LLa stampa è stata la destinazione naturale del processo fotografico. Questo paradigma è stato sconvolto dall’ingresso delle tecnologie digitale nel mondo fotografico. La rivoluzione social ha infine cambiato lo scopo di molti degli scatti che vengono realizzati. In questo articolo analizzo la questione della stampa dei propri scatti nell’era del digitale e dei social
Come accennato nel mio ultimo contributo al sito, credo sia venuto il momento di approcciarsi alla questione della destinazione dei nostri scatti.
La rivoluzione digitale della fotografia ha messo in mano al fotoamatore molti più scatti di quelli a suo tempo mediamente a disposizione con le pellicole. Non solo, ma più importante, ha rivoluzionato il modo di concepire lo scatto. Mentre in precedenza ogni scatto era prezioso e ben pensato, essendo gli scatti pochi e costosi, ora uno scatto in più non si nega a nulla e a nessuno, tanto non costa solo pochi MB in schede di memoria in grado di contenerne migliaia (a questo proposito vi consiglio di non utilizzare memorie troppo capienti e soprattutto di svuotarle regolarmente..potreste pentirvi troppo tardi di non averlo fatto).
La stampa come destinazione delle foto: lo smartphone e i social
Questo atteggiamento si è ulteriormente diffuso con il diffondersi degli smartphone, che permettono di avere una fotocamera sempre con sé ed a portata di mano. L’uso della fotografia come strumento di memorizzazione di ricordi sta secondo me letteralmente dilagando e prendendo una dimensione che non condivido, soprattutto nei modi. Per fare un esempio, ho recentemente visitato la mostra Harry Potter Exhibition a Milano, dove sono rimasto colpito dall’atteggiamento di certi visitatori che hanno passato più tempo a scattare foto e filmare gli oggetti esposti piuttosto che REALMENTE osservare quanto esibito. Ho ancora negli occhi la scena di una persona talmente intenta a riprendere maniacalmente tutte le teche di una sala, per finire a non accorgersi che in un punto ci fosse un’ulteriore teca più alta in “seconda fila”..peccato si è persa il modello di Fanny, la fenice di Silente (nonché uno dei miei personaggi preferiti dell’intera saga..)..
Il secondo fattore che sta portando al parossismo questi atteggiamenti è l’uso dei social network. La società è molto attenta a quello che viene scritto e mostrato sui social network, in questo modo ogni evento diventa una occasione per condividere sostanzialmente immagini che ne attestano la partecipazione. Gli scatti sono forse molto più visualizzati di un tempo, ma solo su schermi di dispositivi e molto più raramente su un supporto di stampa.Non intendo scrivere un trattato di sociologia su questi temi, anche perché non ne ho i titoli, ma credo che l’evidenza di questi fatti sia sotto gli occhi di tutti. Questi cambiamenti hanno ovviamente un ruolo sulla percezione e la gestione degli scatti di un qualsiasi utilizzatore di apparecchi fotografici.
Il problema è duplice e merita di essere analizzato in dettaglio in entrambi i suo aspetti. Da un lato occorre interrogarsi sulla destinazione di migliaia di scatti che languono inutilizzati e mai osservati in supporti digitali rigorosamente “backuppati” (perché se mai se non li usiamo??), mentre dall’altro sul fatto che comunemente ormai la destinazione degli scatti è su supporti digitali portatili piuttosto che (peggio ancora) sui soli social network.
La stampa come destinazione delle foto: discarica digitale e selezione dei propri scatti
La mia media di scatti attuali si aggira intorno alle 7000 unità. So di altri amatori che realizzano un numero di scatti decisamente maggiore. Concentrandomi sulla mia esperienza, sviluppo (post produzione) e salvo circa un migliaio fotografie da una produzione annuale, cioè il 15% di quanto scatto. Questo, oltre a dimostrare prima di tutto la pochezza delle mie doti fotografiche, mi lascia pensare sulla destinazione di tutti quei poveri 6000 che giacciono per mesi a languere attraverso il mio iter di backup e selezione fino a finire cestinati.
Passano mesi prima che gli dedichi l’attenzione necessaria per valutarli, scartarli e considerare se mandarli in stampa. So anche di persone che tengono almeno una copia di ogni scatto che fanno. Con la densità dei moderni sensori questo significa un’enormità di GB di dati, ridondanti per questioni di backup. Senza polemica, mi chiedo quanto questi scatti vengano poi utilizzati o meglio anche solo visualizzati!
Ho il ricordo del papà che appena entrato in casa dopo essere tornato dal lavoro appoggiava la ventiquattr’ore sul tavolo anziché al suo solito posto. Quel gesto significava che aveva ritirato gli sviluppi e le stampe delle foto (tipicamente di un momento di vacanza) e che si sarebbe passato il dopocena a guardare le stampe e soprattutto in mansarda a proiettare le diapositive (mio papà è sempre stato un grande fan delle dia). Capitava che qualcuno fosse invitato all’evento, qualche amico o parente che spesso portava i propri scatti da condividere. In buona sostanza passavano 2h per visionare una cinquantina di scatti, certe scene evocavano ricordi e si ricostruiva tutta la storia dei momenti immortalati.
La stampa come destinazione delle foto: il naturale fine del processo di scatto
Andando oltre l’amarcord, i volumi di scatto attuali credo rendano impossibile una situazione del genere. Ci vorrebbero ore e ore che nessuna famiglia purtroppo ha. Sicuramente questi volumi sono più compatibili con una fruizione immediata e fugace di un’immagine come permettono i social network. Ovviamente nessuno vieta di ridurre i volumi (scremando gli scatti per esempio). Ma come detto, immediata e fugace. La foto diventa qualcosa che suggella e segna un momento per un momento, poi passa, sepolta da foto di altri momenti. Questo purtroppo però, è un atteggiamento che almeno in parte esula dal supporto, anche la migliore stampa può essere sempre accantonata dopo averle dedicato uno sguardo.
Ho iniziato a scattare un una reflex quando mi sono accorto che le foto che volevo realizzare alla bimba neonata erano fuori dalla portata della mia compatta. Dopo qualche mese mia moglie è venuta (giustamente) a reclamare delle foto per l’album crescita che ci era stato regalato. Attaccare quelle poche stampe sull’album ha fatto accendere la scintilla, perché in quel momento, e tutte le altre volte che in seguito ho sfogliato un album con delle foto stampate, ho respirato ancora quella magia delle sere con in proiettore.
Da allora ho preso il piglio di stampare circa 250 foto all’anno. Ogni 6 mesi circa ho post prodotto un centinaio di scatti raccolti dalla scrematura di tutte le foto dei mesi precedenti e stampo con una piattaforma online (esistono diverse promozioni vantaggiose quando si stampano più di 100 foto con lo stesso formato) gli scatti in 10×15, da aggiungersi ad un album che rappresenta una specie di cronistoria. In aggiunta, quegli scatti che ritengo siano per me come fotografo particolarmente significativi, vanno a riempire un album di dimensioni maggiori. In questo caso però ci aggiungo una didascalia che segna il momento e i dati di scatto.
Ed è una gioia riempire gli album con la mia famiglia, così come lo è riaprirli insieme ogni volta che qualcuno lo chiede. E’ in questi momenti che sento di aver completato il lavoro iniziato scattando la foto.
Per questo ritengo che il processo di fissare un ricordo senza la stampa sia in qualche modo monco. Con questo non intendo demonizzare nessuno per le sue scelte o imporre la mia filosofia, ma semplicemente sottolineare come secondo me l’invasione di immagini sta cambiando il modo di fruirle in qualcosa che non condivido perché lo spoglia di molti significati.
La stampa come destinazione delle foto: i benefici
Il fatto di scegliere delle stampe ha diverse ricadute sul fotografo che non vanno trascurate
- Obbliga il fotografo a rivedere i propri scatti, evitando eccessivi accumuli di materiale
- Obbligando la revisione degli scatti, si aumenta la percezione dei propri sbagli, delle focali e delle impostazioni utilizzate, permettendo una crescita del proprio stile e una razionalizzazione del corredo e della post produzione
- Mi capita di dover scegliere di stampare una foto fra alcune molto simili, magari realizzate in una raffica o in momenti diversi. In questi casi cerco sempre di confrontarmi con mia moglie è bello e sempre sorprendente scoprire come il proprio punto di vista possa essere lontano e limitato da quello degli altri.
- Rivedere le proprie stampe aiuta a dare il giusto peso ai dubbi che attanagliano tutti i fotografi:
- è davvero così importante sulla stampa la grana per uno scatto ad alti ISO? Sicuramente è possibile valutare meglio quale sia il reale limite in sensibilità ISO del proprio corredo in determinate condizioni di luce/ soggetti ecc
- Si vede così tanto quell’aberrazione cromatica che ci ha fatto impazzire in post produzione?
- La scadente resa ai bordi dell’obiettivo ha realmente rovinato il paesaggio che avete immortalato? Forse è possibile non investire un sacco di soldi nel nuovo modello di tuttofare dal bollino blu per guadagnare poco o nulla ai vostri scopi..
A costo di essere insistente, vi incoraggio a provare a stampare qualche vostro scatto, il costo di questa operazione è realmente irrisorio, almeno per i formati sotto l’a4, ma può rivelarsi game-changing per il vostro modo di fotografare e percepire la realizzazione di uno scatto.
Chiudo con un aneddoto che ritengo molto significativo. Quando è nato il mio secondogenito, ho subito realizzato una serie di scatti quando era ancora neonato in ospedale. Mi sono però scordato di fare una foto particolare a cui mia suocera teneva molto. Questa particolare foto era invece stata fatta da qualche altro parente col suo cellulare e mi è quindi stato chiesto di lavorare e stampare quello scatto. Lo scatto è finito incorniciato insieme a quello degli altri nipoti. Il commento della suocera è stato che quella foto non fosse comunque “bella come quella degli altri nipoti”, pur essendo tutte identiche nella composizione. Indovinate come erano state riprese le altre.
Lascia un commento