In questa recensione andremo a vedere cosa abbia da offrire al giocatore Pangeon, l’ultimo lavoro indie di Skrypious e Vegetable Games
Per la prima volta nella storia dei videogiochi, sembra che il media abbia smesso di guardare in avanti. Non lo diciamo tanto per darci un tono disfattista: è la semplice realtà . Se dovessimo scegliere un tratto caratteristico della generazione che sta per concludersi fra pochi giorni, con l’arrivo sul mercato di Xbox Series X/S ePlayStation 5, probabilmente opteremmo per la rilettura del passato in chiave moderna.
Il mondo degli sviluppatori indie ha certamente contribuito ad un’evoluzione simile, dal momento che proprio dagli ambienti meno avvezzi alla distribuzione di massa vengono prodotti chiaramente ispirati a titoli degli anni ’80 e ’90. Non è un male: l’evoluzione continua ha portato anche ad una certa idiosincrasia verso sistemi di gioco che sono invecchiati prima del previsto (pensiamo soprattutto ai mondi aperti e privi di barriere). Ben venga, quindi, l’operato di piccoli team come Skrypious e Vegetable Games, qualora sia supportato anche da una sensibilità e qualità ludica non indifferente. Come vedremo nella recensione di Pangeon, tuttavia, non tutto è andato per il verso giusto.
Pangeon Master
Chi si ricorda Dungeon Master? Forse non molti di voi. Parliamo di un titolo che, sviluppato nel lontano 1987 da FTL Games, è riuscito ad influenzare in maniera incalcolabile, assieme all’ancor più anziano The Bard’s Tale, il generei dei cosiddetti Dungeon Crawler, tanto che persino serie insospettabili, come Shin Megami Tensei o Etrian Odyssey, devono molto a quest’opera. Pensateci: il compito del giocatore era quello di creare un party di personaggi e guidarlo all’interno di un complesso dungeon composto da ben 14 livelli, per recuperare un’antica reliquia.
Il genere ha conosciuto nel corso degli anni una fortuna alterna, ma è ritornato in auge proprio grazie al florido panorama indie di cui parlavamo qui sopra. Panorama al quale appartengono anche Skrypious e Vegetable Games, i due studi che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto e che devono avere più di qualche debito coi suddetti capolavori del passato.
Andiamo a scoprire in questa recensione perché Pangeon non è esattamente uno degli esponenti migliori di questo genere.
Una spada per amica – Recensione Pangeon
Forse il preambolo di questa recensione potrebbe far pensare che Pangeon sia un titolo completamente da bocciare. Non è così, perché siamo comunque riusciti a trovare qualche aspetto positivo nel prodotto di Skrypious e Vegetable Games. Ma partiamo dall’inizio. Pangeon si presenta al giocatore senza troppi riti di cortesia: sin da subito verremo catapultati in un semplicissimo menu dal quale scegliere se iniziare una nuova partita o caricare un vecchio salvataggio (esiste un solo slot), oppure se giocare nella modalità Arena.
Iniziando una nuova partita dovremo scegliere uno fra quattro personaggi prestabiliti, appartenenti ad altrettante classi differenti. Abbiamo l’immancabile Guerriero, l’agile Arciere, l’astuto Ladro e il potente Stregone. Diciamo che l’originalità non è di casa, ma noi, da bravi appassionati di cliché fantastici – e soprattutto da pessimi giocatori di Dungeons & Dragons – non ci siamo lasciati scoraggiare: del resto questo vuole essere un omaggio ai classici del passato. E che classico sia, allora.
Fatta la scelta e distribuiti cinque punti statistica – anche qui siamo nei reami del conosciuto – verremo catapultati nelle segrete di un dungeon. Non ci saranno spiegazioni, né sarà presente un vero e proprio contesto narrativo. Raccolto il primo equipaggiamento da un baule, dovremo farci avanti fra gli 8, brevissimi livelli, eliminando tutto quello che ci si parerà davanti. Il loop è ben noto a qualsiasi appassionato: uccidi il nemico, sali di livello, e arraffa l’equipaggiamento (o compralo da un mercante).
La formula è così ben rodata che sarebbe difficile sbagliare, eppure Pangeon soffre di una preoccupante carenza di contenuti. Anche scegliendo il livello di difficoltà più alto, sarà possibile terminare l’avventura in meno di un’ora, una volta apprese le meccaniche di base. Non che ci siano meccaniche avanzate, sia chiaro.
Scegliere fra le varie classi non comporta dei cambiamenti veri e propri: il Ladro potrà aprire le porte chiuse senza dover eseguire un semplice minigioco di scassinamento, mentre l’Arciere, beh… L’Arciere potrà usare l’arco. Il Guerriero, invece, menerà le mani e il Mago userà un bastone per scagliare incantesimi a distanza. Non sarà possibile personalizzare le varie classi in alcun modo, visto che troveremo sempre gli stessi equipaggiamenti (due set di armature e qualche arma) e che, in fin dei conti, si sale così poco di livello da riuscire a differenziare davvero il proprio eroe.
Gli avversari, poi, non offrono pattern abbastanza variegati da poter davvero intrattenere il giocatore. Le creature del dungeon si limiteranno spesso a venirci addosso senza utilizzare particolari tattiche o, al limite, a lanciarci qualcosa addosso. In un punto del gioco ci viene chiesto di raccogliere degli artefatti per aprire un cancello, mentre in un altro c’è una trappola nel terreno. Queste intuizioni, che potrebbero essere buone se sviluppate in lunghezza, mostrano i propri limiti a causa della brevissima durata dell’avventura. Nemmeno la modalità Arena riesce a sopperire a questo problema, limitandosi a schierarci contro ondate di mostre crescenti, ma rimanendo totalmente scollegata dal resto del gioco.
Esplorare, in Pangeon, è divertente, e tutto sommato il problema è proprio questo: sembra di aver assistito più ad un tutorial, che ad un gioco davvero completo nei contenuti. Se l’avventura fosse durata di più e avesse sviluppato quindi meglio le idee del team di sviluppo, forse staremmo parlando di un simpatico gioco indie. Il titolo, invece, viene venduto su Steam a 8 euro, un prezzo troppo alto per quello che il software offre all’acquirente.
Un’estetica retro – Recensione Pangeon
L’estetica di Pangeon, indovinate un po’, si rifà a quei titoli del passato che sfruttavano meccaniche simili. In particolare, il primo pensiero è corso all’intramontabile The Elder Scrolls II: Daggerfall, che pure presentava un’atmosfera molto più cupa e gelida. Pangeon, al contrario, nonostante la visuale in prima persona e l’aspetto pixeloso di avversari e ambienti, subisce l’influenza di Minecraft in maniera evidente, con colori più sgargianti e un design più simpatico e allegro. Il titolo di Mojang è, del resto, l’esempio più popolare di titolo indie che sia possibile citare in causa.
Il comparto audio presenta un tema musicale molto riuscito – che, però, è uno solo. Anche in questo caso, Pangeon sembra lesinare sui contenuti, con nostro sommo dispiacere. Gli effetti sonori, ovviamente, sono molto basilari e si riducono a qualche suono elettronico per simulare l’uccisione di un avversario o l’apertura di un baule. Non c’è davvero molto altro da aggiungere.
Forse è meglio andare direttamente sui classici
Come avrete capito da questa recensione, Pangeon non è esattamente il gioco più bello sul mercato. La volontà di omaggiare un classico come Dungeon Master è lodevole, ma è anche vero che il capolavoro di FTL Games rimane ancora oggi incredibilmente piacevole da giocare, nonostante l’età , e forse il giocatore inesperto potrebbe considerare di provare direttamente la fonte originale.
La formula di base del gioco di Skrypious e Vegetable Games non è brutta di per sé, ma il gioco è minato da un evidente difetto di quantità che rende l’avventura davvero troppo breve. Se il gioco avesse avuto più contenuti, sicuramente avremmo potuto prendere in considerazione anche una valutazione sufficiente. Così com’è, invece, Pangeon costa decisamente troppo per quello che offre (e costa tutto sommato poco).
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Punti a favore
- Esplorare è divertente
- L'idea di base è carina
Punti a sfavore
- Longevità davvero bassa
- Non si riesce a costruire una build per il proprio personaggio
- Prezzo troppo alto
- Poco contesto narrativo
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