Cause e conseguenze del disastro nucleare di Chernobyl: dopo 35 anni il reattore 4 fa ancora paura
Nella notte del 26 aprile 1986, il reattore numero 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl esplode: è il più grave incidente nella storia del nucleare civile. Aldilà delle 65 vittime immediatamente registrate, numerosi sono stati i decessi “a lungo termine” per malattie causate dalla massiccia esposizione alle radiazioni. Secondo i dati forniti dall’ONU tale stima raggiunge quota 4000, per Greenpeace addirittura i sei milioni.
Tale evento ha avuto un forte impatto anche sull’opinione pubblica: il clima di scetticismo calato sul nucleare ha portato alla svalutazione di tale risorsa. Ad oggi, in 14 paesi Europei (tra cui l’Italia) non ci sono centrali attive e – secondo i dati raccolti nel 2011 – soltanto in Belgio, Francia e Slovacchia l’energia elettrica prodotta tramite il nucleare rappresenta oltre il 50% dell’energia totale.
A 35 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, un aumento delle reazioni di fissione misurato dall’ISPNPP (Institute for Safety Problems of Nuclear Power Plants) ha sconvolto il mondo: l’incubo nucleare è davvero finito? Per comprendere il significato di questo dato, procediamo per gradi.
Com’è fatta una centrale nucleare e qual è il suo ruolo
Se sei un millennial non puoi non ricordare, nella skyline di Springfield, i due colossi grigi di Mr.Burns svettare fumanti a pochi passi dall’ufficio di Homer Simpson. Ebbene sì: quella era proprio una centrale nucleare!
Lo scopo principale di tale tipologia di impianto è di produrre elettricità. Ciò avviene grazie ad una macchina (in termini tecnici “alternatore”) che riesce a convertire l’energia meccanica – prodotta dal movimento di alcune turbine – in energia elettrica. Il ruolo dei reattori è proprio quello di fornire, tramite reazioni di fissione dell’uranio, del calore. Quest’ultimo viene poi utilizzato, tramite degli “scambiatori”, per produrre il vapore necessario a muovere le turbine, riscaldando fino al punto di evaporazione della semplice acqua.
Cos’è accaduto alla centrale nucleare di Chernobyl?
Le reazioni di fissione sono molto pericolose perché, se fuori controllo, possono emettere enormi quantità di energia. Per questo motivo, ogni elemento di una centrale nucleare deve essere costantemente sottoposto a manutenzione e test di sicurezza. E’ proprio durante un controllo fatto per analizzare il comportamento delle turbine in caso di black-out, che si verificò il disastro nucleare di Chernobyl. Secondo le fonti ufficiali, la tragedia è stata causata da una sfortunata serie di condizioni avverse:
- Per effettuare il test, è stato disattivato manualmente il dispositivo di raffreddamento d’emergenza. Ciò ha comportato l’impossibilità di abbassare la temperatura del nocciolo (ossia la parte del reattore in cui avviene la reazione) , nel momento in cui la fissione è diventata incontrollabile. Il raggiungimento di temperature estreme ha provocato la rottura dei contenitori di uranio all’interno del reattore. Il contatto tra l’uranio, l’acqua bollente e l’aria ha provocato un’improvvisa generazione di vapore con aumento di pressione e conseguente esplosione.
- Il test è stato realizzato da personale incompetente. Il quadro, già critico, è stato ulteriormente aggravato da manovre sbagliate.
- I reattori presentavano difetti strutturali, come la copertura in ferro piuttosto che in cemento armato.
Il disastro nucleare di Chernobyl ha liberato prevalentemente vapori di Iodio e di Cesio, i quali hanno danneggiato sia gli esseri umani che le coltivazioni prossime all’impianto, indebolendo irrimediabilmente anche l’economia locale.
35 anni dopo il disastro di Chernobyl: il reattore si sta “svegliando”?
Il 10 maggio scorso Neil Hyatt, chimico dei materiali nucleari all’Università di Sheffield, ha rilasciato un’intervista alla rivista Science: il reattore 4 è di nuovo fisicamente attivo. Il fenomeno, secondo lo studioso, è paragonabile a ciò che accade a “dei tizzoni in un barbecue.”
A causa della costruzione di una copertura impermeabile sui resti del reattore esploso – risalente al 2016 – l’acqua piovana non è penetrata all’interno della struttura: tale ingresso, avrebbe abbassato la probabilità di nuove reazioni di fissione. A causa della disidratazione, nelle zone in cui sono presenti ancora piccole quantità di combustibile fuso, potrebbe essere aumentata l’attività. La presenza di questo fenomeno, tuttavia, non deve creare allarmismi: l’attività cresce molto lentamente ed il tempo per intervenire è ancora molto.
In conclusione, lo studioso sembra dunque scongiurare la possibilità di una nuova esplosione della portata del Disastro di Chernobyl: si può, quindi, tirare un sospiro di sollievo.
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