Le foreste non sono minacciate solo dall’urbanizzazione e ruralizzazione dei territori, ma anche dai cambiamenti climatici che mettono in continua stress le piante dei boschi del nostro paese, aumentando il rischio di desertificazione
Di recente, a causa di forti temporali e alluvioni grandi quantità di alberi sono stati eradicati. Si trattava di boschi anche molto vecchi, da cui si può ricavare legname di alta qualità. L’appello che il PEFC Italia lancia in occasione della Giornata Internazionale delle Foreste, che si è celebrata il 21 marzo, è di non sprecare questa risorsa che (purtroppo) è stata generata dai fenomeni climatici anomali. PEFC Italia è un’associazione senza fini di lucro che costituisce l’organo di governo nazionale del sistema di certificazione PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), cioè il Programma di Valutazione degli schemi di certificazione forestale. Il PEFC è un’iniziativa internazionale basata su una larga intesa delle parti interessate all’implementazione della gestione forestale sostenibile a livello nazionale e regionale. Partecipano allo sviluppo del PEFC i rappresentanti dei proprietari forestali e dei pioppeti, organizzazioni ambientaliste, dei consumatori finali, degli utilizzatori, dei liberi professionisti, della ricerca, del mondo dell’industria del legno e dell’artigianato. Tra i suoi obiettivi si segnala quello di migliorare l’immagine della selvicoltura e della filiera foresta–legno-carta, fornendo di fatto uno strumento di mercato che consenta di commercializzare legno, carta e prodotti della foresta derivanti da boschi e impianti gestiti in modo sostenibile.
Infatti la causa principale dei fenomeni estremi che colpiscono i nostri paesi sono proprio i cambiamenti climatici che influenzano pesantemente il clima. Con l’aumento delle temperature medie infatti il clima si avvicina a quello tropicale, spesso soggetto fenomeno più estremi perché il calore contribuisce ad aumentare la quantità d’acqua evaporata che poi può dare origine a fenomeni estremi con le trombe d’aria e le cosiddette “bombe d’acqua”, le quali lasciano sul terreno quantità d’acqua che il sistema idrologico non riesce a gestire, dando origine a frane e alluvioni.
Disboscamento: il clima autore di una strage, come limitare i danni?
La superficie forestale sta ancora crescendo a seguito dell’abbandono dell’agricoltura nelle aree montane marginali, ma il 2018 è stato un anno terribile per le foreste italiane che hanno subito il peggior evento atmosferico di sempre: la tempesta Vaia – con piogge e raffiche di vento stimate oltre i 150 km/h – ha provocato enormi danni in un’area complessiva di 42.500 ettari di foreste. Sono 494 i comuni coinvolti – tra Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e marginalmente Lombardia. Si tratta dell’area dove sono concentrate le foreste che producono 2/3 del legno da opera italiano e la stima dei danni prevede che siano stati abbattuti almeno tanti alberi quanti se ne tagliano normalmente in 5-7 anni. Il danno si aggiunge a quelli già fatti negli scorsi anni dai cambiamenti climatici: nel 2016 a causa di gelate tardive, nel 2017 per incendi invernali e moria di vegetazione naturale dovuta alla siccità. Maria Cristina d’Orlando, presidente del PEFC Italia, ha dichiarato:
In ogni parte del mondo il 21 marzo si festeggia la Giornata Internazionale delle Foreste e non c’è occasione migliore per ricordare il dramma che stanno vivendo i boschi nel nostro Paese. Da quasi 5 mesi ormai, 8,5 milioni di m3 cubi di alberi – in un’area dove se ne tagliano meno di 1,5 all’anno – giacciono a terra a causa degli effetti della terribile tempesta Vaia, figlia dei cambiamenti climatici. Mai le nostre foreste avevano subito un fenomeno distruttivo di tale portata e, in questo senso, il tema della Giornata Internazionale delle Foreste 2019, che è ”Foreste ed educazione – imparare ad amare le foreste”, ci suggerisce il percorso che va intrapreso per tornare ad una situazione di normalità per queste aree. Un percorso che, come recentemente ribadito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ci costringe a fare i conti con la realtà della vita quotidiana, e a cercare di prendere atto dell’esigenza di una maggiore comprensione dei fenomeni in atto.
Il danno è catastrofico per l’economia di tutto il settore: i proprietari pubblici e privati con i boschi distrutti dovranno ora sostenere maggiori costi di taglio ed esbosco del legname, perdita di valore del legno, programmazione da rivedere, costi del ripristino. Anche lavorare in bosco, in queste condizioni, sarà più costoso (+30%) e pericoloso. Infine, per almeno 2-3 anni si dovrà lavorare con volumi di legname straordinari e fare investimenti importanti, in zone dove la viabilità è stata compromessa dalle rovinose piogge associate alla tempesta di vento. Il presidente di PECF Italia continua:
Raccogliendo le sollecitazioni di associazioni e singole persone e per contribuire al ripristino dei danni, PEFC Italia ha sin da subito lanciato il progetto Filiera Solidale, proponendo un logo per il legname proveniente dall’allestimento delle piante abbattute da Vaia che lo accompagnerà fino ai prodotti finali con la tracciabilità attraverso le varie trasformazioni. PEFC chiede alle imprese di utilizzare il legno proveniente da Vaia, sostituendo in parte le importazioni, e ai consumatori di scegliere i prodotti fatti con questo legno: un’azione di solidarietà per il ripristino delle foreste distrutte da parte di tutto il settore del legno e della società civile italiana. Numerose segherie hanno già aderito al progetto di filiera solidale, impegnandosi a comprare il legno delle aree danneggiate al posto di quello di importazione; alcuni imprenditori della trasformazione successiva acquisteranno il legname proveniente dai boschi danneggiati per il fabbisogno dei prossimi anni; e vari soggetti stanno pensando a progetti da realizzare con il legname Vaia, sostenendo e dando visibilità al progetto.
Per adesso quello che possiamo fare è non sprecare questa disponibilità di legname e reinvestire in progetti di ripopolazione dei boschi. Nel futuro sarà fondamentale invece lavorare per migliorare il nostro approccio all’ambiente perché purtroppo la somma di tante piccole azioni, in apparenza insignificanti, ha effetti cumulativi disastrosi come la distruzione di ettari di preziosi boschi.
Verde Prato: l’arte al servizio della sensibilizzazione ecologica
Come abbiamo appena illustrato, l’inquinamento e il cambiamento climatico in atto nel nostro pianeta sono dovuti alla somma di tante piccole azioni quotidiane. La sensibilizzazione sui problemi ecologici è quindi fondamentale per la lotta ai comportamenti dannosi per il nostro pianeta. Una bella iniziativa che coniuga fotografia ed ecologia è la mostra “Verde Prato. Sperimentazioni urbane tra ecologia e riuso” a cura di Elisa Cristiana Cattaneo ed Emilia Giorgi, che mette in scena il Piano Operativo del Comune di Prato e la molteplicità di operazioni e strategie attuate negli ultimi anni per la definizione del nuovo strumento sulle politiche urbane della città toscana. Lo mostra è attualmente aperta presso Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
L’allestimento, progettato dal giovane collettivo milanese Fosbury Architecture, presenta, attraverso un sistema di ponteggi concepito come una macchina scenica, materiali eterogenei come disegni, mappe, elaborati progettuali, fotografie d’archivio e video. Un racconto che si sviluppa per testi e immagini seguendo il processo ideativo che mira a trasformare Prato in una città verde, europea e aperta, integrando il sistema della natura e quello del costruito. Oltre al focus tecnico sul piano urbanistico, l’esposizione propone un’installazione ideata per l’occasione da Stefano Mancuso, i progetti fotografici di Fernando Guerra, Maurizio Montagna e Delfino Sisto Legnani e una macchina robotica interattiva che permetterà al pubblico di navigare i numerosi ambiti di cui si compone il Piano. Completa la mostra un’area immaginata per incontrarsi e prendere parte ad attività didattiche, conferenze e tavole rotonde, affinché l’mostra diventi un luogo di dibattito, una piazza viva dentro il museo.
La mostra si snoda attraverso 3 aree tematiche: Ecology, Re-Use e Going Public.
Ecology: come integrare le piante nelle nostre citta
Nella sezione Ecology trova posto il programma di forestazione urbana ideato dalle due massime eccellenze della “rivoluzione ambientale”: l’architetto Stefano Boeri e lo scienziato Stefano Mancuso. Secondo Mancuso, “riqualificare con le piante è lo strumento più efficace per il miglioramento della qualità ambientale e sociale”. Per questa ragione ha fatto di Prato un caso di studio, e ha lavorato con il suo team per censire il patrimonio arboreo della città e calcolarne i benefici per la cittadinanza. In modo complementare, Boeri ha prodotto un Action Plan per la Forestazione Urbana di Prato, con l’obiettivo di poter contare un albero per ogni abitante della città. Alla sezione è legata l’installazione site-specific Urban Jungle ideata da Stefano Mancuso, un insieme di ecosistemi confinati che evoca un ideale skyline cittadino come unica ed enorme giungla urbana, al di là della tradizionale separazione tra costruito e natura. “Non soltanto lungo i viali, nei parchi, nelle aiuole, nei giardini, ma dovunque ci sia una superficie disponibile: strade, facciate, tetti, lì deve esserci una pianta”, afferma Mancuso.
Re-Use: l’economia circolare alla base dell’industria
Apre la sezione Re-Use un richiamo attraverso disegni e fotografie d’epoca all’esperienza del Laboratorio di Prato, condotto dal 1976 al 1978 dal regista Luca Ronconi con l’architetto Gae Aulenti: uno dei primi esperimenti di riuso delle strutture manifatturiere in vista di “Un teatro soprattutto agito, in funzione di un luogo diverso dalla sala teatrale”, come scrive Ronconi. Tema centrale del nuovo Piano Operativo è infatti la definizione di strategie di trasformazione del patrimonio edilizio esistente, in particolare dell’archeologia industriale nell’ambito delle aree urbane. Nella logica di delineare uno scenario di sviluppo sostenibile della città, il P.O. determina le modalità di intervento relative al riuso degli edifici, inserendoli nell’ambito di una visione di respiro più ampio sulla città che vede in Prato, la “città fabbrica”, uno dei luoghi paradigmatici a livello internazionale sulle pratiche di re-cycle, un contesto dinamico che può ambire a proporsi come distretto europeo “eco” d’eccellenza, attuando un processo di economia circolare.
Going Public: per una città più vivibile
La sezione Going Public infine prende avvio da alcuni scatti tratti dal progetto fotografico che Delfino Sisto Legnani ha condotto nel 2016, come parte dell’installazione Manufacturing Assemblages in Prato di Matilde Cassani alla Oslo Architecture Triennale, mostrando come le celebrazioni del Capodanno Cinese attraverso il centro storico e il distretto industriale diventino una spettacolare occasione di integrazione tra le diverse comunità presenti e la città. Il tema dello spazio pubblico e di una città a misura dei suoi cittadini è trasversale a tutto il P.O., e si interfaccia con tutte le tematiche affrontate dal Piano: dal progetto Cento Piazze a Riversibility, dalla tecnologia 5G (Prato è una delle cinque città italiane scelte per la sua sperimentazione), alla Smart Mobility. Prato concepisce quindi il proprio Piano Operativo nella logica di promuovere un’idea di città aperta, città dell’ospitalità globale accessibile ed usufruibile da tutte le categorie dei suoi abitanti.
Prato quindi dimostra che anche le nostre città possono diventare delle oasi verdi ed aiutare a riqualificare la qualità dell’aria e del clima in generale, pur rimanendo integrate con edifici ed infrastrutture moderne ed efficienti.
Dalla sezione scienze è tutto! L’insegnamento è: proteggere il clima significa proteggere l’intero ambiente ed ecosistema; una volta rimosse le macerie non voltiamoci dall’altra parte. L’esempio di “Prato Verde” è un modo efficace di coniugare esigenze ambientali, sviluppo economico e vivibilità nelle nostre città.
Lascia un commento