nelle operazioni di ricerca e soccorso in luoghi estremi.
Il robot su cui sono state testate le gambe in grado di imparare a camminare (fonte: Matthew Lin)
Il coordinatore dello studio, Valero-Cuevas, spiega:
Attualmente servono mesi o anni per addestrare un robot in modo che sia pronto a interagire con il mondo, mentre noi vogliamo ottenere un apprendimento rapido e un adattamento come quelli presenti in natura.
Come le reti neurali, una tecnica di machine learning tra le più potenti, mutuano il funzionamento del cervello, anche in questo caso i ricercatori si sono ispirati al mondo naturale per sviluppare la nuova tecnologia. In particolare i piccoli di giraffa e gnu imparano a camminare e addirittura a correre pochi minuti dopo la nascita, per poter sfuggire ai predatori. Imitando il comportamento di questi erbivori nei primi attimi di vita, i ricercatori hanno isolato e riprodotto le tecniche di apprendimento naturali su di un sistema di intelligenza artificiale. Per giungere all’obbiettivo le protesi artificiali riproducono molto bene i tendini e le articolazioni degli animali studiati in modo da poter riprodurre in maniera esatta tutti i movimenti che rendono l’apprendimento veloce ed efficiente. L’apprendimento avviene infatti per movimenti casuali, come in natura, che naturalmente sono condizionati dalle caratteristiche degli arti. Il ricercatore Ali Marjaninejad spiega:
Questi movimenti casuali della gamba permettono al robot di costruirsi una mappa interiore dell’arto e delle sue interazioni con l’ambiente.
Questi robot apprendono quindi i movimenti più funzionali ad raggiungere un determinato scopo, in questo caso camminare, e lo fanno semplicemente a partire dall’esperienza diretta. Una protesi basata su questa tecnologia non deve far altro che essere indossata e imparerà da sé ad adattarsi ai naturali movimenti del paziente per ottimizzare il raggiungimento di un obiettivo, ad esempio camminare o afferrare un oggetto. Il grande vantaggio è ancora una volta che non si devono prevedere e modellizzare tutte le possibili micro-variazioni da un individuo all’altro nel modo di camminare o di svolgere un’azione: sarà la protesi ad adattarsi alle esigenze personali del paziente.
Naturalmente prima di parlare di una macchina intelligente tanto quanto un essere umano bisognerà attendere ancora molto. Tuttavia questi sistemi possono migliorare di molto la qualità della vita delle persone e rendere notevolmente più semplice la soluzione di numerosi problemi. Dalla sezione scienze è tutto! Continuate a seguirci per tante altre news ed approfondimenti dal mondo naturale.
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