Mentre mi ritrovo a decidere come iniziare questo nuovo articolo, mi rendo conto che, in ogni caso, ciò che avremo fra le mani sarà qualcosa molto più vicino a un racconto di vita (videoludica) piuttosto che un’analisi tecnica di un gioco. Non che non sia già successo con altri numeri di questa rubrica, ma forse questa volta sarà ancora più forte
Quando devo decidere cosa scrivere, ho vari metodi per cercare un argomento. Fisso i giochi che possiedo, ripenso a esperienze passate, o butto un occhio a ciò che ho già scritto per essere certo di non proporre analisi troppo simili alle precedenti. Alle volte capita però che tutto parta da un’emozione, una sensazione o anche solo da una voglia: il desiderio momentaneo, spesso estremamente effimero, di giocare a qualcosa di specifico.
Mi è capitato, alcuni giorni fa, di passare una brutta giornata. Nulla di particolare o fuori dall’ordinario. Semplicemente, era una di quelle “giornate no” in cui ti senti un po’ pessimista, senza che sia successo nulla di grave. In quel momento, ho proprio avuto voglia di inserire il disco di Kingdom Hearts 2.5 HD ReMix e giocare a Kingdom Hearts 2 Final Mix. Per una serie di motivi, non l’ho fatto. Il momento di sconforto è scivolato via come una foglia trasportata da un fiumiciattolo pigro e ho fatto altro.
Ripensando a quel momento, però, mi sono chiesto perché proprio Kingdom Hearts 2: sì, certo, è un gioco che adoro, probabilmente il mio preferito in assoluto se dovessi sceglierne uno (e odio farlo), ma non mi bastava. Volevo una spiegazione un po’ più profonda. E, dopo averci pensato un poco, ho individuato un’emozione che potrei cristallizzare con la seguente frase: “È come ritornare a casa”.
Ma lo è davvero? E cosa significa veramente? Voglio scoprirlo. Proprio nel momento in cui scrivo. Per voi passerà solo il tempo per scorrere oltre l’immagine, per me, invece, alcuni giorni per dedicare un po’ di ore al gioco.
Scopriamolo: è come ritornare a casa?
Kingdom Hearts 2: le origini
Kingdom Hearts 2 dissipa l’oscurità dei nostri cuori nel 2006 su PS2. Seguito di Kingdom Hearts (PS2) e Kingdom Hearts Chain of Memories (GBA), KH2 prosegue le vicende di Sora, Paperino e Pippo. Stiamo parlando di un action-rpg, con un livello di difficoltà generalmente basso. La saga nasce, come avrete capito, da un mix di personaggi originali, mondi Disney e una spruzzata di Final Fantasy (Cloud, Tifa, Squall, Yuffie e altri appariranno come supporto, o avversario, al nostro protagonista). La storia ruota attorno a un universo diviso tra luce e oscurità. Sora sarà dotato del Keyblade, un’arma dai grandi poteri.
Kingdom Hearts 2: il ritorno
Indipendentemente da quale sarà la risposta alla domanda iniziale, di certo il mio è stato un qualche tipo di ritorno. Per iniziare, anche solo l’accensione della PS3 è qualcosa che non avveniva da tempo (nello specifico dallo scorso autunno, quando rigiocai per l’ennesima volta Kingdom Hearts Birth by Sleep Final Mix… oh, è un bella saga, che ci posso fare?). Kingdom Hearts 2 Final Mix non veniva avviato dai tempi in cui lo platinai, nel dicembre 2014.
Devo dire però che non mi sono sentito troppo estraniato in questo procedimento: la dashboard di PS3 mi è ancora familiare e cara. Ho provato solo un po’ di malinconia nel vedere i giochi istallati sull’HDD che nel primo anno di PS4 (causa limitato numero di opere per me interessanti) ancora venivano avviati a cadenza regolare. Bioshock Infinite e Call of Juarez Gunslingers sono stati rigiocati almeno sei o sette volte, anche dopo l’ottenimento di tutti i trofei.
Kingdom Hearts 2: inserito il disco, emergono le emozioni
Viene il momento in cui, però, si deve inserire il disco e cominciare a fare i conti con il vero problema che ci siamo posti. Selezioniamo KH2 nella lista dei titoli giocabili e via. Già solo il menù iniziale, modificato dall’aver già completato il gioco, colpisce al cuore. Premiamo però Nuova Partita alla svelta e scegliamo la difficoltà Standard (la seconda su quattro).
Il filmato iniziale comincia a scorrere: si tratta di un video musicale (Sanctuary, qui potete vederlo) che ha anche lo scopo di farti un riassunto delle vicende dei precedenti due giochi. Inizialmente pensavo di essere ormai assuefatto a questo filmato, ma in men che non si dica mi è venuta la pelle d’oca. Quella canzone e quelle immagini sono una combinazione micidiale.
Il gioco inizia. Superato l’impatto con la grafica (considerate che recentemente stavo giocando a Horizon Zero Dawn), prendiamo il controllo di Roxas e viviamo i suoi ultimi giorni di vacanza. Chiedo scusa a coloro i quali non conoscono Kingdom Hearts 2, ma non mi è possibile spiegare chi sia Roxas e tutto quello che succede. Sappiate solo che è il protagonista della fase iniziale e che solo dopo avremo il controllo di Sora, il vero protagonista.
Le vicende di Roxas fungono anche da tutorial ed è innegabile che, alla decima partita (forse di più) dal 2006 a oggi, si sente un po’ di noia nel dover riaffrontare tutta una serie di sequenze un po’ lente. La storia, però, mi appassiona ancora e riesco a proseguire senza problemi.
Kingdom Hearts 2: spazio a Sora
Anche con Sora bisogna sopportare una piccola fase iniziale di assestamento. Il gioco (dopo 3-4 ore) ancora non ci ha concesso nulla di più che la combo di attacchi base. Proseguendo otterremo la magia, poteri speciali e nuovi attacchi che renderanno gli scontri molto automatizzati, ma di certo fluidi e divertenti.
Anche qui viviamo momenti un po’ più lenti contro altri di maggior spessore, anche dopo tutti questi anni. Tra i primi mondi c’è quello della bella Mulan, La terra dei dragoni, dove ho deciso ben presto di saltare le scene di intermezzo e sbrigare la faccenda alla svelta. Al contrario, ne Il castello della Bestia e ne Il monte olimpo mi sono goduto ogni secondo. Le bossfight sono molto semplici, ma riescono ancora a divertirmi. La mia esperienza mi porta inoltre a crearmi percorsi specifici e a sfruttare i poteri speciali (che richiedono una lunga ricarica per essere utilizzati ancora) nel momento corretto. Scopro quindi il divertimento che nasce dal sapere esattamente come muoversi in questo mondo non complesso, ma comunque strutturato.
È come ritornare a casa?
Credo di aver individuato la vera natura di questa emozione che ho cristallizzato con la domanda “è come ritornare a casa?”. Ritornare a un’opera che sia pronta ad accoglierci non significa rivivere tutto come la prima volta. Non significa solo riottenere una dolce emozione pronta a lenire “una giornata no”.
Ritornare a casa è essere pronto a fare i conti anche con quello che dopo tutto questo tempo non funziona più benissimo, che sia colpa del gioco invecchiato male o anche solo nostra in quanto cambiati.
Ritornare a casa significa essere in grado di rivivere alcune emozioni che risiedono più nella memoria che nel cuore di oggi.
Significa essere contento che le cose siano cambiate e che la nostra rinnovata coscienza del mondo ci permetta di ottenere qualcosa di nuovo.
Un videogame può dare tanto anche dopo molto, a quanto pare.
E voi? Avete un videogioco che vi dia la sensazione di ritornare a casa? Ditecelo nei commenti! Io, intanto, credo che proseguirò un altro po’ con le avventure di Sora, Paperino e Pippo.
Antonio
7 Settembre 2017 alle 0:51Sono pienamente d’accordo con te in questo articolo! E amo Kingdom Hearts
Nicola Armondi
7 Settembre 2017 alle 9:03Mi fa piacere che tu sia d’accordo! Ti ringrazio!
Sì, anche io amo Kingdom Hearts: speriamo che il terzo capitolo non deluda le aspettative!
Simone
22 Settembre 2017 alle 10:22mi rispecchio tantissimo nelle tue parole, perché se c’è un gioco che mi dà la sensazione di tornare a casa, è proprio Kingdom Hearts 2, un po’ per l’affezione che ho per il gioco, un po’ per i ricordi che risveglia.
Nicola Armondi
22 Settembre 2017 alle 15:35Verissimo: la potenza di KH è proprio il fatto che risveglia un sacco di ricordi; non tutti i giochi possono affermare di fare lo stesso, per quanto sia belli.