Dal racconto di Lovecraft al recente film di Richard Stanley, Color Out of Space continua a terrorizzare, pur con modi diversi
Color Out of Space rientra sicuramente tra quei racconti di Lovecraft che sono difficili da adattare e portare su schermo con un film. Infatti, la versione cartacea punta tutto sulla costruzione dell’atmosfera, con descrizioni che riescono a proiettare nella mente del lettore angoscia e tensione. Un’angoscia che, seppur in modo diverso, anche il film riesce a replicare, pur con qualche problema. Continuate a leggere l’articolo per scoprire cos’ha funzionato e cosa no, nel film di Richard Stanley, che, come capirete, vive di alti e bassi.
Color Out of Space, da Lovecraft al film: L’orrore ai giorni nostri
La prima scelta che potrebbe far storcere il naso, è quella di portare la storia ai giorni nostri, con tutto ciò che ne consegue. Infatti, il racconto cartaceo faceva di alcuni elementi del tempo uno snodo importante. Cavalli terrorizzati che scappano e costringono le persone a convivere con l’orrore che le circonda, scienziati che, anche con i mezzi del tempo non riuscivano a capire quello che avevano di fronte e l’isolamento completo di un contadino lontano dalla città. Tutti problemi che, portati ai giorni nostri, in parte suonano facilmente aggirabili, e, quindi, poco credibili.
Ovviamente, queste sono semplicemente scelte del regista, ma spesso è anche dai dettagli che si definisce la bontà di un progetto. Se vuoi attualizzare qualcosa, devi trovare una motivazione forte alla base e delle giustificazioni credibili. Perché dire semplicemente che tutto all’improvviso in quella zona smette di funzionare può anche starci, ma non per come vengono narrati gli eventi in questo film, dove compare un meteorite con una scia luminosa e sembra che nessuno si sia accorto di nulla, con le autorità che arrivano dopo essere state chiamate e non si ripresentano fino al finale. Anche l’isolamento con la macchina che non parte, perde senso quando si vede il cavallo scappare dopo che già le cose erano precipitate, senza nessuno che prima vedesse nel cavallo una via di fuga. Quello che trovo sbagliato non è il fatto di portare la storia ai giorni nostri, ma di non sfruttare un’epoca diversa per proporre qualcosa di innovativo.
Color Out of Space: il male invisibile di Lovecraft, e quello rappresentato del film
Come dicevo in apertura d’articolo, adattare Color Out of Space di Lovecraft e trasformarlo in film è sicuramente molto complicato. Questo perché considerando i tanti racconti, questo è sicuramente uno dei meno semplici da mettere in scena per diversi aspetti. Uno fra tutti la rappresentazione del colore stesso, che nel racconto cartaceo non ha un colore identificabile. Un altro problema è far rivivere il terrore che percepiamo leggendo, rappresentandolo e mettendolo in scena come ha scelto di fare Stanley. Infatti sono presenti molte scene da B-movie horror, con creature alterate ed effetti tangibili del colore sull’area che lo circonda. Un colore che in realtà come gli appassionati sapranno è ben altro, e che qui va a colpire direttamente chi è esposto, senza lasciare nulla all’immaginazione.
Purtroppo, visto il budget ridotto, questa rappresentazione del male e dell’orrore che abbatte la zona fa scadere il film in un classico horror a basso costo, anche se non tutto è da buttare. Infatti, tra citazioni a La Cosa di Carpenter, e scene che fanno realmente impressione, la scelta di Stanley in alcuni momenti funziona. Una scelta quasi obbligata, considerando la natura della storia che però proprio per questo risultava ancora più affascinante.
La discesa negli inferi
Quello che accomuna il film e il racconto di Lovecraft di Color Out of Space, è senza dubbio lo scivolamento verso la pazzia dei protagonisti, con sullo sfondo un’atmosfera che con lo scorrere delle pagine e dei minuti si carica di tensione. Nell’originale questo avviene lentamente, con la famiglia che col passare del tempo cade vittima dell’entità venuta dallo spazio. Nel film, invece, forse i tempi non vengono gestiti benissimo, con l’oblio che si concretizza in modo quasi brusco.
Quello che invece a mio modo di vedere è riuscito, è la creazione di quell’alone di paura sui personaggi che investe lo spettatore, con un’atmosfera che riesce a catturare parte di quello che si percepisce dall’opera originale.
Color Out of Space: i problemi nel portare Lovecraft sul grande schermo con un film
Come avrete capito leggendo l’articolo, su alcuni aspetti il film di Stanley riesce a funzionare, salvo poi perdere punti in altri. Ho apprezzato l’atmosfera, e la tensione che piano piano si crea, anche grazie ad una colonna sonora azzeccata. Lo stesso Nicolas Cage, mi è sembrato ben calato nella parte, anche se i personaggi subiscono dei passaggi un po’ troppo bruschi.
In generale ho apprezzato questo film, che pur decidendo di lasciare poco spazio all’immaginazione riesce sicuramente a coinvolgere. Forse, quello che funziona meno, è la mancanza di un collante vero e proprio tra gli eventi, che sembrano accadere trascinando la storia in modo poco coeso. Per concludere, sicuramente c’è spazio per migliorare, magari con budget diversi e un racconto meno complesso da mettere in scena.
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