Scopriamo il mondo di Ark attraverso questo racconto: un sopravvissuto ci narrerà la propria esperienza sull’isola più pericolosa che ci sia
E siamo qui per il secondo numero de “I diari di viaggio (con consigli) di Ark”. La scorsa settimana, nel primissimo numero di questa sottorubrica, abbiamo visto come rimanere in vita (o quasi, dannati raptor) fino al mattino successivo. Come andranno le cose oggi? Faremo nuovi incontri? Scopriamolo!
Il nuovo giorno
Il fuoco crepita debolmente davanti a me. Tramite il mio inventario posso vedere che manca poco alle quattro del mattino. Ho passato la notte nel luogo che mi sono scelto, sulla spiaggia umida. In lontananza potevo vedere obelischi levitanti irradiare una luce quasi mistica, che mi attirava a sé. Sapevo, però, che era veramente troppo presto per puntare a luoghi così lontani e alieni. Le stelle sono state mie compagne: la noia mi spingeva a esplorare il circondario, ma ho resistito e non mi sono allontanato troppo nella notte oscura.
La luce del giorno sta tornando e so di dover sfruttare ogni istante disponibile. I miei prossimi obbiettivi sono costruire un rifugio in paglia e un letto: in caso di morte, potrò respawnare nella mia casa, invece che su una spiaggia sperduta. Con accetta e piccozza mi metto all’opera. Nelle vicinanze posso trovare facilmente legna, paglia e fibra. Scelgo le palme per fare legna e paglia: punto a quelle cresciute, alte e robuste; mentre quelle basse a giallognole le ignoro permettendo loro di crescere e donarmi quindi più materiali in futuro.
In queste prime giornate non potrò allontanarmi molto, anche solo perché non posso trasportare troppe risorse. Salendo di livello, acquisisco gli engrammi delle fondamenta, dei muri, del tetto, dell’ingresso e della porta di paglia, oltre che del letto. Costruisco tutto, non troppo vicino all’acqua, giusto una ventina di passi. L’accetta mi si rompe, ma la riparo senza problemi: non devo certo crearne un’altra.
Bevo il necessario, mangio la carne cotta durante la notte e continuo ad acquisire punti esperienza e a salire di livello. Piazzo i punti statistiche liberamente, sebbene intuisca che sia una buona idea aumentare il peso trasportabile e la velocità di movimento.
Ark non è un’isola per solitari
Sento però che mi manca qualcosa. La solitudine mi colpisce come un raptor, infida e mortale. Ho deciso, troverò un compagno di avventure: è assolutamente la scelta migliore su questa isola.
Tramite arcani rituali tribali (menù iniziale -> host/locale -> ospita sessione non dedicata -> attendo il caricamento del gioco -> options -> invita amici), evoco un alleato di un altro mondo. Tramite un linguaggio cosmico (chat vocale su console) apprendo il suo irripetibile nome (sapete, privacy): noi lo chiameremo Rambo.
Questo nuovo compagno inizia però al livello uno: non possiamo farci molto, se non continuare la nostra avventura. Creo per lui un set di equipaggiamento completo, così da aiutarlo. Nelle prime fasi, Rambo acquisirà i miei stessi engrammi: piccozze, accette, lance e tutti quegli oggetti di uso quotidiano devono poter essere create da ogni membro della tribù. Più avanti ci diversificheremo.
Parlando proprio di tribù, io e Rambo ci rendiamo conto che l’isola ci considera come due persone separate. In quanto evocatore (host), invito Rambo ad entrare nella mia tribù: mi avvicino a lui, lo sfioro con gentilezza sul volto (triangolo premuto fisso e analogico verso l’alto), lui mi fissa negli occhi di rimando (il secondo giocatore deve anche lui fare, subito dopo, triangolo premuto fisso e analogico verso l’alto) e sentiamo di essere una vera famiglia.
La potenza di una tribù
In due possiamo sentirci un po’ più liberi. Lance alla mano, cominciamo a esplorare lungo la spiaggia. I nostri primi nemici sono i dilofosauri: non sono troppo potenti, ma hanno la fastidiosa abitudine di sputare veleno negli occhi rendendo difficoltoso vedere per una decina di secondi.
Tramite i combattimenti, accumuliamo carne e, soprattutto, pelle. Con queste nuove risorse creiamo una borraccia a testa. La vicinanza all’acqua ci permetterebbe di abbeverarci in ogni caso, ma la borraccia è un metodo più rapido e sicuro per idratarsi. Sebbene i veri pericoli risiedano nella acque profonde, anche un placido fiumiciattolo nasconde alcune insidie: i piranha. Per quanto possano essere abbattuti in pochi colpi, la loro velocità in acqua e il loro numero potrebbero facilmente azzerare i nostri punti vita.
Il nostro obbiettivo ora è domare un dinosauro. Scegliamo un parasauro, un grosso erbivoro utile per trasportare materiali. Impariamo a creare una bolas e ne fabbrichiamo un paio, insieme a una mazza. Il parasauro non si spaventa fino a quando non viene attaccato, quindi possiamo impostare la nostra tattica con tutta tranquillità. È sufficiente lanciargli una bolas e poi prenderlo a mazzate in testa: la bolas lo terrà fermo sul posto per trenta secondi e in due non abbiamo problemi ad abbatterlo.
Il parasauro è a terra, stordito. Possiamo quindi inserire delle bacche nel suo inventario: il dinosauro le mangerà automaticamente ogni tanto. Nel caso in cui il torpore rischi di azzerarsi, sarà sufficiente inserire nel suo inventario delle narcobacche, ovvero quelle nere, e costringerlo a mangiarle per farlo dormire ancora un po’.
In men che non si dica, io e Rambo abbiamo un nuovo amico. C’è solo un problema: Rambo è uno a cui piace fare il simpatico e chiama il parasauro Paraculo… Fortuna che è possibile rinominare i dinosauri domati!
Rimanete sintonizzati su tuttoteK per il terzo numero de I diari di viaggio (con consigli) di Ark. Nel frattempo, potete trovare tutti i precedenti numeri della rubrica LIFEinGAMES a questo indirizzo.
Qui, invece, potete trovare la nostra recensione di Ark: Survival Evolved.
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