Studiare i buchi neri è una delle sfide per i moderni astrofisici e cosmologi perché attorno ad essi ruotano alcuni dei più importanti misteri dell’universo. Le collisioni di buchi neri sono un evento catastrofico che tuttavia può dare agli scienziati una grande quantità di informazioni
Svelare i misteri del cosmo implica scavare sempre più a fondo, studiare fenomeni sempre più estremi ed avventurarsi fin dove perfino la luce fatica ad arrivare. I buchi neri sono oggetti estremamente misteriosi proprio perché le tecniche di indagine basate sull’osservazione di onde elettromagnetiche non permettono di ottenere informazioni a riguardo, non in modo diretto per lo meno. L’unico modo per ottenere per capirne qualcosa fino ad oggi era osservare l’interazione di questi corpi celesti con la materia circostante. Ma con le prime osservazione di onde gravitazionali la musica sta cambiando: i fisici hanno a disposizione un nuovo punto di vista per l’osservazione dell’universo. Tuttavia non è facile “ascoltare” questa flebile voce del cosmo, solo eventi estremi come le collisioni tra buchi neri riescono a produrre dei segnali gravitazionali abbastanza eloquenti.
Un interferometro del sistema americano LIGO
Onde gravitazionali: l’universo dal punto di vista di Einstein
Le equazioni delle relatività generale di Einstein in realtà non descrivono la gravitò come una forza di attrazione tra due corpi, ma piuttosto viene rappresentata l’interazione tra la geometria dello spazio e la massa: lo spazio è una varietà lorentziana – un oggetto definito in geometria differenziale – che può essere curvato dalla materia. Tuttavia cosa succede quando la materia si muove? Vengono create delle increspature regolari nel tessuto spaziotemporale.
Non è solo una congettura: le equazioni di Einstein ammettono delle soluzioni di tipo ondulatorio. Le increspature di propagano nello spaziotempo alla velocità della luce e con i moderni interferometri è possibile rilevarle. Con la tecnologia attuale però non abbiamo a disposizione una “risoluzione” abbastanza elevata per poter osservare le onde gravitazionali prodotte dai corpi celesti in genere. L’unica possibilità è attendere eventi catastrofici come collisioni di buchi neri o di stelle di neutroni per poter registrare nuovi dati.
Collisioni di buchi neri: quante ne potremo vedere?
Poter prevedere e allocare nello spazio le collisioni di buchi neri sarebbe utilissimo agli scienziati per puntare l’orecchio nella giusta direzione al momento opportuno. Oggi un promettente nuovo studio sviluppato da un astrofisico di Vanderbilt potrebbe rivelare un metodo per calcolare il numero di stelle che durante l’intera storia dell’universo hanno potuto generare collisioni di buchi neri. La ricerca è apparsa sulla rivista The Astrophysical Journal Letters e aiuterà i futuri scienziati a interpretare la popolazione di stelle sottostante e testare le teorie sulla formazione di tutti i buchi neri in collisione attraverso la storia cosmica. Karan Jani, autore principale dello studio, spiega:
Finora i ricercatori hanno teorizzato la formazione e l’esistenza di coppie di buchi neri nell’universo, ma le origini dei loro predecessori, le stelle, rimangono ancora un mistero. Con questa ricerca, abbiamo fatto uno studio forense sulla collisione dei buchi neri usando le osservazioni astrofisiche attualmente disponibili. Nel processo, abbiamo sviluppato un vincolo o budget fondamentale, che ci dà informazioni sulla frazione di stelle dall’inizio dell’universo che sono destinate a generare collisioni di buchi neri.
Collisioni di buchi neri: un primordiale modello
Sfruttando la teoria della relatività generale di Einstein, che spiega come i buchi neri interagiscono e alla fine si scontrano, Jani e il co-autore Abraham Loeb dell’Università di Harvard hanno usato le osservazioni di LIGO per fare un inventario del tempo e delle risorse spaziali dell’universo in un dato punto. Hanno quindi sviluppato dei vincoli che spiegano ogni passo che porta alla generazione di una collisione tra buchi neri: il numero di stelle disponibili nell’universo, quali tra queste sono candidate a diventare un singolo buco nero e il rilevamento di eventuali collisioni tra quei buchi neri — catturate centinaia di milioni di anni dopo da LIGO sotto forma di onde gravitazionali emesse dall’impatto. Jani aggiunge:
Dalle osservazioni attuali, scopriamo che il 14 percento di tutte le stelle massicce nell’universo sono destinate a generare collisioni di buchi neri. Si tratta di una notevole efficienza della natura. Questi ulteriori vincoli nella nostra struttura dovrebbero aiutare i ricercatori a tracciare la storia dei buchi neri , rispondendo a vecchie domande e senza dubbio aprendo scenari più esotici.
Si tratta di un numero davvero elevato per un evento considerato molto raro fino a oggi. Il modello sviluppato quindi è basato sui dati osservati negli ultimi anni con gli interferometri e potrebbe permettere un giorno non solo di stimare la quantità , ma anche la posizione e l’ “orario” di possibili collisioni di buchi neri. Al contempo speriamo che la tecnologia riesca a donarci strumenti sempre più potenti e sofisticati in modo da non sprecare preziose occasioni di osservare il misterioso cosmo che ci circonda. Dalla sezione scienze è tutto! Continuate a seguirci per tante altre curiosità !
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