Nella seconda puntata di Life & Videogame cambieremo completamente rotta, spostandoci verso altri lidi e riprendendo in mano un titolo che non tutti di voi conosceranno: parliamo di Gris
Nel corso dei miei tanti, troppi, anni all’interno dell’industria videoludica, che sia da scrittrice o da semplice videogiocatrice, ci sono stati davvero pochissimi titoli che mi hanno segnata. Esperienze, più che videogiochi, momenti che una volta riportati alla mente suscitano ancora una profonda emozione. Vi ho già parlato di cosa è significato per me Final Fantasy VIII, questa volta voglio spostarmi di molto in avanti con gli anni, fino ad arrivare a dicembre 2018. Fino ad arrivare a Gris. Seguitemi in questo mio viaggio nell’accettazione del dolore.
Gris è un’esperienza interattiva uscita alla fine dello scorso anno su Nintendo Switch e PC, che si pone sul filone dei titoli nati da quel Journey uscito nell’ormai lontano 2012. Sviluppato da Nomada Studio ed edito da Devolver Digital, ha ottenuto il plauso e l’acclamazione sia del pubblico sia della critica, ricevendo anche il premio come miglior gioco Indie agli Italian Video Game Awards, oltre ad altre svariate nomination. Un gran bel curriculum insomma. Ma perché parlarne a distanza di un anno?
Fase 1: Negazione, rifiuto
La nostra protagonista, tanto bella quanto misteriosa, si risveglia all’interno del palmo di una mano di una gigantesca statua. Prova a cantare, con una voce alquanto meravigliosa, che si affievolisce però subito, scomparendo dopo qualche istante insieme alla mano che la sorreggeva. Il suo sostegno crolla, la sua voce sparisce e lei si ritrova catapultata in un mondo che non riconosce. Un mondo che ha perso ogni colore, un mondo per l’appunto grigio.
Nel precipitare, la nostra protagonista ha perso tutto. Un abisso di sconforto la accoglie, la avvolge, la sommerge. Il suo stesso mondo sta finendo e lacrime di dolore le bagnano il viso. Ormai incapace di comunicare, si lascia cullare dai suoni che le hanno assorbito la voce, molto simili ad un grido, un pianto. Non rimane più nulla di quel che era.
Fase 2: Rabbia – Life & Videogame 2/4
Questa caduta iniziale, però, è solo l’inizio di un viaggio non abbastanza lungo per la bellezza che regala. Un viaggio fatto di difficoltà , ostacoli, paure, ansie. Un viaggio nato dalla consapevolezza di aver perso tutto, di non aver più nulla su cui contare. Un viaggio in cui bisogna ritrovare se stessi, in primis, per poi poter iniziare a ricostruire. Un viaggio che porta a una lenta e inesorabile accettazione di ciò che è stato e non potrà più essere. Un’agonia angosciante, profonda e altrettanto prolifica.Â
L’accettazione non si matura dal nulla, infatti. L’accettazione è un processo lungo, incostante, difficile. E la nostra Gris lo sa, non si perde d’animo e prosegue. Affronta tutti quegli enigmi che le vengono posti davanti, li supera solo per ritrovarsene di fronte altri. Non è mai nulla di troppo difficile, nulla di eccessivamente complicato. Fare ogni singolo passo in più, però, costa tanto. Sacrificio, dedizione, volontà .
Fase 3: Contrattazione – Life & Videogame 2/4
La cosa più affascinante di Gris è che non vi sono dialoghi. Né scritti né parlati, nel titolo non verranno mai pronunciate parole di alcun tipo. Solo un canto strozzato, singulti e grida di dolore. Siamo ormai abituati a titoli che ci sommergono di muri e muri di testo, trame contorte, sceneggiature convolute, personaggi talmente tanto caratterizzati da sembrare vivi. Gris non è niente di tutto ciò.
Eppure, mi sento di dirlo con estrema convinzione, raramente ho empatizzato tanto con un personaggio di un videogioco come nel caso di Gris. Quando si prova dolore, non servono parole. Non danno conforto, anzi spesso lo negano e peggiorano solo la situazione. Nel dolore, il silenzio è sacro. Specialmente quando ci si ritrova soli, senza il sollievo di una persona amata e fidata, senza il conforto e il calore di un abbraccio, il silenzio è catartico. È necessario, è salvifico. Al contempo, può trascinare in un baratro sempre più profondo.
Fase 4: Depressione – Life & Videogame 2/4
Il baratro della nostra protagonista si districa in un oceano senza fine, profondo esattamente come il suo dolore. Non sono bastate tutte le abilità imparate nel lungo percorso che l’ha portata dov’è ora arrivata. Saltare più in alto, planare più in lungo, saper risvegliare la bellezza dei fiori con un flebile canto che mai potrà vagamente assomigliare a quel che era in principio. Nulla, nulla di tutto ciò riesce a farle risalire quel profondo tunnel di angoscia in cui infine è incappata.
Buio, disperazione, solitudine. Un vuoto senza fine. Nessuno su cui contare, solo se stessa. Solo lei sa, però, cos’è il riscatto. E lo dimostra, con dignità e fervore, dimostra cosa vuol dire riprendere in mano la sua stessa esistenza, ricomporla, aggiustarla. Riappropriarsi di tutti i pezzi del puzzle che si erano sparsi, ricomporli e donar loro nuova luce, formare una nuova immagine. Un’immagine che mai sarà uguale all’originale, ma può diventare qualcosa in più. Inizia quindi la risalita, inizia l’accettazione.
Fase 5: AccettazioneÂ
Gris è il manuale di come si disegna un videogioco nell’era moderna in grado di far semplicemente emozionare. Non serve necessariamente la sfida, l’intreccio e la difficoltà eccessiva. I vari puzzle di cui è composto il gioco sono semplici ed intuitivi, non vi servirà che una manciata di ore per portarlo a termine senza mai dovervi fermare a chiedere “cosa dovrò fare qui?”.
Non era questo lo scopo di Nomada Studio, né tantomeno deve essere il vostro se volete approcciarvi a Gris. Imparate a leggere fra le righe delle opere che non si vogliono porre come videogiochi classici. Imparate a togliervi dalla testa che per avere a che fare con un capolavoro bisogna avere la grafica, la sceneggiatura, il comparto sonoro d’eccellenza. Sono tutti nodi fondamentali, assolutamente, non sarei una persona che, seppur per passione, recensisce e parla di videogiochi.
Esistono titoli, però, che vogliono e sanno andare oltre. Gris è un criptico e convoluto inno al dolore, alla sofferenza e alla capacità di accettarsi. Di sapersi ricostruire passo per passo, enigma per enigma, colore per colore. Di saper riconquistare tutto ciò si è perduto. Di ridare colore alla propria vita e voce alla propria anima. Affinché il grigio non sia più il mio colore.
Lascia un commento