Pronti a scoprire il nuovo lavoro di Obsidian? Ecco la nostra recensione di The Outer Worlds con tutte le nostre impressioni
Pillars of Eternity. Neverwinter. Fallout: New Vegas. Andiamo, uno di questi titoli lo avrete pur provato, nella vostra carriera da videogiocatori. E se non lo avete provato, lo avrete almeno visto in qualche gameplay. Ci accontentiamo anche dell’averne sentito parlare, se non si può avere di meglio. Se nessuna delle precedenti affermazioni è vera, scegliete uno di questi titoli e tornate qui a leggere questa recensione di The Outer Worlds solo quando lo avrete finito. Finito per bene, che non significa seguire la trama fino ai titoli di cosa.
A realizzare i videogiochi che poco prima abbiamo ricordato è stata Obsidian Entertainment; la stessa Obsidian Entertainment che grazie al cielo negli ultimi anni ha lavorato, e poi pubblicato con Private Division, a The Outer Worlds. Si tratta di un action-RPG d’altri tempi, che in ogni singolo aspetto rivela e conferma l’amore del team di sviluppo per questo particolare genere videoludico. Potremmo arrivare a definirlo un lascito spirituale, almeno in questi mesi, ma si spera che primi o poi arrivi anche un seguito. Vi raccontiamo The Outer Worlds in questa recensione. Nella stessa cercheremo anche di evidenziare alcuni (pochi) difetti, dovuti più che altro alla mancanza di tempo e di fondi.
Una trama spaziale
Siamo nel futuro. Un futuro un po’ anni ’60, un po’ contaminato dal cyberpunk distopico, e ancora un po’ da un genuino contesto fantascientifico: c’è tutto, insomma, per una trama spaziale. La Terra ha intrapreso un vivace colonialismo nell’universo: su pianeti anche molto lontani dal nostro, o su satelliti, sono nate piccole città e vere e proprie metropoli, controllate da un dirigenza che fa comunque capo al pianeta di partenza. Ci si sposta dalla Terra a queste colonie attraverso viaggi interplanetari lunghi anche decine di anni (torneranno anche più avanti, in The Outer Worlds), sfruttando il congelamento criogenico dell’equipaggio. Finché una delle navi, la Speranza, si perde.
La Speranza è rimasta per anni e anni alla deriva nello spazio, senza mai arrivare a destinazione, senza che qualcuno dall’esterno arrivasse a salvare i suoi ospiti surgelati. Ci riesce, finalmente, uno scienziato pazzo: risveglia noi (o voi), protagonisti dell’avventura. Un viandante del quale il giocatore ha già provveduto a scegliere sesso, colore della pelle, taglio di capelli, in un generico ma profondo editor da RPG puro. Una volta tornati in azione, la storia comincia. Il nostro compito è quello di risvegliare anche tutti gli altri membri dell’equipaggio che sono ancora nelle celle criogeniche. Ma i materiali per poterlo fare sono piuttosto rari, e dispersi sui vari pianeti delle colonie terrestri.
Si comincia da un piccolo pianeta con atmosfera e vegetazione simili a quelle terrestri, dove i coloni hanno fondato una cittadina tutta intenta a rispettare le scadenze per la corporazione: si lavora tanto, si dorme poco, ci si ammala parecchio. E ammalarsi è sinonimo di debolezza, perché si mina al benessere della comunità intera, si rende più difficile rispettare le scadenze. Un gruppo di ribelli, insofferenti a questo stile di vita, se n’è andato a vivere nella collina di fronte, creando così una situazione di tensione. In tutto questo i predoni abitano le zone circostanti, senza che la legge possa farci nulla.
Con chi vi schiererete? Con il metodico, preciso, apatico direttore della città? Con Adelaide, la saggia leader dei ribelli? E quale metodo userete per convincere l’uno o l’altra: il dialogo? La violenza? La menzogna. La scelta sarà sempre vostra… e le conseguenze delle azioni intraprese peseranno sempre sulle vostre spalle.
La qualità targata Obsidian – Recensione The Outer Worlds
The Outer Worlds è una versione in miniatura di Fallout New Vegas, e ambientata nello spazio. Per il resto, tutto ciò che era presente in quel preciso episodio della saga di Bethesda, sempre ricordato con affetto, c’è anche nella nuova produzione di Obsidian Entertainment. Con alcuni limiti. Per esempio: The Outer Worlds non è un open world. E ancora: non è possibile fidanzarsi con i compagni principali dell’avventura (sono sei e andranno reclutati durante lo svolgersi della narrazione). I limiti tecnici e grafici della produzione sono altrettanto evidenti, ma dovuti per lo più ad una precisa direzione stilistica e artistica: quella che rende The Outer Worlds immediatamente riconoscibile ai fan dei titoli che abbiamo più volte richiamato in questa recensione.
Se Obsidian Entertainment avesse avuto a disposizione più tempo e più risorse, The Outer Worlds sarebbe stato davvero degno di competere con le dimensioni e i contenuti di New Vegas. Se non può farlo, però, è anche perché il mercato videoludico si è evoluto in maniera spietata negli ultimi anni. Gli open world sono ormai diventati talmente una costante, che anche con dimensioni ridotte come quelle di The Outer Worlds un titolo può brillare di luce propria. Questo accade quando ogni minimo aspetto viene curato in modo maniacale, brillante risultato di un’ attenta opera di artigianato.
Il gameplay di The Outer Worlds – Recensione The Outer Worlds
The Outer Worlds è un action RPG in prima persona: il giocatore esplora mondi mai visti prima, incontra i loro abitanti lungo la strada, combatte con numerosi nemici per diventare più forte. Sono presenti armi di tutti i tipi: fucili, pistole, oggetti da mischia. Le armi possono essere riparate, smontata, potenziate con determinati perk (potenziatori aggiuntivi). Quasi ogni aspetto, ogni oggetto, ogni vestito può essere almeno modificato o variato, anche se non esteticamente. Non ci sono classi di gioco per il personaggio, ma vengono compensate con punti da spendere per alcuni tratti e con specifiche abilità.
Ogni volta che si sale di livello, The Outer Worlds garantisce 10 punti abilità, da investire ad esempio nel combattimento a distanza, nella persuasione, nelle capacità di scassinamento o nell’hackeraggio. Ogni due livelli assegna invece un punto da spendere per nuove abilità. Per esempio alcune permettono di muoversi più rapidamente, aumentano in modo permanente la rigenerazione della salute, garantiscono più punti esperienza dalle eliminazioni dei compagni, e via dicendo.
Con la pressione del comando R1 del DualShock 4, il giocatore può fermare il tempo per pochi secondi: in questo momento bisogna mirare ai punti deboli dei nemici e fare fuoco con tutta tranquillità (e con un po’ d’ansia). Il focus si ricarica durante la sessione di gioco, e non è mai possibile abusarne: meglio tenerlo da parte per i nemici più ostici. E il livello di difficoltà è sempre adatto alle proprie esigenze: c’è una modalità per godersi semplicemente la storia, una modalità normale, e poi due livelli di difficoltà incrementale, l’ultimo dei quali vi farà letteralmente “mettere le mani nei capelli”.
È bene ricordare, ancora, che in The Outer Worlds ci sono sempre almeno tre modi diversi per portare a termine lo stesso compito: il proprio stile di gioco diventa fondamentale, e saranno necessarie più run per vedere davvero tutto ciò che il gioco ha da offrire. Ne vale la pena. Fidatevi.
Tiriamo le somme
Obsidian Entertainment ha creato un nuovo, piccolo capolavoro in miniatura. Se The Outer Worlds fosse stato “più grande” e avesse posseduto un comparto tecnico in grado di attirare la massa indistinta dei giocatori, probabilmente sarebbe stato accolto come uno dei titoli più importanti dell’intera generazione. Resta invece un’operazione basata sulla nostalgia, ma incredibilmente valida.
La prova che titoli di questo tipo, con queste risorse, e anche con un comparto tecnico datato, a volte riescono a divertire anche più dei Tripla A in circolazione. Basta che a lavorarvi sia un team che sappia fare il proprio lavoro. The Outer Worlds vi porterà via ore ed ore di gioco, soprattutto se vorrete giocarlo più volte di seguito per esplorarlo in ogni suo più piccolo anfratto. Non farlo sarebbe un crimine.
Punti a favore
- Trama e sottotrame interessanti
- Profondo, variegato, longevo
- Tantissimi contenuti
Punti a sfavore
- Qualche tempo di caricamento eccessivo
- Evidenti limiti nel budget degli sviluppatori
- Autoironia a volte eccessiva
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