Se nel dicembre 2018 abbiamo potuto sperimentare il viaggio di Gris su Nintendo Switch, ora è il turno di prendere il pad di PlayStation 4 e tuffarci di nuovo nel dolore più profondo: scoprite se ne vale la pena con la nostra recensione
Esistono film, telefilm, videogiochi, opere multimediali nella loro totalità nate con uno scopo diverso da quello del media a cui si riferiscono. Esistono capolavori del genere di appartenenza nati da studi talmente tanto piccoli e con poco budget da poter essere tranquillamente definiti miracoli. Esistono nomi che si mostrano al grande pubblico con una timidezza e una dolcezza sconcertanti, tanto da ricavarsi uno spazio nel cuore di chi ne usufruisce che non verrà mai donato a nessun altro. Esistono esperienze che ci cambiano nel profondo, che smuovono una parte del nostro essere e ci spingono a vedere la realtà in maniera completamente diversa. Esiste Gris di Nomada Studio.
Pubblicato da Devolver Digital e originariamente uscito nel dicembre 2018 su Nintendo Switch e PC, a distanza di un anno Gris vede finalmente la sua pubblicazione anche sulle home console di casa Sony, con tutti gli accorgimenti previsti in caso di un upgrade significativo dell’hardware di riferimento. Vale davvero la pena rigiocarlo? Scropritelo con noi nella nostra recensione di Gris nella sua conversione per PlayStation 4.
Una buona opportunità per chiudere il cerchio
In realtà stiamo anche cogliendo l’occasione di recensirvi Gris, considerando che non lo abbiamo mai esplicitamente fatto, ma gli abbiamo dedicato “solo” un lungo episodio della nostra rubrica Life & Videogame. Non ci siamo mai però soffermati sul dirvi com’è effettivamente il titolo di Nomada Studio nei suoi vari risvolti tecnici, bensì lo abbiamo trattato esclusivamente dal punto di vista emozionale. Riprenderemo anche questo aspetto, sebbene più a grandi linee, ma che cos’è Gris?
Gris è un platform-game a scorrimento laterale basato su semplici enigmi ambientali, che la nostra anonima protagonista dovrà superare apprendendo man mano sempre più abilità e con un pizzico di ingegno, ma neanche troppo. I puzzle si basano sulla raccolta di quelle che sembrano essere a tutti gli effetti delle Stelle e che, una volta accumulate nel numero corretto, costruiranno vari percorsi all’interno delle mappe di gioco e, alla fine, quello definitivo nella volta celeste, che vi permetterà di raggiungere la vostra redenzione.
Cerco un centro di gravità permanente – Recensione Gris PlayStation 4
I cinque livelli che compongono il gioco sono anche ricchi di collezionabili secondari che, se raccolti tutti, sbloccheranno un filmato speciale. Il tutto sarà via via accessibile solo attraverso l’utilizzo delle migliorie che la protagonista imparerà. Il suo vestito, infatti, è quantomeno definibile versatile: le permetterà di diventare una sorta di masso per resistere alle forti folate di vento e per distruggere i terreni fragili, di saltare più in alto, di planare ed essere più agile. Ci sono anche altre abilità in Gris che non vogliamo rivelarvi, non tanto perché potrebbero essere considerate spoiler, ma perché rovinerebbero la magia del momento dell’ottenimento.
Molto interessante anche l’inserimento, da metà gioco circa, di linee immaginarie che dividono a metà lo schermo e invertono la gravità, aprendo tutto un nuovo spiraglio di risoluzione di enigmi molto intrigante. Saltare su piattaforme che si muovono nell’altra metà della mappa vi richiederà un minimo di tempismo e occhio in più, questo è certo.
Semplicità di fondo, forse troppa, ma a noi non importa – Recensione Gris PlayStation 4
I vari enigmi di cui si compone Gris, però, non sono affatto impegnativi. Sappiamo benissimo che non è questo lo scopo di Nomada Studio, ne abbiamo già parlato, ma non è qualcosa che possiamo tralasciare in sede di recensione. Il titolo scorre via nelle sue (purtroppo) poche ore necessarie al completamento forse un po’ troppo velocemente, essendo davvero troppo, troppo facile. Non esisterà un singolo punto in cui vi chiederete cosa dover fare, che abilità dover utilizzare o, in generale, come proseguire. Sarà tutto molto intuitivo, molto poco ragionato. Forse un pizzico di difficoltà in più non sarebbe guastata.
Ne abbiamo già parlato, però, e lo scopo di Gris non è mettere alla prova i videogiocatori. Lo scopo di Gris è emozionare, raccontare una storia di riscatto e redenzione. La filosofia del titolo si basa sulle cinque fasi dell’accettazione del dolore descritte, con grande competenza, dalla psichiatra svizzera Elisabeth Kübler Ross. Negazione, rabbia, contrattazione, depressione sono tutti momenti che ciascun individuo deve sapere e poter affrontare nel momento di una perdita, di qualsiasi natura essa sia. La morte di una persona cara, la perdita di prospettive per il futuro, la scomparsa di una certezza che si era data per eterna. Tutte tipologie di dolore che, chi più e chi meno, arriverà a provare nel corso della vita.
Proprio come deve necessariamente farlo la nostra protagonista, che si ritrova senza più il sostegno che la sorreggeva, senza più una voce e senza più i colori che caratterizzavano il suo mondo. Un dolore improvviso la dilania, ne lacera l’esistenza, e si ritrova senza più niente e nessuno su cui poter fare affidamento, in un mondo completamente grigio. Il percorso sarà lungo, tedioso, difficile dal punto di vista emozionale ed umano. Sarà, però, un criptico percorso costellato da tante piccole vittorie, così come enormi e terrificanti sconfitte, e che alla fine di tutto porterà a ciò che stiamo davvero cercando: l’accettazione.
Una conversione da far rabbrividire – Recensione Gris PlayStation 4
Gris è sicuramente un videogioco indipendente per tanti motivi: complessità delle meccaniche molto bassa, longevità scarsa, semplicità di base. Ciò su cui Nomada Studio non si è minimamente risparmiato è il comparto estetico e sonoro. Gris è un meraviglioso acquerello in movimento, un’opera d’arte di colori, luci e sfumature. Inizialmente solo i capelli della nostra protagonista spiccheranno nel grigiore del mondo circostante, ma, man mano che andremo avanti, il tutto tornerà a colorarsi di tenui scale di rosso, blu, verde, nero. Dal tepore dell’azzurro del cielo fino al nero pece delle profondità marine, sperimentare le varie gradazioni di colore ci permetterà di conoscere man mano i vari stati d’animo della protagonista.
Se tutto ciò era vero già su Nintendo Switch ai tempi dell’originaria uscita a dicembre 2018, nella versione PlayStation 4 di cui vi stiamo parlando il tutto è accentuato dai 60 fotogrammi per secondo e le texture in 4K, se siete fieri possessori di una console Pro. E vi possiamo assicurare che il colpo d’occhio è davvero eccezionale, specialmente se ricordavate la versione per l’ibrida Nintendo. Un salto qualitativo eccezionale dato anche dalla decompressione delle soundtrack, ora più belle che mai. Violini, pianoforti e voci in cuffia sono quanto di più meraviglioso possiate pensare, considerando anche che in Gris non verrà proferita una singola parola. Solo tante, tante emozioni.
Tiriamo le somme
Non sappiamo cos’altro dirvi sul titolo, lo abbiamo analizzato sotto ogni punto di vista e angolazione. Gris è un criptico e convoluto inno al dolore e alla sofferenza, alla capacità di riscatto e redenzione, alla crescita personale dell’individuo dopo una perdita. Sebbene sia davvero troppo, troppo semplice, il viaggio che vi ritroverete a vivere è senza mezze misure emozionante, coinvolgente, destabilizzante. Gris è un’esperienza che cambierà il modo di vedere il dolore nelle persone più sensibili. Se dovete scegliere, acquistatelo su PlayStation 4, non ve ne pentirete. E se lo avete già giocato su Nintendo Switch… Non ve ne pentirete lo stesso.
Punti a favore
- Artisticamente eccezionale
- Narrativamente segnante
- Migliorie tecniche significative
- Un'esperienza, più che un videogioco
Punti a sfavore
- Semplice, troppo semplice
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