Il Signore degli Anelli è tra le opere letterarie più famose di sempre, ma prima della trilogia di Jackson vi era un cartone animato del quale parleremo in una recensione di oggi
TITOLO ORIGINALE: The Lord of the Rings. GENERE: Fantasy. NAZIONE: Regno Unito. REGIA: Ralph Bakshi. DURATA: 132 minuti. DISTRIBUTORE IN ITALIANO: United Artists. USCITA: 1978.
Era il 1978 e finalmente, dopo anni di rimbalzi, cancellazioni e rinvii, l’opera di J. R. R. Tolkien vede la luce su pellicola nelle vesti di un cartone animato. Ma non era un cartone come tanti altri visto l’utilizzo della tecnica del rotoscoping e la regia di Ralph Bakshi.
Un regista decisamente controcorrente che aveva già esordito alla regia con la satira sociale e politica di Fritz il Gatto (1972) e che, nei suoi lavori successivi, non ha mai risparmiato feroci critiche al razzismo ed alla società moderna con le sue numerose contraddizioni.
Per portare alla luce l’immensa opera del Professore, Bakshi ha dunque optato per la tecnica del rotoscope che riesce a far “combaciare”, più o meno, figure umane ed animato allo stesso tempo. Il regista stesso l’ha poi utilizzata più volte nel corso delle sue opere, ma per arrivare ad una effettiva interazione tra carne e disegni, si sarebbe dovuto attendere il 1992 con il deludente Fuga dal mondo dei sogni.
Ad ogni modo, Il Signore degli Anelli è costato circa 4 milioni di dollari e “l’esperimento” di Bakshi ne incassò più di 30 ricevendo anche la nomination per l’Hugo e per il Saturn Award. Certo, briciole rispetto al successo planetario di Peter Jackson, ma per una volta non parleremo di lui. Un lungometraggio animato ibrido, dicevo, che ha diviso la critica ed i fan tra chi lo inneggia e chi lo rinnega, ma che poi si è perduto nel tempo come l’Anello prima di venir ritrovato da due hobbit pescatori.
La trama de Il Signore degli Anelli versione animata | Gli imperdibili dell’animazione
In un passato molto, molto, remoto, grandi artigiani del ferro forgiarono magici anelli. Nove erano per gli uomini, sette per i nani e tre per i re degli elfi. Ma ad un certo punto, il Maligno apprese la tecnica di forgiare il ferro e fabbricò il più forte degli anelli. Quello che avrebbe dominato gli altri
Con questo prologo su sfondo rosso, delle figure nere raffigurano la genesi dell’Anello e la sua conseguente guerra e declino fino al ritrovamento, dopo anni di oblio, da parte di Sméagol e del suo sfortunato cugino Déagol in occasione di una giornata di pesca sul fiume Anduin.
Lì Sméagol ucciderà il cugino asserendo che voleva l’Anello solo per lui visto che era il suo compleanno, la sua influenza già si faceva vedere, per poi essere cacciato dalla sua stessa gente adottando il nome di Gollum, una sorta di soprannome che gli venne conferito per i suoi versi gutturali, durante l’esilio nelle montagne.
Tra fredde pietre e malvagi goblin, l’Anello verrà trovato dal prode Bilbo Baggins (protagonista de Lo Hobbit) che lo userà per fuggire da un Gollum furioso per aver perso una sfida agli indovinelli. Per riassumervi bene Lo Hobbit vi consiglio di recuperare la sua versione a fumetti edita da Bompiani. Gli anni passano tranquilli nella Contea e Bilbo trascorre una lunghissima vita piena di comodità e spensieratezza grazie anche alla presenza del “nipote” Frodo, ma l’ombra di Sauron è tornata per far tremare la Terra di Mezzo e lo stregone Gandalf lo sa bene.
L’Anello va assolutamente distrutto e toccherà alla Compagnia dell’Anello imbarcarsi in questa folle impresa lungo i territori incantati e le misteriose creature che popolano la Terra di Mezzo. Naturalmente questa è una descrizione molto riduttiva della trama, ma ritengo che più del 90% di voi la conosca bene e quindi direi di procedere con l’analisi del film di Bakshi che, purtroppo, fa terminare le sue vicende dopo la vittoria al Fosso di Helm lasciando spazio per un sequel mai realizzato.
Ovviamente ad esclusione di The Return of the King del 1980, film d’animazione per la televisione inglese realizzato dagli stessi autori della versione animata del Lo Hobbit (1977). Ma torniamo a Bakshi!
Una genesi travagliata | Gli imperdibili dell’animazione
È innegabile che il Signore degli Anelli abbia visto numerosi tentativi di trasposizione come testimonia quello, mai andato in porto, del 1967. Pare infatti che Stanley Kubrick volesse girare un film basato sull’opera di Tolkien con protagonisti i Beatles! Chissà come sarebbe venuto, non lo sapremo mai, ma sappiamo comunque che la United Artists ha acquistato i diritti del libro per poco più di 100.000 sterline nel 1969 affidando la regia a John Boorman (Un tranquillo weekend di paura, Excalibur e Il sarto di Panama tra i vari) che avrebbe scritto la sceneggiatura assieme a Rospo Pallenberg.
Purtroppo questa era molto diversa dal libro, per non dire controversa, visto che, pare, dovesse esserci anche una scena di sesso tra Galadriel e Frodo. A questo aggiungiamo il fatto che non ci fosse neanche troppo budget per le altre idee di Boorman ed il regista venne licenziato. Riprenderà comunque parte delle sue idee per Excalibur del 1981.
Da lì passò un po’ di tempo e, finalmente, la palla passò a Bankshi che aveva già in mente alcune idee ormai da anni. Questa volta la sceneggiatura venne affidata a Chris Conkling ed allo scrittore di fantasy Peter S. Beagle che, assieme al regista, optarono per una narrazione più fedele all’opera di Tolkien.
Le musiche vennero invece affidate al compositore statunitense Leonard Rosenman (Gioventù bruciata, L’inferno è per gli eroi, Un uomo chiamato Cavallo e Barry Lyndon tra i vari) il cui risultato finale fu, sicuramente, meno epico rispetto a quelle di Howard Shore, ma ben orchestrate e con molte parti folk e medievaleggianti. Le canzoni cantate dagli stessi personaggi hanno poi fatto il resto, tenete poi conto che il libro è pieno di poesie e canti, contribuendo a mantenere un’atmosfera molto più fiabesca e fedele all’opera letteraria.
Un personaggio che incarna bene questa fedeltà è sicuramente il prode Aragorn che si presenta come un uomo di mezza età, anche se è più vecchio, di aspetto un po’ trasandato e con una spada rotta. Inoltre, a Colle Vento, narra ai piccoli hobbit la storia di Beren e Lúthien.
Le pecche ne Il Signore degli Anelli | Gli imperdibili dell’animazione
Purtroppo il rotoscope non è che funzionasse proprio bene in tutte le scene, ad eccezion fatta per il prologo, gli interventi degli Spettri dell’Anello e pochi combattimenti, e sono ben due gli antagonisti che ne hanno “sofferto” di più. Nel prologo compare l’ombra di Gollum, ma è estremamente “pupazzosa” e fin troppo goffa. Inoltre anche il Balrog delle Miniere di Moria è poco più che un uomo in costume vestito da diavolo, un vero peccato.
Sempre a Moria l’effetto conferito alle ferite da spada sembra poco più che un disegno fatto su una fotografia, ma almeno le sequenze con i Nazgûl, soprattutto animate, sono degne di nota e trasmettono la giusta inquietudine.
Un altro elemento che fa un po’ storcere il naso è sicuramente un Sam che risulta fin troppo comico e goffo, nel libro e nei film è praticamente una macchina da guerra, ma forse è anche “colpa” del doppiaggio italiano. Tra pronunce inglesi, ad esempio Underhill al posto di Sottocolle, ed altre in lingua elfica o in comune a volte dubbie, fa comunque un buon lavoro ad eccezione di qualche momento più debole.
Ma forse le pecche più grandi sono il passare inclemente del tempo, non è che la pellicola sia invecchiata benissimo, ed il fatto che si interrompa poco dopo la battaglia al Fosso di Helm. Una battaglia che sarebbe potuta essere magistrale, epica, con nugoli di frecce nel cielo, armi che cozzavano, grida dei capitani per sopraffare il clangore delle armi, ma il rotoscope non perdona. Così va a volte.
Le similitudini con l’opera di Peter Jackson | Gli imperdibili dell’animazione
Naturalmente Peter Jackson venne notevolmente influenzato dall’opera di Bakshi e, come lui, decise di tagliare alcune parti ed ispirarsi direttamente alle soluzioni registiche utilizzate nel lungometraggio animato. Una su tutti è il prologo che, nonostante alcune pecche del rotoscope, funziona molto bene come introduzione alle vicende per lo spettatore e spiega sin da subito la genesi di Gollum (cosa che Jackson lascerà a Il Ritorno del Re).
Ad esempio quando Bilbo nomina i cognomi di amici e parenti al suo 111esimo compleanno ed un hobbit coi piedi sul tavolo non manca di far sentire la sua correzione, quando i quattro hobbit si nascondono dal Nazgûl sotto le radici di un grosso albero nel bosco, quando l’Anello “cade” sul dito di Frodo oppure quando i Nazgûl sventrano i letti a colpi di spada.
Tra i tagli che entrambi i registi hanno adottato, vanno assolutamente citati quelli relativi ai personaggi di Fredegario Bolgeri detto “Grassotto” e Tom Bombadil. Inoltre il piccolo gruppo di hobbit sembra saltare a piè pari alcuni capitoli del libro come Una scorciatoia che porta ai funghi, Una congiura smascherata, La vecchia foresta, Nella casa di Tom Bombadil e Nebbia sui Tumulilande per citarne alcuni.
Conclusioni ed eredità dell’Anello
Il Signore degli Anelli è ben più di un semplice libro e lo sanno benissimo le migliaia di appassionati in giro per il mondo che, nelle opere di Tolkien, hanno trovato un mondo di avventure appassionanti, lingue antiche e personaggi immortali. L’influenza che ha avuto sulla fantasia e sulla creatività generale è poi equiparabile alla forza del Monte Fato che erutta e lo sanno band che si sono battezzate come alcuni luoghi o personaggi del libro, vedi Rivendell, Cirith Ungol, Burzum o Isengard per esempio, o altre che hanno citato alcuni suoi passaggi nelle loro canzoni, Blind Guardian, Led Zeppelin, Rush, Wind Rose e così via.
In conclusione, il cartone de Il Signore degli Anelli lungamente descritto in questa retro – recensione ha subito sì il colpo del tempo, ma sono sicuro che gli appassionati vorranno concedergli una seconda chance soprattutto perché molte idee e soluzioni erano veramente azzeccate. Riguardatevelo dunque con un occhio meno critico e più sognante ricordando quando, da piccoli, vi raccontavano le favole prima di addormentarvi oppure quando avete sfogliato per la prima volta le pagine di quel caro librone.
A questo punto bisognerebbe mettere una chiusura degna di nota che riassume tutto in poche parole, ma forse è meglio lasciarci con un degno saluto in quenya, “elen síla lúmenn’omentielvo”. Ci rivediamo presto su tuttoteK!
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