Possono i videogiochi trattare argomenti relativi alla mafia in modo efficace? In questo speciale proveremo a rispondere a questo rimarchevole interrogativo
L’idea dello speciale che state leggendo nasce spontanea da premesse candidamente semplici: possono i videogiochi trattare efficacemente argomenti, come quelli relativi alla mafia, che esulano dal mero intrattenimento? E se così fosse, possono i videogiochi farlo in modo più incisivo rispetto agli altri media che storicamente si sono occupati di tali fatti?
Rispondere a questi interrogativi implicherà una riflessione e una disamina di ampio respiro sul medium videoludico stesso, sulla sua portata, sul suo target e la sua stessa multiforme identità . Già da questi sommari stralci introduttivi emerge, nella sua limpidezza, il fatto che le suddette premesse sono tanto semplici quanto, ad onor del vero, gravose e meritevoli, forse, più di un semplice articolo e di un solo scrivente.
Quest’ultima è la ragione che ci porterà sovente a citare nel corso della presente trattazione l’opera del Dott. Luca Federici, già Brand Ambassador per Sony PlayStation e attualmente candidato al Legum Magister in Law of Internet Technology dell’Università Bocconi, dal titolo “Mafia e mafie: Cosa nostra e la dote vincente” pubblicata nel 2018 e attualmente disponibile su Amazon.
Il suddetto testo analizza, con formidabile lucidità di analisi e dovizia di fonti, il fenomeno mafioso e proprio al suo interno racchiude un capitolo incentrato specificamente sul binomio mafia e videogiochi. L’estratto ci fornirà un prezioso aiuto e una fonte irrinunciabile per la nostra dissertazione che altrimenti risulterebbe senz’altro più arida e circoscritta.
Il MediumÂ
Non si potrebbe disquisire di mafia e videogiochi appropriatamente senza prima soffermarsi, in primis, sull’identità stessa del medium videoludico. Questo perché, essenzialmente, qualsiasi medium si utilizzi per trattare un dato argomento, sarà esso stesso a dare forma all’argomento trattato e non solo viceversa come invece, erroneamente, si sarebbe portati a credere. L’argomento, pertanto, entra nel medium ma anche quest’ultimo, per forza di cose, entra nell’argomento stesso, lo compenetra e dona ad esso nuove sembianze, diverse da quelle che caratterizzano l’argomento nel suo aspetto reale.
Come brillantemente sottolineato dal Dott. Luca Federici nel suo studio, il ritratto che i videogiochi, storicamente, hanno tratteggiato dell’associazionismo mafioso, differisce, in parte, dalle reali fattezze dell’associazionismo stesso. Ciò, nondimeno non implica che i videogiochi non possano parlare di mafia in modo appropriato ed efficace.
Vedremo, a ragion di questo che ciò è in realtà già avvenuto proprio con la serie Mafia di 2K Czech e Hangar 13. In particolare, la prima iterazione di questa popolare saga crime e il rispettivo rifacimento, uscito proprio nell’anno corrente, sono quelli che probabilmente hanno trattato di mafia nel modo più potente e parzialmente consono alla tragica realtà dei fatti.
Si è appena usato l’aggettivo “potente” per descrivere la capacità comunicativa dei videogiochi. Con potente, in questo caso, facciamo riferimento alle caratteristiche di immersività e coinvolgimento che questo medium ha congenite nella sua stessa natura in quanto i videogiochi sono il primo ed unico medium interattivo. Differentemente, quindi, dagli altri media che pongono il fruitore in un ruolo prettamente passivo, il videogioco riserva invece ad esso un certo grado di attività .
Come poi del resto si nota in titoli quali il recentissimo Cyberpunk 2077, tanto per fare il nome più roboante, la tendenza attuale dell’industria videoludica sembra essere proprio quella di immergere sempre più il giocatore rendendolo parte attiva della storia e capace di dare forma il prima persona al proprio destino mediante scelte multiple nei dialoghi e finali alternativi. A pensarci, poi, questo intero discorso stesso è simboleggiato inequivocabilmente dalla visuale di gioco in prima persona, da sempre diffusissima.
È certamente vero, oltretutto, che il medium videogioco non rifiuta il linguaggio degli altri media e anzi, lo fa proprio di frequente, in modo particolare quello del cinema. Il videogioco, tuttavia, rimane l’unico a permettere la sovrapposizione tra noi stessi, i giocatori, e i protagonisti fittizi degli eventi rappresentati. Questa considerazione, banale di primo acchitto, ha invece conseguenze estreme che forse solo chi ha avuto modo di approcciare, pad alla mano, alla realtà virtuale videoludica è in grado di comprendere a pieno.
La trattazione di argomento mafioso e criminale, nel corso del tempo, si è appoggiata a diversi media e, la nostra tesi, è che il videogioco potrebbe, proprio in ragione della sua interattività e della sua poliedricità , essere quello “definitivo” o quantomeno il più completo. Questo perché, in film e nei libri, assistiamo o leggiamo di mafiosi che fanno qualcosa, nel videogioco, al contrario, siamo, spesso, noi stessi i mafiosi ad agire e portando a compimento i compiti assegnati ci rediamo conto in modo folgorante delle conseguenze tragiche e nefaste delle azioni compiute.
In virtù di questo, dunque, il videogioco, a scanso di qualsiasi velleità di intrattenimento, si fa educativo. Tanto più che, come dimostrato da vari studi, e dallo stesso Federici, la platea a cui il videogioco tende a rivolgersi è quella giovane a cui altri media stentano ad arrivare. Questo target, altresì, si è dilatato sempre più nel tempo divenendo sempre più numeroso e arrivando ad includere un pubblico sempre più eterogeneo per età , grazie anche ai titoli di cui si vedrà al prossimo paragrafo.
Mafia vs. GTA, associazionismo mafioso vs. gangsterismo – Mafia e videogiochi
C’è stato un tempo in cui i videogiochi erano solo roba di pupazzetti animati che saltavano da un punto ad un altro per il diletto dei bambini. Siamo nel 2020 e, almeno in questo, possiamo finalmente dire che tutto è cambiato. Non fraintendete questa considerazione. Non è nostra intenzione dire con questo che non ci sia più bisogno di Mario, Sackboy, Kirby e quant’altro. Ci sarà sempre bisogno di spensieratezza, intrattenimento e diletto, quant’è vero il mondo.
Quello che a chi scrive preme ribadire è che una data forma comunicativa, come appunto il medium videoludico, per essere considerata completa, deve essere in grado di trattare adeguatamente ogni sorta di materia e argomentazione. Il videogioco, a partire forse dagli anni Novanta, ci ha, piuttosto prepotentemente, dimostrato di riuscire prodigiosamente in questo proposito.Â
Nel corso degli anni, i “contenuti maturi” si sono fatti parte sempre più intrinseca della narrazione dei videogiochi. Insomma, abbiamo avuto nel tempo Red Dead Redemption, The Last of Us, Wolfenstein, Days Gone, This War of Mine e tanti altri titoli ancora che hanno saputo urlare al mondo che il medium stesso si era fatto maturo e completo in ogni sua sfaccettatura.
Per le finalità della nostra discussione, di questa nutrita schiera videoludica, scegliamo di porre sotto la lente dell’approfondimento critico Grand Theft Auto e la serie Mafia proprio per l’approccio mostrato nei confronti dell’associazionismo criminale. Prima di fare questo, tuttavia, sarà opportuno proporre una distinzione all’interno di questa categoria. Ci rifacciamo qui alle parole del Dott. Luca Federici:
La mafia è intrinsecamente una criminalità anche da e di salotto. Il gangsterismo, invece, è una pervicace forma delinquenziale sì organizzata ma proveniente dalla strada; esso nasce, si radica e prospera ai margini della società .Â
Ecco, dunque, che la serie Mafia è espressione della prima, laddove Grand Theft Auto, lo è della seconda. Va, tuttavia, puntualizzato, ad onor del vero che anche Mafia, nel ritrarre la fenomenologia criminale della quale porta il nome, confonde a volte i due concetti tendendo a rendere sfumati e evanescenti i confini logici delle due realtà . Queste ultime, nella “real-life” sono invece sempre diversificate e il gangsterismo, anche quando si fa ricco e vuole debuttare in società “non possiede quell’alfabeto che gli permette di essere apertamente accolto dai colletti bianchi” (Luca Federici).
L’accettazione da parte dei “colletti bianchi” al contrario, com’è tristemente noto, la mafia, al contrario, l’ha avuta eccome, e come si vedrà nel prossimo paragrafo, tra tutti i videogiochi, quello che porta il nome stesso di questo tipo di associazionismo è lo stesso ad aver più icasticamente denotato questo punto.
La realtà compenetra il fittizio – Mafia e videogiochi
Perché, tra tutti i videogiochi Mafia: The City of Lost Heaven e il suo rifacimento, Mafia Definitive Edition sono verosimilmente le fonti videoludiche più adeguate quando ci si propone di esaminare in che modo il fenomeno mafioso ha compenetrato il medium in questione? A dire il vero, a questo interrogativo si potrebbe effettivamente rispondere con una pletora di esempi. Il testo del Dott. Federici, a cui ci riallacciamo, li propone pressoché tutti e vi rimandiamo certamente ad esso qualora desideriate approfondirli.Â
Quello di cui qui parleremo è forse il più lampante ed è rappresentato dal personaggio di Frank Colletti. Frank, il braccio destro di Don Salieri, il boss per cui il protagonista del primo Mafia “lavora”, è il ponte tra la mafia e l’autorità garante della legge a Lost Haven. In altre parole, Frank è quello che non si sporca le mani e valuta con diligenza da impiegato le mosse della “Famiglia“. In esso, è rappresentata efficacemente la connivenza tra “Stato” e “mafia”. La criminalità “da salotto” di cui si accennava pocanzi.
Un personaggio come Frank è assente in tante altre espressioni del crime videoludico ed è la vera feature che permette a Mafia: The City of Lost Heaven e Mafia Definitive Edition di spiccare in questo senso. Laddove il crime dei videogiochi spinge a massacrare tutto e tutti e alla prima necessità , Mafia, tramite Frank, ci mostra invece che bisogna cercare di non pestare i piedi alle autorità : “Non pestare i piedi agli sbirri, noi li paghiamo“.Â
In questo il primo Mafia si avvicina decisamente alla realtà dell’associazionismo mafioso tangibile. Mafia ci mostra, in sostanza, che l’autorità della legge convive, coesiste ed è complice di quella mafiosa. Insomma, col pad in mano e fin dai primi minuti di gioco si avverte fortissimo la sensazione di essere entrati in una dimensione fetida, marcia e corrotta, come carne in putrefazione, in ogni sua sfaccettatura. Questa è la bomba lanciata dal primo Mafia. Qualcosa che spesso non si avverte giocando un qualsiasi GTA, in cui a trapelare è invece forse la follia, l’insensatezza generalizzata e lo squallore congeniti nell’animo umano.Â
CannibalismoÂ
In cos’altro Mafia: The City of Lost Heaven e Mafia Definitive Edition possono essere considerati i più, perdonate il necessario gioco di parole, “mafiosi” tra i videogiochi? Nella fredda morale del loro racconto, ovvio. Se i due titoli fossero due insegnanti la lezione che ci avrebbero impartito, alla fine della fiera, sarebbe che prima o poi la legge della mafia si scontra con i naturali valori e aspirazioni dell’uomo. Perché? Perché la legge della mafia è legge individuale, egoistica del singolo e si sa, homo hominis lupus.Â
Per tutto il corso della vicenda a schermo, i personaggi, da Paulie, a Tommy Angelo, allo stesso Frank, si trovano a sperimentare che i loro ideali, valori e aspirazioni, alla fine cozzano con quelli dell’inflessibile legge mafiosa. Volenti o nolenti il proprio personale anelito, la voglia di mettere su famiglia (la famiglia di sangue, non quella mafiosa), e il desiderio di indipendenza si infrangono sullo scoglio della direttiva della cosca. Si infrangono perché la cosca è semplicemente più forte del singolo e sempre con le orecchie tese a recepire il più infinitesimale segno di dissenso.
La mafia, peraltro, è come uno di quei gruppi di insetti in cui si collabora ma all’occorrenza ci si cannibalizza fino a quando a rimanerne è solo uno, il più forte. Il videogioco ce lo mostra bene con l’esempio di Don Salieri e Morello che “cannibalizzano” il loro boss “Don Peppone” e successivamente provano a cannibalizzarsi l’un l’altro, perché si sa, la mafia è la rappresentazione più efficace della fenomenologia del potere che si alimenta di potere fino a non averne mai abbastanza.
Quello di Mafia è un finale tragico, non potrebbe essere altrimenti, e catartico. Ci mostra in definitiva la storia di un uomo che ha osato anteporre la famiglia alla Famiglia. Errore imperdonabile per la mentalità della cosca. In definitiva, censurando questo tipo di videogiochi, come in passato si è fatto o si è cercato di fare, ci saremmo persi questa brutale lezione, potente, forse più, di qualsiasi libro o film.
Vi ringraziamo per aver dedicato tempo alla lettura di questo speciale su mafia e videogiochi. Restate sintonizzati su tuttoteK per tutte le notizie e le curiosità dal mondo del gaming e non solo.
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