Nioh è certamente un gioco impegnativo e non lo si può giocare superficialmente: scopriamo se sono riuscito a trovare un nuovo modo per divertirmi
La stanza è quasi completamente al buio. Un’abatjour sferica, piazzata sulla scrivania, illumina l’ambiente nel limite delle sue capacità rivelando una postazione da gioco con console e televisore, oltre che un portatile. L’unico suono proviene dalle ventole del PC, accesso sul desktop.
Poco sopra c’è una mensola che sorregge le colonne di videogames accumulati negli anni. La sto fissando da alcuni minuti. I miei occhi scorrono gli ultimi acquisti del Black Friday. Poi mi viene un’idea folle. E se giocassi a Nioh?
Sì, lo so. State pensando che io abbia un po’ abusato del termine “folle”. O forse, essendo lettori di questa rubrica da tanto tempo, sapete che sono un tipo leggermente strano e volete vedere dove andrò a parare questa volta. Be’, oggi parliamo dell’avventurosa relazione tra me e Nioh, il souls-like di Team Ninja.
Nioh: non proprio folle, ma…
Iniziamo spiegando subito la “follia”. Come vi ho raccontato tempo addietro, soffro di una certa ansia da prestazione videoludica. In sostanza, non riesco semplicemente a iniziare un nuovo gioco, senza preoccuparmi di poterlo finire o di poterci dedicare il giusto tempo. E in questo periodo, tra i costanti lavori su Ark: Survival Evolved (recensione, speciali, guide) e la scrittura di questa rubrica, devo gestire per bene i titoli da giocare.
Un paio di settimane fa ho scioccamente iniziato The Evil Within, in una domenica piovosa e pigra. Ho giocato un paio di ore, nel corso di tre o quattro giorni, concludendo i primi due capitoli. Poi… ho avuto altro da fare, altro su cui concentrare le mie ore di gioco e The Evil Within è stato messo in pausa. Odio farlo.
Capirete quindi che l’idea di iniziare Nioh, un gioco da cento ore minimo, impegnativo e difficile, sia un po’ “folle” per me. I miei impegni non sono cambiati, come penso di gestire la cosa?
Per rispondere, dobbiamo fare qualche passo indietro.
Io e Nioh: una travagliata storia d’amore
La prima volta che ci incontrammo, io e Nioh, non fu il classico fulmine a ciel sereno. Ricordo il video di gameplay e come lo analizzai, secondo per secondo. Ve lo ripropongo.
Ne fui ovviamente affascinato. Ambientazione giapponese, sapore storico, Yokai e samurai: era molto interessante, ma mi rimanevano dei dubbi. Come sarebbe stato il feeling degli impatti? E i movimenti? I combattimenti sarebbero stati leggibili? Ci sono molti elementi di giocho che da un filmato non sono comprensibili, quindi decisi di rimanere un po’ sulle mie. Non volevo fargli capire che mi interessava, visto che avevo paura di rimarne scottato.
Passò del tempo. Io continuai con la mia routine, mentre Nioh spuntava fuori ogni tanto, mettendosi in mostra come un pavone. Continuavo a fingere di non notarlo. Andavo al mio armadietto, camminavo nei corridoi chiacchierando del più e del meno con Dark Souls, un caro amico che mi dava grandi certezze.
Nioh: la nostra prima volta
Poi è successo. Nioh mi ha chiesto di uscire. In realtà l’ha chiesto a qualche milione di persone, visto che era un’alpha demo, ma ho accettato comunque.
Fu… sorprendente. Nioh era strano, diverso dai soliti giochi. Diverso anche da Dark Souls. I primi momenti furono abbastanza scoraggianti. Il nemico iniziale mi mandò al tappeto moltissime volte. Fu uno smacco non da poco, vista la mia esperienza con quel tipo di videogame. So che molti abbandonarono subito Nioh, ritenendolo troppo rude e insensibile alle necessità del giocatore, ma io resistetti.
Spesi venti ore su quell’alpha. Inoltre, lo ripeto, fu sorprendente. Nioh mi convinse. Gli feci giusto qualche appunto, sulla gestione delle armi e dell’inventario, ma in linea generale ero molto soddisfatto di quell’esperienza.
Nioh: il secondo appuntamento
Tempo dopo ci riprovammo. Nioh era migliorato, o forse ero io che avevo capito come approcciarlo. In ogni caso, aveva seguito i miei suggerimenti. Lo apprezzai. Purtroppo il nostro appuntamento, la beta, iniziò nello stesso luogo dell’alpha. Non che un villaggio di pescatori infestato da Yokai non sia romantico, ma farmi, per la seconda volta, una lunga e faticosa scarpinata lungo le colline e le spiagge cosparse di sangue e casupole in fiamme non era la mia idea di divertimento.
Sì, poi arrivammo a una nuova area, un insieme di grotte un po’ generiche, ma Nioh mi stava lasciando una strana sensazione. Passato l’effetto novità, mi resi conto che Nioh richiedeva moltissimo impegno e sapevo di non poterglielo concedere in qualsiasi momento. Temevo che sarebbe stato un po’ troppo per me, se non l’avessi approcciato nel momento e nel modo giusto. Quindi lo lasciai.
Nioh: tattiche d’approccio ai videogame
Nioh si rivelò essere un grande gioco (la nostra recensione l’avete letta, vero?), ma decisi di rimandare l’acquisto. Le sensazioni della beta, tutte derivanti da reticenze personali e non oggettivi difetti, erano ancora vivide.
Arriviamo quindi ad oggi, con il disco che viene inserito nella console. Il gioco è sempre quello e i miei dubbi non sono cambiati. Voglio però provare a fare un tentativo. Voglio provare a giocare a piccole sessioni. Senza esagerare, accettando di sconfiggere giusto qualche nemico, di esplorare un piccolo pezzo di mappa senza nemmeno avanzare molto, raccogliendo qualche oggetto e chiudendo il gioco alla svelta.
Vorrei tentare un approccio ai videogame che non mi è proprio, abituato come sono al “o tutto o niente” delle grandi sessioni, delle partite da un’ora o più senza sosta.
Questo è uno di quegli articoli in cui non conosco la risposta fin dall’inizio, uno di quelli in cui semplicemente devo scoprire insieme a voi come andranno le cose. Per voi saranno giusto un paio di righe, ma per me ora passeranno giorni necessari a dedicare al gioco qualche sessione.
Nioh: i risultati
E quindi?
Be’… ho fallito. Non sono proprio riuscito a giocare poco. Ne sono stupito sinceramente. Avevo deciso di ritagliarmi piccoli quarti d’ora, di fermarmi dopo poche azioni di gioco, di tastare con colma l’opera. Magari farmando un po’, con tranquillità, senza la foga di proseguire e basta: Nioh dopotutto è un gioco che si può apprestare a questo tipo di approccio.
Invece ho fallito. Ad ogni sessione di gioco era fisicamente difficile smettere di giocare. Era sempre un “ancora un nemico, ancora un shortcut, ancora un tesoro”. Un passo in più. Senza mai fermarsi.
È stato un interessante e utile insegnamento: a quanto pare non sono in grado di cambiare approccio quando gioco ai videogame. Sono schiavo delle mie necessità, dei miei ritmi e non posso godermi un gioco in un modo diverso. Mi sono ritrovato quindi a riorganizzare gli impegni per poter giocare a Nioh una quantità di tempo che ritenevo adeguata e, se non era possibile, piuttosto evitavo di avviare il gioco.
Sarà per questo che non riesco a sopportare i titoli mobile pensati per piccole e brevi partite? Credo di sì: almeno posso dire di aver scoperto qualcosa in più su di me tramite questo esperimento.
E voi, invece? Avete un vostro stile? Preferite piccole partite o lunghe sessioni? Riuscite a cambiare i vostri ritmi a seconda del gioco? Ditecelo nei commenti!
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