Final Fantasy VIII Remastered è arrivato e insieme è tornato uno sciame di sensazioni che non sentivo da quando ero davvero piccola. Ve ne parlo, a cuore aperto, in questo lungo flusso di coscienza
In questa epoca di Remastered, Remake, Remastered Plus e chi più ne ha più ne metta, inizio a pensare seriamente di stare invecchiando e anche troppo velocemente. Non voglio stare qui a disquisire sull’utilità o meno di tali strategie di marketing, è ovvio che per la maggior parte dei casi i titoli Remastered siano dedicati quasi esclusivamente a chi nel fattore nostalgia ci naviga, sarebbe un discorso lungo, tedioso e tendenzialmente inutile ormai, perché trattato in ogni sede. Il senso di questo mio articolo è un altro. Questo è il mio canto del cigno per Final Fantasy VIII.
“Odio non avere niente da fare. Mi viene da pensare troppo.”
Ognuno di noi appassionati è stato bambino. La nostra visione dei videogiochi ai tempi era diametralmente diversa, considerando che moltissimi di noi non aveva la possibilità di acquistare ogni singolo costosissimo gioco (perché sì, sdoganiamo l’idea che ora i videogiochi costino di più, andate a rivedervi i prezzi di lancio dei vari titoli PlayStation e poi ne riparliamo). Quindi era un continuo prestamano, un continuo andare a casa degli amici o, più semplicemente, scambiarsi costantemente i vari giochi che miracolosamente i nostri genitori decidevano di concederci nelle feste più disparate. È proprio tramite un amico, infatti, che venni in possesso del primo disco di Final Fantasy VIII.
Final Fantasy VIII è… nostalgia
Sì, solo ed esclusivamente il primo disco, o almeno inizialmente. Vi posso assicurare che giocai quel singolo disco una cosa come trenta e più volte, prima di riuscire a venire in possesso della versione Platinum completa, ovviamente sempre tramite un altro amico. No, non ho mai restituito quella copia. Sì, sono un’infame.
La peculiarità del primo disco di cui venni in possesso era che… Era rovinato. Il gioco si bloccava sempre e comunque al filmato della parata di Edea alla fine del cd, quindi per quelle trenta volte non ho mai manco nemmeno saputo come diamine finisse. La frustrazione era tanta e ora non potete biasimarmi per essermi tenuta quella versione platinum. Chiunque di voi lo avrebbe fatto.
Non conoscevo la serie di Final Fantasy, non mi ci ero approcciata per nessuna ragione in particolare. Semplicemente, volevo capire come diamine finisse quel CD1. La piccola rompiscatole chiacchierona dei tempi si innamorò di Final Fantasy VIII. Il taciturno Squall, l’affascinante Rinoa, la cosa che più mi colpì fu il loro amore adolescenziale, così profondo e interessante ai tempi, così infantile ora. La lotta alle Streghe, il profondo senso di amicizia che permea tutto il titolo, la possibilità di redenzione data a chiunque, anche al più perfido dei cattivi.
…è un esperimento mal riuscito
Spostiamoci in avanti di vent’anni. Il 3 settembre è arrivata per tutti noi la fatidica Final Fantasy VIII Remastered, il lavoro che Square Enix ha deciso di utilizzare per ridare nuova linfa e vita al suo ottavo capitolo. Una Remastered che ha necessitato di più tempo rispetto alle altre in quanto la compagnia non era più in possesso dei modelli originali. E proprio questi ultimi sono stati (quasi) tutti completamente rifatti da capo, cambiando anche in parte il design dei protagonisti, portandoli ad assomigliare maggiormente allo stile scelto in Dissidia Final Fantasy.
Ma no, non siamo in sede di recensione, quindi non discuterò velleità e tecnicità varie. Non voglio giudicare il titolo per potergli dare una valutazione. Voglio cercare di far capire ai profani, o a coloro che non apprezzano così tanto Final Fantasy VIII cosa è significata questa Remastered per me. Per noi, per coloro che, nel 1999, ascoltavano Liberi Fatali ogni volta con sguardo diverso, sempre più preso e innamorato ogni volta che si avviava il disco.
Non è tanto una questione di validità del titolo. Sappiamo tutti che Final Fantasy VIII è stato un esperimento un po’ mal riuscito. Rompibile sin dal primo disco, con un sistema di magie talmente tanto ridicolo da spingerti a non usarle. Evocazioni splendide, ma completamente inutili sin dalle prime fasi del secondo cd. Chi ha mai davvero evocato Eden? Forse semplicemente per il filmato di invocazione magnificiente, una volta, due, poi basta. Aura, Renzokuken e passa la paura.
Per non parlare poi di Squall, protagonista insulso e anche fastidioso fino al terzo disco, in cui poi si assiste alla miracolosa trasformazione e redenzione. È tutto un po’ mal bilanciato, mal gestito. Un esperimento, dicevo, perché a Square Enix, o meglio SqareSoft ai tempi, piaceva sperimentare. Piaceva creare, innovare, costruire nuovi mondi sempre diversi e sempre particolari.
Che cosa aveva, quindi, tanto di speciale? Il fattore anagrafico.
…è empatia e capacità di sognare
I protagonisti sono effettivamente sei adolescenti. Giocarlo quando si rispecchia quell’età o, nel mio caso, si è anche più piccoli, dà quel senso di appartenenza ad un mondo che descrive cose molto più grandi di noi, ma nella semplicità della tenera età. Discussioni e dialoghi rasentano spesso e volentieri l’infantile, e vi assicuro che rigiocarlo ora che ho ufficialmente scavalcato il quarto di secolo di vita risulta essere spesso imbarazzante.
Ma a quell’età vedere nostri coetanei combattere Streghe, sconfiggere il male e salvare il mondo dalla Compressione Spazio-Temporale era la cosa più affascinante che potesse mai esistere. Final Fantasy VII era troppo maturo, ammettiamolo. Troppo cupo, troppo da adulti. Nelle prime ore di Final Fantasy VIII assistiamo Squall asfaltare la povera Quistis che cercava una spalla di conforto dopo essersi sentita dare dell’insegnante fallita. Ai tempi mi dispiacque molto per lei, ora posso solo ridere sguaiatamente.
Quello che Square aveva quindi ben azzeccato vent’anni fa era il target a cui riferirsi. Ragazzini, giovani adulti comunque in grado di comprendere le astruse meccaniche del gioco e, al contempo, di affezionarsi a sei scapestrati senza lode né infamia. Aggiungiamoci poi che fu effettivamente il primo capitolo della serie ad essere totalmente localizzato in italiano e capirete che avevano fatto centro. Un tiro da tre punti.
Riportarlo in versione rimasterizzata ha scatenato tre tipi di persone.
Il primo, quelli che mai hanno giocato Final Fantasy VIII e che ne sono rimasti incuriositi, lo hanno acquistato, giocato e si son fatti la loro idea.
Il secondo, i detrattori, che probabilmente anche loro l’han comprato giusto per risottolineare quanto gli faccia effettivamente schifo. Farlo sapere al mondo ormai è diventato essenziale.
Il terzo, le persone come me. Che lo giocano e lo adorano in silenzio, giusto per non sentirsi urlare dietro dagli appartenenti al secondo gruppo, pronti con striscioni con scritto “Final Fantasy VII è meglio”, forconi e torce.
Che apparteniate al primo, al secondo o al terzo gruppo, in ogni caso avrete speso soldi per acquistare la Remastered e, alla fine dei conti, avrete comunque fatto una scelta azzeccata.
Final Fantasy VIII è… il mio più dolce ricordo
Cosa ha, infine, significato per me quindi questa Remastered?
Esattamente quel che doveva significare per ogni appassionato: un tuffo nel passato. Un immergersi di nuovo in sensazioni legate all’infanzia, alla girella per merenda e ai pomeriggi con gli amici. Uno staccarsi dalla vita frenetica di oggi, piena di lavoro, impegni, preoccupazioni e problemi.
Andare a casa, buttarsi a letto e riascoltare Liberi Fatali mi regala quel senso di tranquillità e dolce mestizia, per tempi che mai torneranno. E, forse, è anche meglio così.
Final Fantasy VIII è un po’ il figlio venuto male, quello che però, comunque, non riesci a detestare. È pur sempre tuo figlio. Gli vorrai sempre bene, forse anche un pochino più degli altri, perché avrà anche i suoi problemi, le sue difficoltà, ma è e resterà sempre speciale. E lo sapete tutti quanti.
Un ringraziamento a tutti voi per essere arrivati alla fine di questo sproloquio. A presto!
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