Risolvere il problema del riciclo della plastica che inquina il nostro pianeta è una delle sfide del nostro tempo. Qualche anno fa erano stati scoperti dei batteri in grado di produrre enzimi che decompongono la plastica. Oggi questi enzimi sono stati completamente sequenziati
Negli ultimi mesi il mondo si è finalmente accorto del grande problema della plastica. Dai social media ai telegiornali, impazzano gli articoli e i video che denunciano le conseguenze dell’abuso della plastica, dovute soprattutto alle modalità di smaltimento inadeguate. Gli oceani stanno raccogliendo migliaia e migliaia di tonnellate di plastica che impattano sul già fragile ecosistema marino, già minacciato dal surriscaldamento globale. E purtroppo anche noi finiremo con il rimetterci. Anzi: anche se non ce ne rendiamo conto ci stiamo già rimettendo. Trovare una soluzione efficacie per lo smaltimento della plastica è fondamentale.
Il problema della plastica ormai non può più essere ignorato
Plastica: da grande successo a problema globale
Con plastica o più correttamente con materie plastiche si intende una serie di composti organici (cioè basato sul carbonio) costituiti da lunghe catene di molecole chiamate polimeri. Con la miscelazione di diversi polimeri e altre sostanze si possono ottenere un’enorme varietà di materia plastiche con diverse proprietà meccaniche.
Il successo della plastica fu immediato. A partire dagli scarti della lavorazione del petrolio e altre risorse largamente disponibili sul nostro pianeta si riuscì ad ottenere una grande quantità di materiali leggeri, resistenti, isolanti e utilizzabili in tantissimi ambiti diversi. Il tutto ad un costo bassissimo se paragonato ad altri materiali. Nel settore degli imballaggi la plastica non ha eguali in termini di sicurezza e di rapporto qualità prezzo. Ma sostanzialmente qualsiasi cosa in commercio a visto apparire la sua alternativa economica in plastica: posate, PC, automobili, elettrodomestici, arredamenti… tutto può essere costruito interamente o parzialmente in plastica.
I polimeri sono lunghe catene di molecole identiche sui si basano tutte le materie plastiche
Il consumismo poi ha fatto il resto. Enormi quantità di materia plastiche sono entrate in commercio e poi ne sono uscite. Per finire dove? Il problema della plastica sta proprio nella sua struttura chimica. Le lunghe catene di polimeri impiegano anni e anni per spezzarsi in elementi più semplici tramite processi naturali. Il riciclo artificiale diventa quindi una necessità. Ad oggi le tecniche di riciclaggio più diffuse prevedono il riscaldamento fino a temperatura di fusione oppure la macinazione meccanica e l’aggiunta di additivi. Si intuisce che si tratta di processi lunghi e dispendiosi. Trovare metodi alternativi sarebbe un incentivo alla diffusione del riciclaggio della plastica.
Alcune plastiche devono essere sminuzzate finemente per poi essere attaccate dagli addittivi e riciclate
Batteri spazzini: a riciclare p la plastica ci pensa un enzima
Nonostante la loro semplicità, i batteri sono tra gli esseri viventi più variegati e poliedrici del pianeta. La loro possibilità di riprodursi e mutare con grande velocità ha permesso ai batteri di sviluppare metodi di sopravvivenza incredibilmente variegati ed efficaci. Nel 2016 in particolare l’università giapponese Kyoto Institute of Technology aveva fatto la scoperta di un batterio in grado di nutrirsi con la plastica comunemente utilizzata per produrre le bottiglie – una vera e propria piaga ambientale -, il Pet (polietilenetereftalato), permettendo di degradarla in sostanza più semplici. La digestione delle lunghe catene di polimeri avviene grazie a due enzimi chiamati Petase e Mhetase. Il mondo scientifico accolse con grande entusiasmo la scoperta. Tanto che nell’aprile dello scorso anni una dettagliata analisi della Petase, realizzata da una ricerca congiunta di scienziati inglesi e statunitensi, ha permesso di decodificare completamente le componenti dell’enzima anti-plastica.
Il batterio che produce i due enzimi in grado di “digerire” la plastica
Oggi arriva un risultato analogo per il seconda enzima, l’Mhetase. Una ricerca, condotta dall’università tedesca di Greifswald, dal centro Helmholtz di Berlino e la struttura Bessy per la luce di sincrotrone e pubblicata sulla rivista Nature Communications, ha infatti evidenziato la struttura tridimensionale dell’enzima prodotto dai batteri mangiatori di plastica. La scoperta ha permesso di capire più a fondo i meccanismo con cui Petase e Mhetase agiscono per “digerire” la plastica e permetteranno in futuro di perfezionare queste preziose sostanza rendendole più efficienti.
Il processo di decomposizione del Pet ad opera dell’Mhetase
Petase e Mhetase: gli enzimi che ci salveranno dalla plastica?
La scoperta di queste due sostanze prodotte da un batterio ha sicuramente incoraggiato tutto il panorama scientifico a concentrare gli sforzi nella lotta alla plastica. Nei mesi successivi all’annuncio degli scienziati giapponesi, i ricercatori hanno scoperto come i due enzimi cooperano nello scomporre i polimeri del Pet. Il Petase entra in azione per primo taglia le lunghe catene polimeriche in pezzi di dimensione ridotte che successivamente vengono attaccati dalla più complessa Mhetase. Quest’ultima provvede a scomporre i frammenti nelle molecole di base delle lunghe catene del Pet, ovvero l’acido tereftalico e il glicole di etilene.
Uno degli autori della ricerca, Uwe Bornscheuer del centro Helmholtz, commenta:
Anche se i due enzimi non sono ancora al massimo della loro efficienza, essere riusciti a scoprire la loro struttura ci permetterà di programmare, produrre e descrivere delle varianti biochimiche molto più attive di quelle naturali.
Petase e Mhetase infatti sono stati progettati da madre natura per sfamare piccole colonie di batteri, non per smaltire l’enorme mole di rifiuti plastici che produciamo ogni giorno. Tuttavia possono essere una buona base di partenza su cui costruire nuove molecole in grado di aggredire e degradare la plastica in maniera più efficiente. Questo infatti è l’obiettivo del prossime ricerche: studiare delle metodologie per aumentare le prestazioni degli enzimi naturali e produrli in grande quantità, in modo da poterli utilizzare in ambito industriale, L’impatto sul riciclaggio sarebbe enorme: partendo dai rifiuti si potrebbero ri-ottenere gli elementi di base in una forma pura, utilizzabili per produrre nuova plastica di alta qualità.
Rappresentazione di una molecola di Mhetase (fonte: Martin Künsting/HZB)
Queste nuove tecnologie sono certamente promettenti, ma non dobbiamo adagiarci sugli allori: il problema della plastica è reale. Non basterà la tecnica a salvarci, ma servirà anche il buon senso di tutti. Evitare gli sprechi e smaltire correttamente i rifiuti è l’unica strada per salvare noi stessi e l’intero pianeta. Dalla sezione scienze è tutto! Continuate a seguirci per tante news ed approfondimenti dal mondo naturale e della ricerca!
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