Esistono esperienze difficili da raccontare, ma in questa recensione di When the Past was Around tenteremo di dare un senso logico alle emozioni che il titolo di Mojiken ci ha suscitato
Chi bazzica nell’industria e chi scrive, che sia per passione o per lavoro, di videogiochi lo sa: spesso, assegnare un voto a un videogioco può essere dannatamente difficile. In realtà, spesso è anche e soprattutto difficile iniziare a parlarne, di un videogioco. E non capita esclusivamente con i titoli più grandi, con quelli che hanno una maggiore attenzione mediatica o su cui sono praticamente puntati gli occhi di tutti. Spesso, è difficile anche parlare di videogiochi che se ne stanno per i fatti loro, al margine, senza attirare gli sguardi indiscreti di chi cerca il Cyberpunk 2077 o il The Last of Us Part II di turno. Ci sono titoli, ad esempio, come Gris, che narra un’esperienza comune in modo sublime. Ci sono titoli come When the past was around, che tenta di fare lo stesso seppur sotto un’altra luce.
Prologo
Sviluppato da Mojiken e pubblicato da Toge Productions, When the past was around è un’avventura punta e clicca uscita recentemente su PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch, Mac e PC (via Steam) che ha saputo conquistarci sin dal primo trailer di presentazione. Un titolo semplice, estremamente breve e che non punta a far parlare di sé. Un titolo che ha come unico e semplice scopo quello di raccontare una storia, seppur in modo criptico e non concreto. Un titolo che vuole lasciare in messaggio e che, per farlo, non utilizza alcun tipo di parola. A parlare, nel titolo di Mojiken, sarà la musica. Benvenuti nella recensione di When the past was around.
Quando la porta si aprì – Recensione When the Past was Around
Eda è la nostra protagonista: una dolce e carina ragazza, violinista, dedita all’arte e alla sua espressione nella forma della musica. Eda ha sempre suonato, vuoi perché spinta dai genitori, vuoi perché veramente appassionata. Col tempo, però, il fuoco del violino si è andato spegnendo e la giovane fanciulla si è trovata senza più ispirazione, senza più desiderio. Questo, almeno, finché non ha incontrato un altro giovane violinista dalla testa di gufo. Non sappiamo se i ragazzi di Mojiken lo abbiano rappresentato così per rendere il tutto più onirico o, semplicemente, per non dare una vera e propria sembianza al ragazzo.
La loro storia nasce quindi così e si sviluppa in modi inaspettati, seppur molto telefonati sin dalle prime battute di gioco. Non è difficile, infatti, capire dove lo studio voglia andare a parare, ma fa ugualmente male arrivare alla fine nell’arco di quelle due ore, al massimo, che impiegherete per farlo. La storia di Eda e del signor Gufo non è una storia felice, ma è una storia di vita. Una come tante altre, come potrebbe accadere a chiunque di noi. Siamo troppo spesso, infatti, impegnati a riempirci la bocca di parole come “sempre” o “mai”, dimenticandoci che la vita potrebbe prendere strade e direzioni completamente inaspettate.
Quando ti trovai – Recensione When the Past was Around
Così come è successo a Eda, che si è ritrovata, nell’arco di un breve periodo, a dover ricomporre la sua stessa esistenza, mettendo da parte tutto ciò che era stato fino ad allora. Il tema principale di When the past was around è esattamente questo: imparare a lasciar andare. Lasciare andare persone, situazioni, stili di vita, emozioni che ci sembravano inossidabili nel tempo, ma che invece sanno solo lasciare ricordi agrodolci in un angolo della nostra memoria. Ricordi che potremo richiamare ogni volta che vorremo, certamente, ma che inesorabilmente non fanno più parte della nostra quotidianità.
When the past was around è, come abbiamo detto in apertura, un’avventura grafica punta e clicca dalla durata di massimo un paio d’ore, variabile in base alla vostra abilità nella risoluzione degli enigmi. A differenza dei classici del genere, però, Eda non si muoverà all’interno degli scenari, ma anzi aspetterà che il giocatore stesso risolva il puzzle che le permetterà di proseguire nell’ambiente successivo.
Quando stavamo insieme – Recensione When the Past was Around
Per quel che riguarda gli enigmi, non abbiamo trovato particolare difficoltà nella risoluzione. Saranno tutti di intuizione piuttosto semplice e solo in un caso ci siamo ritrovati a dover rigirare più volte nelle varie stanze alla ricerca del prompt mancante. Nulla di particolarmente complicato, comunque, e dovrete solo aguzzare leggermente la vista o l’ingegno, a seconda dei casi. Una piccola pecca è la precisione degli hotspot con cui interagire, che spesso risultano poco definiti. Questo specialmente in modalità portatile su Nintendo Switch, console sulla quale abbiamo giocato When the past was around per questa recensione, e nella quale potrete sfruttare il touchscreen della console per immettere i comandi.
In basso nello schermo troverete l’inventario di Eda, in cui raccoglierete gli oggetti necessari al completamento degli enigmi e che potrete richiamare nelle varie stanze, magari utilizzandoli anche più volte. Semplici e intuitivi, gli enigmi vanno via via scemando un po’ di brillantezza nelle fasi finali, risultando essere, in alcuni casi, un po’ troppo ripetitivi e poco interessanti.
Quando arrivò il giorno – Recensione When the Past was Around
Quel che colpisce di When the past was around è sicuramente il comparto tecnico. Il titolo di Mojiken è completamente disegnato a mano dalla prima scena all’ultima, con una palette di colori tenui e caldi. Saranno proprio i colori i protagonisti del titolo, andando a marcare ogni momento della storia di Eda e del Gufo con tonalità sempre differenti in base al momento che stanno vivendo. La gioia sarà rappresentata con colori brillanti ed estivi, la sofferenza li farà sprofondare nel più cupo degli abissi del mare. Una vera e propria gioia per gli occhi, When the past was around, che sa dipingere sia interni sia esterni con una maestria senza pari, lasciandoci, alla fine delle due ore, con la voglia di veder di nuovo quelle scene magari dipinte in un libro.
Altro punto di forza e colonna portante della produzione di Mojiken è, ovviamente, la colonna sonora. Composta dal maestro Masdito “ittou” Bachtiar, la soundtrack è il cuore pulsante di When the past was around. Tutto inizia e finisce con la musica. I brani sono quasi interamente suonati con il violino, simbolo dell’amore fra Eda e il Gufo, e sanno accompagnare ogni scena, ogni momento, ogni gioia e ogni dolore con sapienza, dolcezza e tatto. È difficile spiegare a parole le sensazioni e i brividi che ogni singola nota ha saputo lasciarci.
Quando il passato era in giro
Terminiamo questa recensione di When the past was around con un consiglio: buttate via l’idea che un titolo di breve durata debba necessariamente essere insufficiente. Non è giusto valutare un’opera di intrattenimento in base al mero numero che compare nel vostro file di salvataggio. Ci sono esperienze, seppur brevi, che sanno narrare con maestria e dolcezza una storia che chiunque di noi potrebbe ritrovarsi a vivere. Perché chiunque di noi è portato a credere che la vita che sta vivendo in quell’esatto momento non è destinata a cambiare. Che la felicità sia eterna, che la tranquillità rimanga negli anni. Così non è. Un semplice momento può stravolgere le nostre esistenze con la forza di un’esplosione, scaraventandoci a terra, incapaci di reagire. Bisogna, però, imparare a reagire. Bisogna imparare a lasciar andare.
Punti a favore
- Artisticamente delizioso
- Colonna sonora toccante
- Storia semplice, ma d'impatto
Punti a sfavore
- Enigmi via via meno brillanti
- Qualche difetto nell'input dei comandi
- Forse troppo criptico
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