La possibilità di osservare le onde gravitazionali ha rivoluzionato il nostro modo di osservare l’universo e nel prossimo futuro potrebbe portare a scoperte fondamentali per la fisica. Da poco sono stati riaccesi i rilevatori Virgo e Ligo per continuare le misurazioni
Le onde gravitazionali sono un fenomeno previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. Risolvendo le equazioni del celebre fisico infatti si nota che le soluzioni descrivono proprio un fenomeno ondulatorio. Purtroppo fino a poco tempo fa la tecnologia non permetteva di osservare queste microscopiche perturbazioni perturbazioni, ma da qualche anno la storia è cambiata.Â
Onde gravitazionali: un nuovo modo di osservare l’universo
Spiegare che cosa sia un’onda gravitazionale in modo completo e formale sarebbe troppo complesso: si dovrebbero risolvere le equazioni della relatività generale e dimostrare che esistono soluzione in forma di equazioni delle onde. Proviamo però a farci un’idea.
Cos’è un’onda gravitazionale?
Secondo la teoria di Einstein, lo spazio-tempo è costituito da un tessuto geometrico tridimensionale – o meglio quadrimensionale perché il tempo è modella come la quarta dimensione dello spazio, una dimensione un po’ particolare che può essere percorsa in un solo verso. Per semplificare il concetto togliamo una dimensione (due in realtà ) e immaginiamo lo spazio come un grande lenzuolo elastico. Se ci appoggiamo una sfera di metallo, esso si distorce creando una sorta conca. Più è pesante la sfera, più profonda sarà la conca. Le equazioni della relatività generale descrivono proprio questo fenomeno in una spazio quadrimensionale, deformato dalla massa. In sostanza la forza di gravità sarebbe solo la conseguenza della distorsione del tessuto spazio-temporale.Â
L’equazione di Einstein che descrive la gravità come una distorsione dello spazio-tempo
Che cosa succede se la massa però non è ferma? Provare voi stessi a tracciare delle circonferenze con il dito sul lenzuolo del vostro letto, simulando il moto di un pianeta attorno ad una stella ad esempio. Noterete che di propagano delle deformazioni periodiche intorno alla traiettoria del dito. Si nota molto bene anche quando in piscina passiamo un dito sulla superficie dell’acqua: in questo caso le onde che si propagano sono ben visibili. Allo stesso modo stelle, pianeti e soprattutto buchi neri provocano delle deformazioni ondulatorie, le onde gravitazionali per l’appunto, che di propagano nello spazio.Â
Simulazione della deformazione spazio-temporale della Terra che intrappola i satelliti
Come si misura una deformazione dello spazio?
Dunque fin qui tutto bene. Il problema è che i fenomeni più estremi generano onde gravitazionali davvero piccole, troppo piccole. Parliamo di increspature con ampiezza nell’ordine di 10-18 m, per confronto un atomo di idrogeno ha un raggio di circa 25·10-12 m mentre un singolo protone presenta un raggio di circa 10-15 m. In pratica l’onda gravitazionale è 1000 volte più piccola di un protone. Come misurare delle onde gravitazionali quindi?
La tecnica più moderna, utilizzata anche dai rilevatori LIGO e VIRGO, è quella basata sugli interferometri. Questi strumenti si chiamano così perché sfruttano gli effetti di interferenza della luce per effettuare misurazioni. L’idea di base è abbastanza semplice. Si utilizzano due tubi a vuoto della stessa lunghezza, posizionati a 90° l’un l’altro a formare una specie di “L”. Un intenso raggio laser spara attraverso un particolare strumento ottico chiamato beam splitter che divide il raggio originale in due raggi identici. Alla fine dei tubi si trovano due specchi cosicché i due raggi vengono riflessi e tornano indietro, ricomponendosi davanti ad semplice foto-rilevatore. In condizioni i due raggi percorrono la stessa distanza e quindi quando di ricompongono generano lo stesso raggio di partenza. Se invece passa un’onda gravitazionale, la deformazione dello spazio-tempo allungherà leggermente un tubo ad accorcerà l’altro – le onde gravitazionali godono di particolari proprietà di perpendicolarità -, modificando le distanze percorse dai due raggi. Quando due raggi di luce si sfasano generano una figura di interferenza ben visibile, le cui caratteristiche sono correlate con le deformazioni dei due tubi. In questa maniera è possibile misurare le onde gravitazionali.Â
Schema semplificato di un interferometro
La rivoluzione delle onde gravitazionali
Le onde sono fenomeni fondamentali in fisica. Un’onda per definizione è una deformazione che si propaga attraverso un mezzo. Il mezzo può essere una corda di violino, l’aria, l’acqua, il campo elettromagnetico o lo spazio-tempo. Una perturbazione si genera solo quando si verificano particolari fenomeni, ad esempio il violinista che muove l’archetto, un tuffo in acqua, una reazioni termonucleare o un buco nero che ruota. L’onda quindi porta con sé, nella sua corsa attraverso il mezzo per chilometri e chilometri potenzialmente, l’informazione del fenomeno che l’ha creata. Informazioni interessanti ad esempio possono essere la nota di una canzone, la velocità del tuffatore, l’energia sprigionata dalla fusione nucleare o la massa del buco nero.Â
Funzionamento del rilevatore di onde gravitazionali LIGO
Fino ad ora abbiamo osservato l’universo principalmente attraverso le onde elettromagnetiche ovvero la luce. Questo perché la radiazione elettromagnetica è facilmente osservabile sia attraverso in nostri occhi che attraverso semplice sensori elettronici. Telescopi e microscopi non fanno altro che catturare la radiazione elettromagnetica. Ci sono fenomeni ed informazioni che però non possono essere fornite dalla luce. Ad esempio pensiamo ad un buco nero: nessun fotone di luce può provenire da esso, ma il suo moto produce onde gravitazionali che possono portare numerose informazioni sul suo conto. I fenomeni legati alla gravità in generale non possono essere studiati attraverso la radiazione elettromagnetica. In passato l’unico per studiare la gravità di un corpo celeste era osservare il comportamento degli oggetti vicini. Oggi invece le onde gravitazionali permettono di osservare l’universo e i fenomeni che lo caratterizzano da un punto di vista totalmente nuovo e di raccogliere numerose informazioni interessanti. L’uso dei rilevatori di onde gravitazionali nell’astrofisica può essere paragonato alla scoperta del microscopio elettronico in microbiologia. Una conquista che potrebbe portare a tante scoperte fondamentali, soprattutto nel campo di una teoria della gravità quantistica che ancora rompe la testa ai fisici.Â
Alcuni dati registrati dal rilevatore di onde gravitazionali LIGO
Onde gravitazionali: LIGO e VIRGO di nuovo all’opera
Da poco sono stati riaccesi i due rivelatori di onde gravitazionali che qualche tempo fa hanno portato ad esaltanti risultati: l’americano LIGO a Hanford e Livingston, della National Science Foundation, e VIRGO dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (Ego) a Cascina, al quale l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). I due interferometri erano stati disattivati mesi fa per permettere un aggiornamento dei componenti che li ha resi ancora più sensibili: ora riescono a carpire segnali provenienti da sorgenti due volte più distanti e hanno una sensibilità 8 volte superiore. Così potenziati, LIGO e VIRGO, si preparano a scandagliare l’universo alla ricerca di nuovi dati interessanti.Â
Fino ad oggi i due rilevatori sono stati in grado di rilevare le onde gravitazionali prodotte da eventi veramente estremi, come lo scontro di buchi neri e stelle di neutroni. Questi fenomeni sono però molto rari e rappresentano solo una piccola parte di tutte le informazioni ottenibili tramite l’osservazione delle onde gravitazionali. Altri eventi interessanti da studiare dal punto di vista gravitazionale potrebbe essere le esplosioni delle grandi supernove, per capire nel dettaglio come si formano i neri ad esempio, e le pulsar, delle stelle di neutroni che ruotano vorticosamente sul loro stesse.Â
LIGO e VIRGO: i nuovi obiettivi dei fisici
Mentre a Cascina, nei pressi di Pisa, si è acceso il rilevatore VIRGO, negli Stati Uniti si sono accesi i sensori del rivelatore LIGO: una nello Stato di Washington e l’altra in Louisiana. I tre interferometri lavoreranno congiuntamente per avere scandagliare una regione più ampia dello spazio e ridurre al minimo gli errori di misura. All’agenzia di stampa ANSA, Viviana Fafone, dell’Università di Roma Tor Vergata e responsabile nazionale per l’Infn della collaborazione Virgo ha detto:Â
Adesso i rivelatori potranno osservare il cielo a una distanza doppia e a un volume otto volte superiore rispetto a quello del precedente periodo di presa dati. Le macchina adesso sono più potenti e di conseguenza aumenta, teoricamente, il numero delle sorgenti che si potranno osservare. Ci aspettiamo un numero di eventi maggiore rispetto alla scorsa campagna di presa dati. L’idea è di lavorare per un anno 24 ore al giorno per sette giorni a settimana.Â
Prevediamo anche un segnale a settimana proveniente da fusione di due buchi neri e, complessivamente, diversi segnali dalla fusione di stelle di neutroni.Â
Ci si aspetta anche di riuscire ad osservare fenomeni nuovi che potranno aggiungere dei dati inediti alla collezione già in possesso dei fisici e che potranno essere utilizzati per svelare i segreti dell’universo:Â
Poter osservare coppie formate da un buco nero e da una stella di neutroni significherebbe avere un segnale più pulito per studiare meglio la composizione interna delle seconde. Stiamo dando la caccia alle supernovae: osservarle sarebbe estremamente interessante perché sarebbe l’occasione per capire come esplode una stella. L’ultima è stata vista nel 1987.Â
L’esplosione di una supernova è un evento catastrofico che però porta con sé numerose informazioni di diversa natura: onde gravitazionali, radiazioni elettromagnetiche e generazione di particelle subatomiche come i neutrini. Gli scienziati sperano di poterne osservare una per poter confrontare i diversi set di dati di diversa natura provenienti dai vari strumenti sparsi nel globo. Sarebbe un’occasione unica per unire le informazioni provenienti da diversi domini della fisica, alla ricerca di conferme nelle teorie astronomiche più recenti. Si spera anche di riuscire a rilevare delle nuove pulsar per poterle studiare in maniera approfondita.Â
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