La fotografia e la sua direzione sono uno dei reparti tecnici importanti nei film tanto quanto nelle serie TV, anche se spesso passa in secondo piano. Scopriamo insieme quali sono le migliori serie TV in questo ambito: questa settimana parliamo di Tales of the city
La rubrica fotografia nel mondo delle serie TV prosegue e quasi sul finire del pride month ha deciso di festeggiare l’onda pride mondiale trattando una serie TV molto vicina alla comunità LGBT+. Dopo aver analizzato Downton Abbey e la sua fotografia nitida e pulita, ci addentriamo nel mondo di Tales of the city, mini serie di Netflix del 2019 sequel di una saga narrativa che nasce come raccolta di racconti e prosegue come prodotto seriale degli anni ’90.
Questa mini serie merita attenzione non soltanto perché ci troviamo nel mese del pride, ma perché ha una direzione della fotografia che merita attenzione, oltre che regala slancio e freschezza all’intero prodotto.
Infatti, ci troviamo di fronte ad una mini serie sequel che dal punto di vista narrativo non fa altro che ripercorrere ambiente e personaggi già o di una nuova generazione e che potrebbe essere difficile da seguire se già non si conosce il background letterario degli anni ’90. Ma proprio per la fotografia, la scenografia e la regia, è in grado di incantare un pubblico più ampio portandolo all’interno di ciò che il titolo stesso annuncia, racconti di una città .
Tales of the city: una fotografia da favola
Fin dall’episodio pilota ci sembra di chiudere gli occhi e trovarci esattamente all’interno di un racconto, come se una voce narrante ce lo stesse decantando. La fotografia è modulata con colori molto accesi, brillanti che contrastano la penombra con situazioni di forte illuminazione, come led, luci colorate. Questo lo di può vedere sia all’interno del cortile del palazzo di Barbara Lane a San Francisco, ma anche all’interno del locale dove lavora Shawna, interpretata da Ellen Page.
In questo senso la scelta è molto chiara, ovvero che la fotografia vuole seguire il nucleo centrale di questa saga narrativa: la comunità LGBT+, i suoi colori, le sue emozioni. E così, la fotografia ha molti colori, molte luci, molti contrasti. Lo si vede non appena la protagonista Mary Ann torna dopo vent’anni nel posto dove ha vissuto, il suo vestito rosso e corallo è in contrasto con gli abiti del resto dei personaggi e soprattutto si isola all’interno della cornice magica e luminosa che viene creata grazie all’allestimento scenografico.
All’interno di questi stessi colori e punti di illuminazione, il palazzo protagonista dei racconti è chiaro, quasi candido, favolistico, proprio per accentuare la sensazione che ci stiamo trovando all’interno di una favola.
Per accentuare questa fotografia da favola, i volti e i corpi dei protagonisti sono sempre a favore di luce, sia naturale che artificiale, luminosi e chiari, andando a creare una maggiore attenzione sulle storie raccontate direttamente da loro e non solo dal contesto.
Tales of the City: grandangolo e riprese dall’alto
Accanto a coloro e illuminazione, l’obiettivo fotografico di allarga e sovrasta il contesto dall’alto. L’intenzione è quella di creare dinamicità in un racconto che è principalmente sviluppato all’interno di un contesto e costruito su personalità e rapporti relazionali. E questa dinamicità di crea con giochi di obiettivi, che si aprono verso un campo ampio anche quando al centro della scena c’è un solo protagonista.
Le riprese, oltre che ampie, avvengono spesso dall’alto, per accentuare la presenza dei protagonisti in quel preciso contesto: un contesto vivo, vivace e colorato. La fotografia spesso riprende il palazzo di Barbara Lane dall’alto, in tutti i suoi piani e le storie diversificate e preziose dei suoi abitanti.
Qui si accosta anche la scelta registica di inserire interviste ad alcuni dei protagonisti per la realizzazione di un documentario di Barbara Lane e ti rappresentarle come meta narrazione, cioè scegliendo di riprendere i personaggi in primo piano mostrando il frame dell’interno di una videocamera. Questa scelta accentua le intenzioni di voler narrare una favola, ma al tempo stesso rende realistico il contesto, allontanando lo spettatore dal un mondo pieno di luci e colori e mettendolo di fronte al personaggio in modo diretto e vero.
Tales of the city ha nel complesso una direzione di fotografia molto curata nei dettagli estetici e di scenografia, che donano un effetto magnetico che fa in modo da non riuscire a staccarsi dall’esperienza estetica che il suo contesto vuole creare, talvolta andando anche ad oscurare la sua trama.
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