Prendi una storia di samurai, aggiungici uno scontro generazionale tra vecchio e nuovo mondo, e mischiali insieme alla bravura di Tom Cruise. Ecco che uscirà L’ultimo samurai, di cui ti andrò a parlare
TITOLO ORIGINALE: The Last Samurai. GENERE: Avventura/Drammatico/Storico. NAZIONE: USA/ Nuova Zelanda/ Giappone. REGIA: Edward Zwick. CAST: Tom Cruise, Ken Watanabe, Hiroyuki Sanada, Timothy Spall. DURATA: 150 minuti. DISTRIBUTORE: Warner Bros. Picture. USCITA CINEMA: 2003.
Capita mai di voler assistere ad una pellicola in cui, oltre allo svolgimento di una trama concreta, si vuole conoscere la filosofia di una Nazione? Ecco, se ti è capitato, L’ultimo samurai farà sicuramente per te: immergersi nella cultura giapponese e scoprirne la filosofia di vita è una delle chiavi di lettura possibili del film.
Unisci anche una storia che si basa sullo scontro di due mondi, ovvero quello votato al progressismo e quello basato sulla tradizione: un tema delicato, che la pellicola, grazie ad una buona sceneggiatura ad opera, oltre che dello stesso regista, di John Logan e Marshall Herskovitz.
Ma addentriamoci di più e scopriamo il perché L’ultimo samurai è degno di una retro-recensione!
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L’ultimo samurai: una trama già vista? | Retro-recensione
Se dovessi riassumere la trama principale de L’ultimo samurai, correrei il rischio di incappare in altre pellicole che hanno trattato dell’argomento, in primis Pocahontas.
Infatti la storia principale segue le vicende dell’ex capitano in congedo dell’esercito statunitense Nathan Algren, interpretato da Tom Cruise, che viene convinto ad assumere il ruolo di addestratore delle truppe giapponesi. Serve, infatti, una guida esperta capace di rendere la potenza bellica dell’imperatore giapponese in grado di prevalere sui ribelli samurai. Questi ultimi, accusati di fomentare idee di secessione, sono infatti considerati come un pericolo per gli interessi di un Giappone che solo da poco tempo si sta affacciando sul panorama delle potenze mondiali.
Dopo una battaglia rovinosa, che ha visto i samurai prevalere sulle truppe comandate dallo stesso Algren, l’esercito dell’imperatore è costretto alla fuga e l’ex capitano statunitense viene condotto come prigioniero nel villaggio dei guerrieri. Il film prosegue, rendendoci partecipe della scoperta di scorci di vita quotidiana di questi leggendari combattenti e facendoci mutare le nostre impressioni avute all’inizio del film.
Infatti, così come muta il nostro pensiero, anche quello del comandante Nathan Algren cambia: passando dal vederli come meri selvaggi, ne studia le abitudini, l’arte della spada e soprattutto la filosofia di vita. Cambia anche il suo modo di vedere lo scontro tra le due fazioni, ovvero tra i samurai e l’imperatore: si scopre, infatti, che l’obbiettivo dei valorosi guerrieri non è quello di dividersi dall’imperatore, ma contro gli ideali di occidentalizzazione, promossi da politici e generali opportunisti.
Il capo stesso dei samurai, Katsumoto, interpretato da Ken Watanabe, è anzi convinto che va bene affacciarsi a nuove ideologie, tuttavia mantenendo le tradizioni che una cultura millenaria quale quella giapponese ha avuto. Per questo motivo studia il suo prigioniero, cercando di comprendere cosa sia la cultura occidentale e in quali aspetti diverge da quella orientale. La pellicola si dipana attraverso rapporto tra Algren e Katsumoto: da nemici diventano amici e confidenti, riuscendo a fare affidamento l’uno sull’altro nelle fasi più concitate del film.
Qualora però pensiamo ad una trama già vista, ovvero l’estraneo che da nemico diventa amico e contribuisce a difendere la sua “nuova casa”, grazie alla regia di Zwick e alla sceneggiatura, oltre che alla caratterizzazione dei personaggi, L’ultimo samurai diventa un film diverso, in cui azione e filosofia si fondono e creano 150 minuti di puro piacere.
Le riprese contribuiscono a creare un clima di pace, apparente, che il villaggio dei samurai riesce a trasmettere, nonostante su di loro incombe l’ombra della guerra. Le scene di esercitazione con la spada, inoltre, arricchiscono la nuova idea che il film ci fa fare riguardo i samurai: se all’inizio li abbiamo visti come guerrieri spaventosi e brutali, adesso li vediamo come un popolo pacifico, dedito alla vita semplice e alla contemplazione degli attimi, che ricorre alla guerra solo quando seriamente minacciato.
La tradizione si scontra con un mondo dedito all’evoluzione, spesso dimenticando le proprie origini: è proprio qui il tema nascosto de L’ultimo samurai, che esplode attraverso le scene finali, cariche di emozione e pathos.
L’ultimo samurai: azione e contemplazione si uniscono | Retro-recensione
Ne L’ultimo samurai la contemplazione della vita quotidiana e lo studio della cultura straniera possono sembrare come “zavorre”, che fermano la narrazione degli eventi. In realtà, molto spesso si alternano, magistralmente oserei dire, scene cariche di azione, in cui si sentirà spesso il clangore delle spade, le urla di battaglia e gli spari dei fucili.
Azione, frenesia e battaglia, quindi, si fondono nell’aspetto più pacato della pellicola: la loro unione è perfettamente amalgamata.
Le musiche, composte dal poliedrico Hans Zimmer, contribuiscono a creare una sensazione di pace nelle dovute scene, ma in quelle concitate accompagnano l’azione, riuscendo a catturare lo spettatore assorto nella visione.
Grazie ad una regia assennata, inoltre, le scene più concitate non risultano mai caotiche, ma sempre chiare e precise: i movimenti dei guerrieri sono precisi e studiati come danze letali; non mancano poi scene struggenti, dove solo un’ottima caratterizzazione dei personaggi riesce a fare breccia nel cuore dello spettatore.
L’ultimo samurai: attori bravi fanno un film? | Retro-recensione
La scelta del protagonista, Nathan Algren, è ricaduta su Tom Cruise, reduce dalle pellicole di Mission Impossible II, Vanilla Sky e il capolavoro del cinema fantascientifico Minority Report: fino al 2003, quindi, ha pienamente convinto la sua capacità di spaziare da pellicole full action, a film in cui vengono ispezionati vari aspetti dell’animo umano (Vanilla Sky).
La sua performance ne L’ultimo samurai, quindi, è degna di nota come sempre: Tom Cruise è stato capace di far evolvere il suo personaggio da uomo distrutto dai ricordi, a uomo con una ragione per combattere.
Ken Watanabe ha fatto anche il suo: l’attore è riuscito ad infondere la solennità che si addice al suo personaggio, senza mai risultare sopra le righe. Gli attori di “contesto” sono inoltre molto bravi a caratterizzare i propri personaggi, da quello duro a quello più espansivo, riuscendo a renderli vivi e convincenti. Nonostante i temi trattati, inoltre, i personaggi non vanno ad appesantire la narrazione, pur risultando profondi e solenni.
L’ultimo samurai: considerazioni finali | Retro-recensione
La pellicola, pur essendo uscita nel 2003, è ad oggi un ottimo film, in grado di emozionare dall’inizio alla fine. Il tema del conflitto tra tradizione e modernità è stato poche volte affrontato, e contribuisce a fornire più di una chiave di lettura al film, esplodendo nelle scene finali cariche di emozione.
L’ultimo samurai, inoltre, fu candidato agli Oscar nelle categorie di Miglior attore non protagonista (Ken Watanabe), Migliore scenografia, Migliori costumi e Miglior sonoro: candidature di rilievo che contribuiscono ad ergere la pellicola a uno dei migliori film di quell’anno.
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Punti a favore
- Caratterizzazione dei personaggi
- Temi trattati
- Costumi
Punti a sfavore
- Trama all'apparenza già vista
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