L’inventore del soulslike è al centro della nostra terzultima analisi di game design: diamo un oscuro benvenuto a Hidetaka Miyazaki
Parlando di Masahiro Sakurai abbiamo appreso come un game design esattamente a metà strada tra Shigeru Miyamoto, Hideo Kojima, Yoshiaki Koizumi, Hironobu Sakaguchi, Hideki Kamiya e Goichi Suda sia partito dal rendere i videogiochi più accessibili: cosa avviene, dunque, quando Hidetaka Miyazaki prende la direzione opposta? In realtà, la sua filosofia di design è molto più complessa e stratificata di così. Infatti le origini del genere soulslike in sé sono da ricercare in un titolo molto più datato, King’s Field. Però si tratta comunque di un gioco di FromSoftware, casa di produzione per la quale Miyazaki avrebbe lavorato in seguito: sul serio, quante probabilità c’erano?
Dimmi dove e quando | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
In quella che sembrerebbe una dimostrazione di immortale fedeltà alla narrazione criptica insita nel suo game design, Hidetaka Miyazaki non ha una data di nascita confermata: ufficialmente, si sa che è venuto al mondo tra il 1974 e il 1975. Si sa almeno quale sia la regione: il Chūbu. Laureatosi all’ateneo Keio di Minato (in quel di Tokyo) in scienze sociali, Miyazaki ha trovato posto come contabile per conto della statunitense Oracle Corporation, al fine di pagare la retta universitaria della sorella. Su consiglio di un amico, il designer ha il suo primo incontro con i videogiochi su consiglio di un amico: nello specifico Ico di Fumito Ueda, sua musa insieme a Yuji Horii (Dragon Quest), titolo criptico del 2001 per PS2. Il cambio di vocazione lavorativa ha incontrato qualche intoppo: in pochi lo avrebbero assunto a ventinove anni senza esperienza nella progettazione videoludica. “Pochi”, però, non vuol dire “nessuno”: è sinonimo, piuttosto, di FromSoftware.
Mecha indemoniati | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
Dopo aver lavorato nella pianificazione di alcuni elementi per Armored Core: Last Raven, il debutto alla regia avviene nel 2006 con Armored Core 4. In entrambi i casi, la serie è caratterizzata da un’impronta di realismo, dalla costruzione dei mech alla gestione dei loro costi. Caratteristiche, queste, tipiche di un gameplay mirato a decostruire le convenzioni del filone di appartenenza. Il realismo ingombrante sarebbe riapparso più avanti, una volta appreso della produzione travagliata di un gioco di ruolo d’azione. Il titolo in questione, targato Sony Interactive Entertainment e FromSoftware, pare essere una causa persa: non cambia nulla, dunque, se Miyazaki lo dirige. Incorporando le sue idee di game design, Miyazaki plasma un gioco disprezzato nelle anteprime e adorato nelle recensioni: Demon’s Souls, classe 2009. O, in altre parole, il titolo più redditizio per FromSoftware al tempo. Il resto è storia.
Fumo di Lordran | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
In seguito al successo di Demon’s Souls, un successore spirituale era decisamente d’uopo. Per questo motivo, una volta stretto un accordo con Bandai Namco per liberare il secondo capitolo dall’esclusività su piattaforme Sony, sono iniziati i lavori per Dark Souls. Miyazaki ha così descritto la “libertà vigilata” dei suoi sottoposti: “Il primo passo era stabilire con i designer le parole chiave da usare nel brainstorming iniziale. Dopo un po’ di feedback reciproco e le dovute migliorie, è possibile incorporare le idee nei nostri piani. In seguito, con i dettagli basilari del mondo di gioco è possibile fare richieste più mirate sull’utilizzo del design in questione e su cosa rappresenterà nel gioco. In un modo o nell’altro, io do le direttive senza intermediari.” Il risultato, come avvenuto con Demon’s Souls, è un gioco di ruolo che deve la propria difficoltà alla somma delle sue parti: punti esperienza che fanno anche da valuta, molte possibilità per perdere i progressi fatti, burocrazia su punti di salvataggio e statistiche… la lista va avanti.
Quando il sangue fa gola | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
Il successo strepitoso di Dark Souls ha reso chiara una cosa: Hidetaka Miyazaki è l’uomo giusto per FromSoftware. Nel 2014, il game designer diventa presidente della compagnia stabilendo un record. In Giappone infatti un cambio di carriera con promozione alla presidenza entro dieci anni era inaudito. Tutti sviluppi, questi, che hanno ingolosito di molto Sony, improvvisamente pronta a finanziare di nuovo un progetto di Miyazaki. Con Japan Studio e FromSoftware di nuovo fianco a fianco, il designer trae ispirazione dall’horror gotico europeo (Bram Stoker) per poi passare al cosmico (H. P. Lovecraft), al fine di sviluppare un gioco al tempo next-gen. Il risultato, dal nome in codice Project Beast, vanta un framerate fissato volutamente a quota 30. Nonostante la mancanza di un universo condiviso, i dettami dei soulslike non mancano, salvo a livello di trama (più esplicita). Non per questo il giocatore non è invitato ad approfondire la storia con elementi di contorno. Sostituendo gli scudi con le armi da fuoco grazie all’ambientazione vittoriana, Bloodborne ha infine fatto il suo debutto su PS4.
Pecore nere, anelli ancestrali e le fiamme del Rubicone | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
Purtroppo, tutto il talento e il DNA della serie Souls sono finiti in Bloodborne, lasciando a Miyazaki un mero ruolo da supervisore per Dark Souls II, tuttora il meno popolare tra i fan della serie. Discorso diverso, invece, per Dark Souls III, uscito nel 2016. Nonostante l’intenzione di Miyazaki di ritirarsi dall’IP, i successori spirituali non sono mancati. Il gioco per VR del 2018 Déraciné mantiene intatta solo la narrazione criptica del designer, lasciando il ruolo di “nuovo erede di Dark Souls” a Sekiro: Shadows Die Twice del 2019. In questo periodo, Miyazaki diventa padre per la prima volta. Più di recente, per Elden Ring collabora con George R. R. Martin, autore dei romanzi da cui è stato tratto Il Trono di Spade e idolo dell’autore nipponico. Il nuovo soulslike in salsa open world ha trionfato nelle varie premiazioni, ma per ora rimane l’ultima opera di Miyazaki. Dopo un iniziale ruolo da direttore per Armored Core VI: Fires of Rubicon, infatti, ha lasciato il posto a Masaru Yamamura.
Un_ st_ri_ d_ int_rpret_re | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
Se avete avuto problemi a leggere il titolo qui sopra, non preoccupatevi: Miyazaki ci è già passato da ragazzo. Già in tenera età amava leggere più libri di quanti se ne potessero permettere i genitori. La biblioteca locale permetteva di prenderne in prestito, ma da ragazzino il game designer aveva una fissazione per fare il passo più lungo della gamba: la sfida nel leggere libri in inglese era, naturalmente, capirci qualcosa aiutandosi con le figure. Da qui, il concetto della tanto blasonata lore: la narrazione contestuale e indiretta effettuata tramite dialoghi con gli NPC, descrizioni degli oggetti e quant’altro. Fan di Ico, Miyazaki ha amato anche King’s Field, The Legend of Zelda e titoli similari. Anche i manga sono una musa costante, uno su tutti Berserk. La letteratura occidentale lo affascina, e lo stesso vale per l’architettura: un esempio è Anor Londo, la maestosa città di Dark Souls, nonché omaggio al Duomo di Milano.
Grazie, chiunque tu sia | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
Arriviamo alla “ciccia”. Come direttore creativo di un progetto, Miyazaki si occupa di scrivere storia, dialoghi e testo, decidendo se approvare o meno il design di certi personaggi. Beh, più o meno. Una volta si è lasciato intortare: la prorompente Gwynevere di Dark Souls era un po’ troppo provocante per l’ambientazione, ma leggenda vuole che il game designer non sia riuscito a dire di no al character designer, tale era la soddisfazione sul volto di quest’ultimo. Le meccaniche multiplayer, similarmente, si rifanno a un altro aneddoto. In un’occasione, guidando su una strada innevata Miyazaki ha notato che altri come lui si aiutavano a vicenda spingendo le auto, compresa la sua. Non avendo avuto modo di ringraziarli, si è chiesto se avessero raggiunto la loro destinazione: una cooperazione silenziosa, questa, che ha ispirato la strana co-op dei suoi giochi.
“SEI MORTO” | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
Miyazaki ha dichiarato che la difficoltà dei suoi giochi non nasce, per quanto risulti difficile crederlo, per il gusto di irritare i giocatori. Piuttosto, l’intento è quello di inorgoglire il pubblico. “Sin da Demon’s Souls”, racconta lui, “ho voluto creare giochi con cui il giocatore si senta realizzato per aver superato un ostacolo dapprima insormontabile. Se il gioco dicesse ‘Oops, sei morto, ora spegni’, non avrebbe successo. Occorre avere qualcosa da cui apprendere, in modo tale che la morte nei videogiochi sia un’esperienza positiva.” L’incentivo aggiuntivo, naturalmente, è la sperimentazione con la build di un personaggio, anche se il game designer ha ammesso che l’idea di apprendere dai fallimenti è stata accettata dal pubblico mainstream con il successo di Demon’s Souls. Narrativamente, Miyazaki non detesta l’approccio diretto, ma preferisce (ricordate il kyokan?) che i giocatori lo interpretino da soli scavando per conto proprio. Tutte caratteristiche, queste, dell’approccio autoriale devoto a uno stile sviluppato in pochi anni. C’è anche del masochismo dichiarato, ma son dettagli.
The way this Dark Souls interview gives so much insight on why the soulsborne games are the way they are pic.twitter.com/NFG0tzkULM
— albi (@_7albi) December 14, 2021
Elementi ricorrenti | A scuola di game design con Hidetaka Miyazaki
Controller lanciati al muro a parte, gli elementi ricorrenti nei giochi di Miyazaki sono parecchi. Il combattimento è dinamico e per certi versi armonico, ma complesso. L’immortalità tramite resurrezione continua è un elemento giustificato dalla storia, così come lo è la perdita della valuta (che vale come punti esperienza) ad ogni morte. Il boss finale si affronta sempre in scontri uno contro uno dalla natura tragica. Il level design è sempre interconnesso. La storia e la lore sono criptiche. Ogni gioco presenta una base dove un NPC femminile si occupa di offrirci ristoro e, se possibile, potenziamenti. In ogni titolo curato dal game designer, un potere alto contribuisce allo stato misero in cui verte il mondo di gioco; sta al giocatore cambiare le cose, nel bene e nel male. Gli eroi hanno perso la loro gloria o la loro umanità, a seconda dei casi. E, infine, c’è sempre una palude velenosa. Miyazaki ha ammesso in un’intervista che nessuno ama la Città Infame e i suoi derivati, ma non può farne a meno: “senza accorgersene” si ritrova a crearne una. (Più avanti nell’intervista, il game designer arriva a fare un reveal del nome dell’atroce lago di Elden Ring.)
“Più conosco le persone, più amo gli animali”
E, allo stesso modo, “più gioco a Dark Souls e più apprezzo Kirby”: dissapori del sottoscritto per certe idee di game design permettendo, c’è da riconoscere un merito nell’operato di Hidetaka Miyazaki. Per quali siano le preoccupazioni dovute all’eccessiva ed esasperata spettacolarizzazione cinematografica del videogioco, l’approccio di questo visionario designer ha rimesso la narrazione nelle mani del gameplay. Non è un racconto che ci verrà concesso a buon mercato, però: senza nemmeno una pausa vera e propria, occorre rischiare di morire pure nel rimanere fermi ad ammirare un oggetto ottenuto durante l’ultimo scontro. L’interattività del medium al potere, dunque. Una causa, questa, per la quale morire ancora. E ancora. E ancora, finché il messaggio non sarà chiaro.
Ora sta a voi dirci la vostra: chi saranno gli ultimi due protagonisti della rubrica, secondo voi? Fatecelo sapere qui sotto, e come sempre non dimenticate di restare su tuttotek.it per tutte le notizie più importanti per i gamer e non solo. Per i vostri bisogni puramente videoludici, potete invece trovare i migliori sconti in formato digitale su Kinguin.
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