Bentornati al nostro appuntamento settimanale con In the mood for East, rubrica interamente dedicata al cinema orientale. Oggi vi parliamo di Coin Locker Girl di Han Jun-hee
Dopo la pausa di inizio anno, eccoci di nuovo qua con In the mood for East, la nostra rubrica settimanale dedicata al cinema asiatico. Vogliamo inaugurare questo 2021 con l’opera prima di un regista considerato come una delle più brillanti promesse del cinema sudcoreano. Han Jun-hee, dopo la gavetta in qualità di sceneggiatore e aiuto regista, dirige Coin locker girl (2015). Il film è presentato in anteprima alla Settimana internazionale della critica della 68esima edizione del Festival di Cannes, per poi partecipare a diversi festival in giro per il mondo.
Coin locker girl si rivela come un esordio crudo e violento, nel rispetto della migliore tradizione dei thriller/noir sudcoreani. Nel marasma di produzioni spesso uguali a loro stesse, Han Jun-hee si distingue per una maturità artistica spiccata e una profondità psicologica di cui spesso sentiamo la mancanza in fatto di gangster movie.
Trama e trailer | Coin Locker Girl
Appena nata, Il-young (Kim Go-eun) viene abbandonata in un coin locker, il deposito per bagagli all’interno di una stazione metropolitana. Qui viene trovata da un mendicante, che decide di chiamarla come il numero del suo armadietto: uno (il), zero (young). La piccola cresce nella stazione con gli altri accattoni, finché un giorno, all’età di sette anni, viene rapita e venduta a un’organizzazione criminale. L’organizzazione è guidata da una donna spietata, nota a tutti come “Mamma” (Kim Hye-soo). La donna si serve dei bambini abbandonati per mendicare e compiere piccole attività illegali. Il-young cresce nella criminalità : operazioni come omicidi, vendita illegale di organi, estorsioni e minacce diventano il suo pane quotidiano.
Un giorno, la ragazza ormai diciottenne ha il compito di recuperare del denaro da Park Suk-hyun (Park Bo-gum), a causa di un debito contratto dal padre nei confronti di Mamma. Qualcosa in lei cambia: Il-young è colpita dalla gentilezza del ragazzo, tanto da arrivare a mettere a rischio la sua posizione all’interno della “famiglia” per salvarlo.
Sarà l’inizio della fine.
La malavita nella sua declinazione femminile | Coin Locker Girl
All’interno della cinematografia della Corea del Sud, siamo abituati ai thriller a tinte noir con una dose consistente di violenza. Bittersweet life (2005) di Kim Ji-woon ne è solo un esempio, ma la lista potrebbe continuare ancora a lungo.
La nota inedita di Coin Locker Girl (il cui titolo originale è Chinatown) è l’aver reso protagoniste due figure femminili, in un mondo di violenza e criminalità fatto prevalentemente di uomini. Questa volta sono infatti due donne a tirare le redini dell’organizzazione criminale: Mamma è a tutti gli effetti il boss spietato e crudele, Il-young diventa col tempo il suo braccio destro. Han Jun-hee riesce a declinare la malavita al femminile, evitando di far sembrare le sue protagoniste dei meri scimmiottamenti dell’archetipo del gangster.
Tutto ciò è merito di una grande attenzione ai personaggi, e al loro approfondimento psicologico. L’obiettivo del regista, come lui stesso ha dichiarato, era infatti quello di “non creare nemmeno un personaggio senza una ragione”. Difatti, anche i personaggi secondari sono significativi, e la loro scrittura gli permette di non ricadere nei soliti cliché di genere.
Kim Go-eun e Kim Hye-soo regalano anima e sofferenza ai volti e ai corpi delle due protagoniste femminili, dando vita ad un complesso rapporto che non è solo quello tra un capo e una sua sottoposta, ma anche quello tra una madre e una figlia. Nonostante l’insensibilità e la freddezza con la quale Mamma cresce i suoi “figli”, in Il-young rivede qualcosa della se stessa più giovane. E per questo non riesce a distruggerla, segnando la sua stessa condanna.
Un mondo senza via d’uscita | Coin Locker Girl
Il-young: “Anche tu avevi una madre?“
Mamma: “Non l’hai avuta anche tu?“
Il-young: “Deve essere stata buona con te.“
Mamma: “L’ho uccisa. Proprio qui.“
Il-young cresce in un mondo in cui è necessario dimostrarsi “utili” per guadagnarsi la protezione della sua famiglia criminale. La “famiglia”, composta da una “mamma”, “fratelli”, “sorelle” e “zii” obbedisce solamente a logiche di sangue, che non risparmiano niente e nessuno. Nel momento in cui non si è in grado di apportare un guadagno, si è fuori. Il dialogo tra le due donne è l’emblema di tutto il film. Non c’è spazio per la compassione, per l’affetto, non c’è spazio per la speranza.
La ribellione di Il-young nasce da uno spiraglio accecante, intravisto al di fuori delle strade sudicie e piovose della Chinatown di Incheon. Nel momento in cui conosce Park Suk-hyun, la ragazza si ritrova di fronte a qualcosa di sconosciuto: gentilezza, amore per la vita, normalità . Il giovane non è come le persone con le quali ha di solito a che fare. La invita a casa sua, le prepara da mangiare, la porta al cinema, le parla dei suoi desideri.
Nel mondo crudele della malavita, ogni sforzo compiuto da Il-young si dimostrerà vano. Lo spargimento di sangue sarà inevitabile, ma non sarà parte di un percorso che – come spesso accade – porterà alla purificazione. Il cerchio non può essere chiuso, poiché le uniche cose che dettano legge sono denaro e potere. La violenza è l’unico modo che il suo mondo conosce per sopravvivere. E Il-young si renderà conto di non poter essere salvata, di non avere nessun’altro posto in cui andare. Quella in cui è cresciuta è la sua famiglia.
Conclusioni
Han Jun-hee si affida a una regia fluida ed elegante, con lunghe carrellate, mantenendo comunque un buon controllo e la giusta adrenalina nelle scene d’azione. Sintomo di una maturità non sempre riscontrabile in un’opera prima. Coin locker girl è il film giusto se volete godervi il sangue e la violenza tipici dei migliori thriller/noir orientali, senza rinunciare a un’intensa introspezione dei personaggi e dell’intreccio drammatico.
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