Una ricerca italiana ha svelato che una specie di alberi molto comune, il pioppo, possono assorbire la plastica dall’ambiente. Questa potrebbe essere una bella conquista alla lotta contro l’inquinamento da plastica
L’inquinamento da plastica ha ormai invaso tutto l’ambiente e gli esseri umani ne sono direttamente esposti. Non si tratta “solamente” di qualche milione di bottiglie di plastica e buste della spesa disseminate un po’ ovunque sulla terra ferma e nel mare, un grosso problema è rappresentato dalle microplastiche: invisibili e difficili da rimuovere. Tuttavia questa scoperta tutta italiana su di una pianta comune come il pioppo potrebbe cambiare dare un nuova speranza.
Inquinamento da plastica: come e quanto
La scoperta della plastica ha rappresentato una vera e propria rivoluzione per l’industria in praticamente ogni settore: a partire dagli scarti della lavorazione del petrolio e altre risorse largamente disponibili sul nostro pianeta si riuscì ad ottenere una grande quantità di materiali leggeri, resistenti, isolanti e utilizzabili in tantissimi ambiti diversi. E oltretutto il costo di produzione è bassissimo se confrontato con altri materiali come i metalli che necessitano di altiforni e temperature molto elevate per essere lavorati. Nel settore degli imballaggi la plastica non ha eguali in termini di sicurezza e di rapporto qualità prezzo. Ma sostanzialmente qualsiasi cosa in commercio ha visto apparire la sua alternativa economica in plastica grazie alla duttilità di questa classe di materiali perché esistono decine e decine di materie plastiche. Posate, PC, automobili, elettrodomestici, arredamenti… tutto può essere costruito interamente o parzialmente in plastica. In questo modo si riducono i costi, si riduce il peso e molto spesso si riesce addirittura a migliorarne la resistenza. Purtroppo queste grandi quantità di materiale hanno fomentato l’inquinamento da plastica del pianeta con dei materiali davvero difficili da decomporre.
Circa 380 milioni di tonnellate di plastica sono state prodotte nel 2018 e dagli anni ’50, epoca in cui si cominciò a diffondere l’uso della plastica, ad oggi si stima che siano arrivate in commercio circa 6.3 miliardi di tonnellate di plastica; quasi una tonnellata a testa per ogni uomo che cammina sul globo. La cosa spaventosa è che circa il 78-80% di questa montagna di rifiuti non è stata riciclata, andando a costituire l’enorme problema dell’inquinamento da plastica che oggi dobbiamo affrontare. Alcuni studi hanno stimato che nel 2050 la massa di plastica nel mare sarà superiore a quella di tutti i pesce. Purtroppo anche noi siamo direttamente interessati: le microplastiche, ovvero i frammenti di plastica di dimensione inferiore ad un millimetro che possono entrare all’interno di organismi biologici complessi come l’uomo. Circa il 20% della fauna marina contiene delle microplastiche al suo interno secondo Greenpeace, fauna che finisce nei nostri mercati. L’inquinamento da plastica è un problema che non possiamo continuare a trascurare. Ma non solo: numerose sostanze chimiche pericolose possono essere rilasciate nell’ambiente durante i processi di produzione della plastica.
L’uso indiscriminato e sregolato della plastica ha portato l’inquinamento a livelli insostenibili
Il pioppo: l’albero mangia-plastica
La ricerca per ridurre l’inquinamento da plastica si sta sviluppando velocemente per far fronte all’emergenza. La ricerca italiana pubblicata sulla rivista Environmental Science and Pollution Research e guidata Francesca Vannucchi, dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa infatti ha dimostrato che il pioppo è in grado di assorbire tramite le sue radici pericolosi composti inquinanti, gli ftalati utilizzati nella produzione della plastica, eliminandoli dall’ambiente. È una scoperta importante che potrebbe aprire una nuova frontiera per la lotta all’inquinamento da plastico con alleati proprio gli alberi.
Lo studio sui pioppi ha infatti posto le basi per studiare i meccanismi che permettono alle cellule vegetali di degradare le sostanze plastiche tossiche. In particolare gli ftalati sono agenti plastificanti che penetrano facilmente negli ecosistemi, compromettendo la salute di esseri umani ed animali. Essi vengono utilizzati dall’industria per produrre numerose materia plastiche, soprattutto PVC (cloruro di polivinile) molto utilizzato nella produzione di tubi. Gli ftalati migliorano la flessibilità e la duttilità della plastica, tuttavia trovano applicazioni anche in altri settori soprattutto la cosmesi, la produzione di pesticidi e vernici. La ricerca, cui ha collaborato anche l’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Pisa, è riuscita a dimostrare l’importante ruolo delle piante nel processo di smaltimento dell’inquinamento da plastica. Una particolare specie di pioppo detta “Populus alba Villafranca” è in grado di assorbire ed immagazzinare i pericolosi ftalati tramite le radici direttamente dal terreno.
Una ricercatrice studia il pioppo (fonte: Istituto di Scienze della Vita, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa)
L’idea è quella di riuscire un giorno a sfruttare i pioppi per la bonifica di territori contaminati da ftalati. La strada è ancora lunga: appurato che questi alberi sono in grado di assorbire gli inquinanti, bisogna adesso studiarne in maniera approfondita le cellule e i tessuti per capire come i composti chimici vengano utilizzati e smaltiti. Forse anche altre piante oltre al pioppo godono di questa eccezionale abilità di riciclaggio. Sicuramente questo porterebbe non solo ad un mondo più pulito, ma anche più verde: un doppio vantaggio!
Un filare di pioppi in autunno
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