All’inizio dell’estate di quattordici anni fa usciva Sin City, pietra miliare del cinema fumettistico: vediamo in questa retro-recensione perché non abbia mai avuto eguali nel suo genere
TITOLO ORIGINALE: Sin City. GENERE: Azione, Noir. NAZIONE: USA. REGIA: Frank Miller, Robert Rodriguez, Quentin Tarantino. CAST: Bruce Willis, Clive Owen, Jessica Alba, Mickey Rourke, Nick Stahl, Powers Boothe, Rutger Hauer, Elijah Wood, Rosario Dawson, Benicio del Toro, Marley Shelton, Josh Hartnett, Jaime King, Devon Aoki, Brittany Murphy, Michael Clarke Duncan, Carla Gugino, Alexis Bledel, Michael Madsen. DURATA: 124 minuti. DISTRIBUTORE: Buena Vista International. USCITA: 2005.
Basin City (la B sul cartello di benvenuto alla città ormai è scomparsa) è una città nera, dove regna la notte, abitata da una schiera di antieroi. Tutti cupi, cattivi, ognuno a modo suo. Sono i protagonisti di quattro filoni.
Il primo riguarda un killer professionista noto come il Commesso (Josh Hartnett), che tenta di uccidere di uccidere l’ex-amante di un gangster (Marley Shelton). La seconda storia, che si apre per poi interrompersi e riprendere in conclusione al film, ha come protagonista il detective John Hartigan (Bruce Willis), impegnato in una lunghissima e travagliata protezione della bambina e poi adulta Nancy Callahan (Jessica Alba) nei confronti di un mostro giallo, pedofilo figlio di un Senatore.
Il terzo atto ruota attorno al personaggio di Marv (Mickey Rourke) e alla vendetta che questi giura di compiere in nome di Goldie (Jaime King), una prostituta che viene uccisa la notte stessa in cui sono stati a letto assieme. La quarta storia è un crescendo di violenza che si conclude con una spettacolare scena di massacro tra orde di poliziotti e prostitute, su cui svettano le figure di Gail (Rosario Dawson), loro leader, e Dwight (Clive Owen), suo amante.
Oggi i film ispirati ai fumetti impazzano. Nel 2005 meno. Certo, i disegni di Frank Miller viaggiavano da tempo nell’Olimpo del fumetto. Elucubrazioni metropolitane dalle atmosfere plumbee, nelle quali viaggiano personaggi decisamente lontani dall’essere eroi. La materia prima era quindi ottima, e il passaggio dall’inchiostro alla pellicola è stato magistrale. Un azzardo riuscito, in un’epoca in cui al cinema ancora non si era visto qualcosa di paragonabile a Sin City.
Una regia a cinque stelle | Retro-recensione Sin City
Il rischio era che il progetto fosse assegnato a qualche regista di basso calibro e molto lontano dall’universo fumettistico. Rischio che, però, in questo caso il rischio è stato evitato. Forte di ben tre personalità alla regia, Sin City è diventato una pietra miliare nel cinema, ineguagliata nella sua bellezza. Robert Rodriguez era il regista ufficiale, lo stesso Frank Miller collaborava come supervisore alla traduzione filmica della sua creazione, e niente meno che sua maestà Quentin Tarantino era accreditato come special guest director nell’episodio Un’abbuffata di morte. Cosa chiedere di più.
Tutto nel film è cupo, sanguinoso, aggressivo. Le sue vivide immagini danno nuova linfa vitale al noir. Ci sono i cattivi, i buoni, ma soprattutto le vie di mezzo. Ci sono i poliziotti, le femmes fatales, preti, stupratori, ubriaconi, assassini, prostitute e chi più ne ha più ne metta. Del vecchio genere anni 40/50, Sin City eredita tutti i caratteri principali, ma li metabolizza e li restituisce trasfigurati in una dimensione più volgare, più immediata, più sensuale, più contemporanea.
Il film è una impressionante trasposizione, praticamente uguale (sia in termine di inquadrature, che di colori, che di dialoghi) all’opera letteraria di Miller. Rodriguez accoglie in pieno questo ruolo, mettendo poco del suo, pur cristallino, talento. E questo si vede sopratutto nella fotografia. L’aspetto visivo, che ovviamente è quello che più colpisce mentre si guarda Sin City, è costruito con attenzione certosina attraverso una serie di strumenti tutti orientati al digitale, primo fra tutti il chroma key. Le riprese sono state effettuate in digitale e a colori: il magnifico effetto coloristico di contrasto bianco/nero, che è la vera anima del film, e del noir più in generale, è stato quindi ottenuto a posteriori, lasciando le violente macchie di colore rosse e gialle dove necessario, seguendo rigorosamente la sceneggiatura fumettistica del maestro Miller.
E altre stelle… | Retro-recensione Sin City
Oltre all’esperienza visiva, di Sin City rimane anche il ricordo delle grandi performance attoriali. Il cast è decisamente ricco. Ognuno sembra tagliato per la parte che interpreta. Tutti riescono a dare una solida base realistica al virtualismo del film. Nel suo essere virtuale, digitalmente disegnata, la città del peccato avrebbe potuto essere solo una parodia di quella disegnata con matite e chine. Invece, grazie alle performance dei grandi attori, l’impalpabilità e l’illusorietà del virtuale cinematografico si sposano con quelle del fumetto.
Gli attori che si muovono in questo habitat hanno un inquietante mimetismo. Anche in questo aspetto il regista dà prova di grande lucidità, scegliendo di non virtualizzare i suoi protagonisti, affidandosi al ben più tradizionale trucco in caso di necessità (come nei casi di Marv o del Bastardo Giallo). I protagonisti di Sin City, con il loro debordante carico di umanità, non avrebbero potuto essere nemmeno parzialmente virtuali. Rodriguez ha capito quindi sia le potenzialità del digitale che i suoi migliori campi di utilizzo, senza mai dimenticare la centralità dell’elemento umano nell’atto attoriale.
Un taglio nuovo sul genere fumettistico
Come detto, Sin City non è il primo tra le trasposizioni di fumetti, ma è del tutto nuovo rispetto ai precedenti. L’operazione del film, denota un rispetto incredibile per l’originale stabilendo una nuova, pesantissima pietra di paragone per i rapporti tra cinema e fumetto. Sin City è un film affascinante, avvincente e convincente per la sua forma e per il suo contenuto. Ma è anche una delle migliori opere che dimostrano e svelavano nuove e enormi potenzialità offerte dall’ibridazione cinema-fumetto e alle loro reciproche influenze. Un’opera che nel suo forte ma mai eccessivo utilizzo delle tecnologie digitali ha dimostrato una indole avveniristica per le prospettive e le possibilità del cinema.
Punti a favore
- Il rispetto del materiale fumettistico
- La visività esuberante
- Il cast e la regia stellari
Punti a sfavore
- Nessuno degno di nota
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