Per voi lettori di tuttotek ecco la recensione di Mank, l’ultima attesa pellicola di David Fincher, con Gary Oldman, disponibile dal 4 dicembre su Netflix
TITOLO ORIGINALE: Mank. GENERE: biografico, commedia, drammatico. NAZIONE: Stati Uniti. REGIA: David Fincher. CAST: Gary Oldman, Amanda Seyfried, Lily Collins, Charles Dance, Arliss Howard, Tom Pelphrey, Tuppence Middleton, Tom Burke. DURATA: 131 min. DISTRIBUTORE: Netflix. USCITA: 4 dicembre 2020.
A sei anni da L’amore bugiardo – Gone Girl (2014), David Fincher torna a dirigere un film per il mercato cinematografico. Dopo i grandi successi ottenuti con Netflix e in particolare con le serie House of Cards, Mindhunter, Love, Death & Robots, Fincher torna a contare sull’aiuto del colosso dello streaming. Questa volta il “sostegno” arriva per produrre una pellicola derivante dalla mente del padre di Fincher, Jack, che prima di morire nel 2003 ebbe a modo di scrivere una sceneggiatura dedicata a “Mank“. Ma chi è questo Mank? Stiamo parlando di Herman J. Mankiewicz, autore, assieme al grande Orson Welles, del capolavoro cinematografico Quarto Potere (Citizien Kane, in originale). Andiamo quindi a scoprire questo pellicola che fin dal dal suo annuncio ha giustamente suscitato grande curiosità: sia per i nomi coinvolti (Gary Oldman e David Fincher) che per il soggetto d’origine.
La trama
Mank racconta la creazione di Quarto Potere ma soprattutto racconta la geniale, caotica ed energica mente dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz (Gary Oldman). Una centralina di idee, ricordi, pensieri ed ideali che da una difficile situazione saprà tirar fuori il meglio di sè. Ad accompagnare il viaggio di “Mank” vi saranno altrettanto importanti comprimari tra cui mogli, amici, nemici e produttori, produttori ovunque…
Netflix, non solo quantità, anche qualità | Recensione Mank
Che ormai Netflix fosse anche cinema di qualità era ormai chiaro già da diverso tempo (Roma, The Irishman, Storia di un matrimonio…); che però essa si rivelasse nel 2020 come una delle poche aziende in grado di produrre film “da Oscar”, non era certo qualcosa di scontato. Ovviamente ciò non è conseguenza di una politica scellerata delle concorrenti ma semplicemente dall’improvvisa situazione pandemica. Ed ecco quindi che quest’anno più che mai Netflix ha la possibilità di guadagnarsi la tanto agognata statuetta di “miglior film”, dopo averla solo sfiorata gli scorsi anni. Tra i diversi cavalli di battaglia del colosso dello streaming troviamo proprio Mank; un film che Fincher da diversi anni cercava di farsi produrre e che alla fine è stata realizzata proprio da quel Netflix con cui il regista si è già tolto diverse soddisfazioni.
Un progetto ambizioso | Recensione Mank
Ed effettivamente il soggetto di partenza e la sua realizzazione sono potenzialmente “problematiche” per la gran parte dei produttori. Un film su uno dei momenti più importanti dell’intera storia del cinema, girato peraltro in bianco e nero… Senza considera la possibilità che una parte degli spettatori non abbiano mai visto Quarto Potere. Insomma, un progetto sicuramente ambizioso. Un progetto che però ha tutto il diritto di finire nella mani di un regista affermato come David Fincher. Un autore che ha dato origine a capolavori come Seven (1995) , Fight Club (1999) o The social network (2010).
Una delizia per gli occhi
Ebbene, Mank si rivela un altro grande tassello della filmografia fincheriana. Prima di tutto, dobbiamo dire che l’opera è tecnicamente e formalmente perfetta. Anche senza essere troppo esperti di tecniche cinematografiche è evidente l’estrema cura messa nei costumi, nella fotografia (uno splendido bianco e nero), nel montaggio, nelle inquadrature (che in diversi momenti richiamano il capolavoro di Welles)….Insomma una vera e propria delizia per gli occhi. Tantissime sono le citazioni metacinematografiche: la “nostalgica” bruciatura di sigaretta, l’utilizzo di un mixing non moderno ma dell’epoca… Senza dimenticare il piano sequenza e l’elevata profondità di campo: due elementi che hanno contribuito a rendere Quarto potere il capolavoro che è ora. Un film che di fatto è andato a rivoluzionare il modo in cui le pellicole venivano girate.
Mank e Kane | Recensione Mank
Mank è quindi formalmente perfetto nel farci addentrare in quel mondo, ovvero nel cinema degli anni ’30 che aveva appena scoperto le meraviglie e le potenzialità del sonoro. Come però appena evidenziato Mank non solo raggiunge questo obbiettivo ma va anche proprio a confrontarsi con Citizien Kane, grazie alle sue scelte stilistiche e strutturali. Si perchè le “strizzatine” al film del 1941 non sono solo nelle scelte di regia/fotografia. Infatti, la struttura, la sceneggiatura, seppur moderna, va comunque a confrontarsi direttamente col film di Welles. Ecco quindi che Mank si dipana in lunghi flashback che riflettono il contenuto “mentale” del protagonista durante l’elaborazione di Quarto Potere.
Alla scoperta di Mank, o della sua impressione… | Recensione Mank
Giustamente però le tematiche di Mank vanno in parte a discostarsi rispetto a quelle di Citizien Kane. Qui infatti andiamo a scoprire un uomo talentuoso, acculturato (diverse le citazioni a cui lo sceneggiatore ricorre, a volte anche in lingue differenti dall’inglese). Un uomo che però si vede anche costantemente subissato da parte dell’industria a causa dei suoi comportamenti e del suo metodo lavorativo. Insomma, un soggetto che non si fa piegare dal potere, dalla corruzione e che oltretutto è afflitto da un certa malinconia. Una certa vaga tristezza e disillusione che lo porteranno a essere ironico, buono ma anche alcolizzato e pigro, in un mondo di avari e prepotenti, in cui il profitto e il potere vengono prima di tutto.
Amanda Seyfried, una vera sorpresa | Recensione Mank
Ecco quindi che va sicuramente lodata l’interpretazione del sempre ottimo Gary Oldman in grado di darci un ritratto empatico e credibile del personaggio. La vera sorpresa sta però nel personaggio interpretato da Amanda Seyfried; una donna bellissima, ingenua ma anche tanto dolce. Un personaggio che quindi corrisponde solo in parte alla controparte presente in Quarto Potere. Sembra quasi che Fincher abbia voluto dare giustizio a una donna che a causa di avvenimenti a lei superiori (il matrimonio con Hearst, lo stesso film di Orson Welles…) è stata dipinta più volte come la classica “bella e stupida”. Ogni volta che in Mank entra in scena il personaggio della Seyfried, tutto diventa più sognante, con una fotografia che ricorda tanto i film del nostro Fellini: un’atmosfera dolce, malinconica e magica.
Conclusione
In un 2020 abbastanza triste per l’industria cinematografia Mank risalta come un importante appiglio a cui tutti i cinefili dovrebbero aggrapparsi. Certo è troppo presto per dire se ci troviamo di fronte a un capolavoro e il film non è sicuramente di ampia accessibilità (la visione di Quarto Potere è d’obbligo; attualmente disponibile su Amazon Prime Video). In ogni caso, anche vista la scarsa concorrenza, questo film si candida come forte contendente per i prossimi Oscar; un’opera tecnicamente perfetta e caratterizzata da una sceneggiatura scorrevole ma stilosa. Mank è infatti l’ ennesimo esempio di come Fincher si stia distaccando sempre di più dai film degli esordi (caratterizzati da maggiori virtuosismi ma anche da sceneggiature meno “elitarie”) per produrre opere ancora più rischiose e dense. Noi infatti non vediamo già l’ora di procedere a un’altra visione per poter cogliere nuove sfumature, visive o dialogate che siano.
Punti a favore
- Confezione tecnica
- Interpretazioni di Amanda Seyfried e Gary Oldman
- Struttura, densa ma scorrevole
Punti a sfavore
- In un certo senso elitario (è d'obbligo la visione di Quarto Potere)
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