Un mondo lontano, un popolo in rovina ed un’agile astronave: cosa può mai andare storto? Ve lo raccontiamo nella recensione di JETT: The Far Shore
Quando vieni da un successo di pubblico e critica che risponde al nome di Sword & Sorcery, è più che lecito aspettarsi di avere addosso gli occhi della platea videoludica all’annuncio del tuo prossimo lavoro. Soprattutto se questo è legato a doppio filo ad una console così attesa come lo era PS5. Proprio per questo motivo c’era molta curiosità attorno a JETT: The Far Shore, l’ultima fatica firmata Superbrothers che, giusto, ieri, ha fatto il suo debutto ufficiale sulla current e la old gen di casa Sony, oltre che su PC.
Svanito, però, l’hype nato dall’attesa e dalla curiosità , che cosa è rimasto di questa avventura spaziale dal tono profondamente filosofici? Beh, proviamo a spiegarvelo nel miglior modo possibile all’interno della nostra recensione.
No Man’s Land
Effettivamente non neghiamo che, al netto della differente impostazione adottata da JETT: The Far Shore, il primo incontro visivo con il gioco abbia portato alla mente alcuni aspetti della produzione Hello Games, velatamente citata nel titolo di questo paragrafo. Sarà stato il setting esplorativo spaziale, la palette grafica e gli asset a tratti minimali, oppure la sensazione di libertà trasmessa dalla nostra agile navicella, a far sorgere il noi quel desiderio di scoprire cosa si nascondesse dietro a questo viaggio interstellare. E dopo poco più di 10 ore trascorse in compagnia di Mei e degli altri scout, possiamo confermare, in parte, le nostre iniziali speculazioni, pur avendo constatato ampiamente come il titolo Superbrothers riesca a tenere anche a debita distanza il lavoro di Sean Murray e soci.
Tutto ha inizio su di un non meglio precisato pianeta (la Terra futura, forse?), la cui popolazione pare ormai sull’orlo dell’estinzione, ma il cui animo è rinfrancato dalla speranza che, ad attendere le generazioni future sulla Sponda Lontana che da il titolo al gioco, si possa celare una possibilità di sopravvivenza. Affidata ad un gruppo di prescelti, di cui faremo ovviamente parte anche noi, la memoria genetica ed umana di questo popolo condannato verrà celata all’interno di una gigantesca nave spaziale, il cui compito sarà quello di raggiungere il remoto pianeta di cui parlano le scritture del profeta scienziato Tsosi.
Un viaggio lungo 1000 anni quello che attende il nostro manipolo di esploratori, che una volta destati dal sonno criogenico, vedranno il primo drappello di scout chiamati a scandagliare la superficie di questo mondo lontano, dando il via così alla sua colonizzazione. Costantemente in bilico tra fantascienza e riflessioni spirituali e filosofiche, la storia che fa da cornice agli eventi ludici di JETT: The Far Shore si sussegue con un ritmo quanto mai altalenante, partendo da premesse sicuramente affascinanti, e non mancando di proporre momenti di indubbio interesse, ma finendo con il pagare lo scotto di uno sviluppo non sempre avvincente (e convincente) in ogni suo aspetto.
Un mix di elementi che, tra il detto ed il non detto, lasciano aperto qualche dubbio di troppo, oltre al sospetto di voler essere talvolta troppo pretestuosa ed artificiosamente criptica. Nel complesso, comunque, l’epopea di Mei e compagni ha il pregio di scatenare la giusta curiosità nel giocatore, che sarà costantemente spinto dalla voglia di vedere dove il gioco voglia andare a parare. I problemi, pertanto, sono da trovare altrove.
Chiudi quella maledetta bocca! – Recensione JETT: The Fat Shore
Viene logico pensare, giunti a questo punto, come le magagne della produzione Superbrothers siano da ricondurre all’interno dei confini del gameplay, e purtroppo non possiamo fare a meno di confermare tali supposizioni. Andiamo, comunque, con ordine. Protagonista ludica del titolo sarà l’astronave citata nel titolo del gioco, un agile velivolo tramite il quale dovremo scandagliare la superficie del pianeta in cerca di elementi da analizzare, in perfetto stile No Man’s Sky. Per riuscire nella nostra impresa, oltre all’imprescindibile scanner, avremo a disposizione un arpione (utile per trasportare al bisogno determinati oggetti) ed un rifugio, a cui si aggiungeranno in seguito altre funzionalità accessorie, che ci permetteranno di gironzolare più speditamente.
L’inizio del titolo, ovvero le prime 4 ore circa, ci vedranno pertanto intenti ad esplorare questo mondo sconosciuto, il tutto mentre nelle orecchie risuoneranno imperterrite le parole di Isao, il nostro logorroico copilota. Si tratta di un elemento alquanto fastidioso, dato che non passerà istante senza che dagli altoparlanti fuoriesca la sua voce monotona e cantilenante, che ci dirà di volta in volta cosa dovremo fare per proseguire, oltre che a snocciolarci di continuo i suoi pensieri e le sue riflessioni.
Oltre ad infastidire per la logorrea, questo espediente riesce anche a distrarci costantemente da quanto avviene sullo schermo, dato che tutti i personaggi del gioco parleranno in una lingua inventata, situazione che ci obbligherà a tenere costantemente d’occhio i sottotitoli, facendoci talvolta perdere di vista l’ambiente circostante. E non mancheranno momenti in cui a rintontirci di chiacchiere saranno più personaggi contemporaneamente.
A ficcare ulteriormente la situazione, in aggiunta, ci pensa il ritmo di gioco stesso, che soprattutto nella prima metà dell’avventura si è rivelato davvero poco divertente, oltre che dannatamente piatto: non dovremo fare altro che vagare scansionando a tutto spiano, seguendo le direttive di Isao e compagni, alternando il tutto con condensate sortite sulla superficie, alcune brevi manovre evasive, e piccoli momenti puramente narrativi. Sulla carta la situazione non sembrerebbe poi così male, ma vi assicuriamo che il coinvolgimento del player è quanto mai labile, al punto che in alcune situazioni ci siamo ritrovati a venire a capo dei vari task senza fare alcunché, dato che i nostri alleati avevano già risolto tutto quanto in autonomia. Mentre ci rimbecillivano di chiacchiere inutili.
E dire che al primo arrivo sul pianeta i giganteschi colossi che lo abitano avevano fatto presagire epiche battaglie, che hanno però finito per tradursi in monotone e tediose piccole missioni. Ed è un peccato, perchè quando sfrecciamo liberamente a bordo del nostro JETT, tutto sembra funzionare a meraviglia, segno di come la giocabilità legata al nostro velivolo sia stata ottimamente congeniata, ma purtroppo non affiancata da task in grado di esaltarne le potenzialità .
La situazione si fa decisamente più avvincente e movimentata nell’ultimissima porzione dell’avventura, ma si tratta di un climax che ha finito per giungere davvero troppo tardi, quando l’attenzione ed il coinvolgimento fattivo del giocatore sono già venute meno.
Piccolo nuovo mondo – Recensione JETT: The Far Shore
Laddove JETT: The Far Shore ha mantenuto intatte le aspettative successive ai vari trailer, è per quanto concerne il comparto tecnico/stilistico, che si è dimostrato felicemente in linea con i toni minimali suggeriti sin dall’annuncio. Il titolo, pur non vantando una complessità strutturale smisurata, ha sposato un approccio visivo davvero convincente, basato su geometrie semplici ma comunque efficaci, modellate attorno ad una palette cromatica molto tenue, capace di donare al tutto un’aria a tratti eterea e sognante, che ben si adatta con le tematiche oniriche e filosofiche dell’impalcatura narrativa.
Assai peculiare è la caratterizzazione dei vari personaggi, che soprattutto nelle porzioni in cui sono scafandrati non possono fare a meno di portare alla mente frammenti del Conan di Miyazaki. Guardate i minuti iniziali della prima puntata dell’anime e capirete. Riferimenti al maestro nipponico, inoltre, possono essere colti anche nel modo in cui è trattato il rapporto tra il pianeta ed i suoi nuovi colonizzatori, evidenziato da alcune linee di dialogo, che sembrano essere estrapolate proprio dall’immaginario creativo dell’autore giapponese.
Generalmente fluido nella sua interezza, il titolo, almeno su PS5, non ha potuto fare a meno di evidenziare alcuni piccoli tentennamenti, che si traducono in brevi freeze in occasione del caricamento di certe aree di gioco: un qualcosa che, con l’avvento degli SSD, ci saremmo aspettati di non vedere più. Abbiamo riscontrato anche qualche piccolo bug nella prima parte dell’avventura, che ci ha costretto a chiudere e riavviare l’applicazione, dato che non comparivano opzioni di dialogo indispensabili per il proseguo, oppure interi elementi interattivi dello scenario. Nel mentre è comunque uscita una prima patch, pertanto è auspicabile che si sia tratto solo di un inghippo già risolto.
Laddove il titolo spicca senza dubbio alcuno, per quanto concerne il nuovo hardware Sony, è relativamente al supporto al DualSense, che può contare su di una implementazione molto convincente del feedback aptico e dei trigger adattivi. Soprattutto questi ultimi riescono a trasmettere molto bene il sovraccarico dei motori del nostro JETT: una feature in apparenza marginale, ma che nell’economia del gioco garantisce davvero un alto grado di immersività . Pollice recto anche per quanto riguarda l’impressionante colonna sonora, che grazie a sonorità sinfonico/elettroniche è in grado di accompagnare con estrema puntualità ed efficacia la nostra avventura. Rivedibile in toto, come già anticipato, il doppiaggio, sin troppo monocorde ed inespressivo, oltre ridondante all’ennesima potenza.
Sopravvivenza stentata
C’è del rammarico nel momento in cui arriviamo in chiusura della recensione di JETT: The Far Shore, alla luce di quello che avrebbe potuto essere davvero il nuovo lavoro di Superbrothers, ma che alla fine non è purtroppo riuscito a centrare l’obiettivo. Pur partendo da premesse interessanti e da una storia tutto sommato accattivante, il titolo ha finito per perdersi proprio laddove dovrebbe risiedere l’essenza di un videogame, ovvero il divertimento attivo del giocatore. Purtroppo la vicenda di Mei e degli altri scout si trascina piatta e banale per troppo tempo, prima di assestare una zampata più vigorosa al tutto, finendo con il risultare tediosa e poco accattivante, soprattutto alla luce del potenziale messo sul piatto. Tra fasi esplorative asettiche e brevi momenti action decisamente rivedibili, le circa 10 ore necessarie ad arrivare ai titoli di coda si trascinano stancamente sulla superficie di questo nuovo mondo, finendo con lasciarci con uno sgradevole sapore in bocca, quello dell’occasione malamente gettata al vento.
Con questo si conclude la nostra recensione, che vi invitiamo a commentare qua sulle pagine di tuttoteK, magari dopo aver dato anche uno sguardo alle offerte presenti su Instant Gaming.
Punti a favore
- Incipt intrigante...
- DualSense supportato egregiamente
- Colonna sonora strepitosa
Punti a sfavore
- ... ma sviluppo non sempre a fuoco
- Gameplay monotono e noioso
- Doppiaggio fastidioso
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