Il 7 aprile si terrà al Santeria Social Club di Milano il Commodore 64 Day, evento che vuole celebrare l’uscita del C64 Mini, e non solo. In merito, abbiamo avuto l’onore di intervistare uno dei due ideatori dell’evento, Emanuele Martorelli, il quale ci ha spiegato la ragion d’essere di questa manifestazione
Ci è stato mostrato il cuore di una giornata dedicata ad un’icona tecnologica e videoludica, la quale eredità ha ancora tanto da mostrare ed insegnare. Dal Commodore 64 possiamo imparare cos’è la creatività nella tecnologia, e cosa significa realmente progresso tecnologico.
Com’è nata l’idea del Commodore 64 Day?
Emanuele Martorelli: Il C64Day nasce come celebrazione di un impeto creativo e come provocazione: rilanciare nell’era dell’HD la sfida e il piglio di chi ha saputo comprimere idee e innovazioni in uno spazio tanto piccolo: 64k bytes.
Un messaggio a un’epoca fatta di Alta Definizione® spesso carente di spunti. Mi sembra che lo sviluppo informatico sul finire degli anni ’70 abbia creato ondate simili a quelle venute con Internet: nuove figure professionali, spazi presi dal basso, altri modi di diffusione della cultura.
Un artigianato spontaneo, allora smerciato da un luogo incredibile: l’edicola. L’idea era quella di stabilire delle connessioni, ripartire da una macchina proiettata tanto in avanti e capire se oggi è davvero possibile fare progetti a più di tre mesi.
Ti sei sentito in sinergia con Diego K. Pierini nella pianificazione dell’evento?
Emanuele Martorelli: Cercavo qualcuno che comprendesse l’aspetto laterale di questa operazione. Che non richiamasse il solito raduno di addetti ai lavori ma anzi, che spaziasse a pieno raggio. Lui è diverse cose, un autore con molteplici interessi e competenze.
Ci conosciamo da poco ma direi che c’è un’ottima condivisione di ruoli: al momento giusto riusciamo anche a fraintenderci. E su quelle incomprensioni stiamo costruendo l’evento. Siamo partiti guardandoci in faccia e dicendo: “cerchiamo di spiazzarci”.
Cosa possiamo dunque aspettarci dal Commodore 64 Day?
Emanuele Martorelli: Uno sguardo (col)laterale su un percorso. Una giornata in cui si parlerà del presente rimescolando il passato. Giocare alle deCostruzioni. Nessun piglio nostalgico, solo un tentativo divertito di ricollegare i fili tra due epoche. Ci saranno esibizioni, performance e interventi. Si parlerà di musica, di editoria.
Ognuno dei partecipanti ha aderito per la voglia di farlo portando il suo contributo. La manifestazione è venuta fuori spontaneamente in un clima di entusiasmo, con lo staff di Santeria Social Club a sostenerci.
Ci sarà anche la Koch media, che sta ristampando il computer in versione mini. Tutto per farci delle domande sull’oggi. Una su tutte: l’aspettativa sul futuro è al momento in assenza di budget?
L’uscita del C64 Mini si colloca in un periodo felice per il retorgaming, e tutti gli appassionati sono già in subbuglio. Vedremo anche te alle porte del tuo negozio di videogame di fiducia per essere tra i primi ad acquistarlo?
Emanuele Martorelli: Ho ancora un C64 originale, un computer che non ho mai smesso di usare. A volte cerco di portarlo nel mio lavoro attuale come la musica o la satira. Spesso faccio riferimento a quel mondo, per me ancora vivo non in termini di recupero, ma di proseguimento. L’8bit è stata una scuola di pensiero che ha insegnato come sviluppare la creatività con mezzi irrisori. Non mi stupirebbe se il Mini cominciasse a comparire nei concerti.
Il Commodore 64 è una delle icone più importanti nella storia dei videogiochi. A quanto pare i videogiocatori non hanno dimenticato le “origini” della loro passione, tanto che oggi è diventato un vero e proprio oggetto di culto, entrato a far parte della cultura pop. Cosa pensi renda questa storica console così affascinante? E perché oggi è necessaria la presenza del C64 Mini nel mercato videoludico?
Emanuele Martorelli: Il C64 è andato oltre la semplice idea di intrattenimento. Credo che il fascino stia nell’incontro tra due spinte: quella partita dall’alto, da progettisti che hanno messo a punto una macchina con potenzialità enormi per l’epoca, e quella venuta dal basso: gli utenti hanno raccolto la sfida e portato quel potenziale a livelli incredibili, tanto che ad oggi è uno dei computer della prima ora sul quale ancora si sviluppano programmi.
Ha spalancato una finestra sul futuro, è stata una palestra di talenti che ha acceso una miccia a musicisti, grafici, programmatori. I primi giochi che ricreavano vere esperienze letterarie, musicali e cinematografiche sono stati concepiti li.
Invenzioni di una modernità inaspettata. Riproporre una simile macchina significa puntare i riflettori su un periodo carico di aspettative e, possibilmente, rileggere quell’impeto.
All’interno di uno scenario nel quale il progresso tecnologico procede in maniera sempre più rapida, e i dispositivi che utilizziamo diventano più intelligenti e all’avanguardia, come inquadreresti l’esigenza di un ritorno al passato nostalgico e affettuoso come è il retrogame?
Emanuele Martorelli: Se preso per il verso giusto è un buon modo per confrontarsi. Lo spazio quasi illimitato concesso oggi dal digitale può dare ad alcuni l’illusione di essere creativi. Bisogna ridimensionare certe spinte dell’Ego e ripartire dall’idea, utilizzare il retrò per fare autocritica.
E’ come rileggere i classici o fissare le avanguardie. Tra l’altro, il ritorno degli 8 bit tra Pixel Art e giochi che richiamano quell’immaginario danno una conferma: non c’è bisogno di un realismo estremo per sfornare prodotti credibili.
Fondere il retrogaming con l’odierna tecnologia e gusto pop: hai mai pensato a qualcosa di simile?
Emanuele Martorelli: Il C64 Day nasce proprio dall’esigenza di svincolarsi dal semplice Retrogaming per perdersi in altre strade. Per questo l’idea base è stata da subito invitare anche ospiti il più possibile distanti dal settore videoludico, in grado di portare contributi e testimonianze inedite.
Ho sempre guardato al videogioco in una prospettiva creativa. Io sono un musicista, un autore satirico e un antropologo. Tre luoghi dove le certezze hanno spesso poca ragione d’essere. L’idea della rassegna è di andare il più possibile in posti incerti e, al posto del navigatore, portare un Commodore64.
Cosa ne pensate delle parole di Emanuele Martorelli? Pensate di partecipare all’evento?
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