Èda poco disponibile su PS4 Immortal Redneck, un FPS rogue-like ambientato in un pezzetto dell’antico Egitto sopravvissuto fino ai nostri giorni. Scopriamo come si comporta nella nostra recensione!
Immaginate di vivere in Kansas. Avete le vostre armi, la vostra dune buggy, amate la caccia e l’avventura: cosa dovreste fare? Ma andare a fare un bel viaggio in Egitto, è ovvio! Peccato che durante le vostre scorribande finite una valle dove strani esseri mostruosi usciti da tre piramidi vi catturano e vi imbalsamano. Nella vostra nuova natura da mummia, non desiderate altro che rifarvi dei vostri aggressori e, pistole alla mano, vi buttate nelle mastodontiche costruzioni di fronte a voi.
Questo è l’incipit di Immortal Redneck, un FPS rouge-like (ma più che altro rogue-lite) con un sistema di abilità potenziabili e varie classi tra cui scegliere. Scopriamo tutti i dettagli in questa nostra recensione della versione PlayStation 4.
Immortal Redneck: spara che ti passa | Recensione
Partiamo subito dal cuore nevralgico del gioco: l’elemento sparatutto. Ogni nostra partita ci vedrà affrontare una piramide. Questa è divisa in livelli di difficoltà crescente, a loro volta divisi in stanze: ogni stanza ci manderà contro una serie di nemici che dovremo abbattere a suon di proiettili. Ad ogni partita, la piramide si compone in maniera causale, tenendo fede alla propria natura da rogue-like.
Capiremo subito che Immortal Redneck punta molto alla velocità e alla tridimensionalità: le stanze sono sempre strutturate su più piani con piattaforme, scale e ripari un po’ ovunque. Il nostro personaggio può arrampicarsi su quasi tutti gli elementi della stanza e, dopo averci preso un po’ la mano, ci ritroveremo a saltellare da un parte all’altra per tenere gli avversari lontani da noi e per evitarne i proiettili.
La dinamicità e l’immediatezza sono le fondamenta del gioco e il gunplay stesso sottolinea questa idea: le armi non richiedono di mirare ma sparano direttamente, le casse di munizioni ricaricano tutte le armi in nostro possesso (tre, di base) in maniera alquanto generosa e l’auto-aim corregge anche i peggiori errori di mira (è possibile disattivarlo ma puntare i nemici rimane comunque facile). Anche la varietà di bocche da fuoco, che aumenta avanzando nel gioco, è ottima. Gli avversari hanno le proprie caratteristiche (tra range d’attacco, velocità di movimento e punti vita) e ci spingeranno a muoverci e a combattere in maniera diversa.
L’unico limite, in questo ambito, è legato allo spawn dei mostri: questi non appariranno nella stanza tutti assieme, ma verranno caricati a ondate (molto ravvicinate, nei primi secondi). Il problema è che capiterà spesso di ritrovarsi un nemico nell’angolo della stanza alle nostre spalle che pensavamo essere sicuro. Ad accentuare questo difetto c’è un problema di sonoro: la maggior parte degli avversari non produce suoni utili a riconoscerli e a capirne la posizione. L’unica soluzione è, partita dopo partita, apprendere in che modo essi spawneranno in ogni stanza e trovare una zona completamente sicura.
In generale, Immortal Redneck ci regala un gunplay semplice, veloce e dinamico.
Immortal Redneck: l’oro risolve i problemi | Recensione
Nel momento in cui verremo sconfitti, ci ritroveremo nuovamente fuori dalle piramidi, pronti per un nuovo tentativo. Prima di ributtarci nella mischia, però, dovremo sfruttare il denaro guadagnato: i nemici che sconfiggiamo, infatti, oltre a casse di munizioni e bistecche curative, rilasciano generose quantità di oro. Questo va speso per consolidare le abilità del nostro personaggio: attraverso uno skill tree potremo potenziare le statistiche del Redneck (attacco, punti vita, difesa, probabilità di danni critici…) e potremo anche acquisire il favore di varie divinità egizie.
Queste, in pratica, sono delle classi che si differenziano per statistiche, armi di partenza diverse e abilità uniche (ad esempio, Apis ha quattro bocche da fuoco e può diventare invincibile, ma può fare un solo salto, mentre Hathor ha un rampino e aumenta l’oro trovato). Il denaro non speso verrà perso all’ingresso successivo nella piramide: l’obbiettivo è quindi riuscire a durare abbastanza a lungo da potersi permettere di acquistare qualche abilità. State tranquilli, però, il gioco è semplice e riuscirete a guadagnarne in abbondanza a ogni partita.
La varietà e il potenziamento del personaggio non sono però unicamente legati allo skill tree: all’interno della piramide, attraverso scrigni e drop di nemici, otterremo delle pergamene. Queste potranno migliorare o peggiorare le nostre statistiche, oppure ci daranno effetti speciali (come proiettili congelanti) o malus di varia natura (impossibilità di ricaricare manualmente o di cambiare arma, ad esempio). Non potremo sapere cosa ci donerà la sorte, quindi non potremo fare altro se non raccoglierle e sperare. Tutti questi “modificatori” saranno validi solo per la partita in corso. Ce ne sono in gran quantità, ma il gameplay non varia molto grazie (o per colpa) ad essi. Non aspettatevi combinazioni e sinergie in stile The Binding of Isaac, per capirci.
Immortal Redneck: ma che bella piramide! | Recensione
Parliamo quindi delle piramidi. Strutturalmente, come abbiamo detto, sono divise in livelli e stanze. Queste ultime tenderanno a ripetersi ben presto, ma anche dopo ore ci saranno alcuni segreti e tattiche di movimento da svelare. Il nostro obbiettivo sarà quello di completare tutti i livelli della piramide: per farlo, dovremo sconfiggere due boss. Uno sarà a metà piramide e uno alla fine. Sconfitto il boss finale avremo accesso alla seconda e poi alla terza piramide. Vinta anche quella, potremo entrare nella Torre infinita: il nome dice già tutto, si tratta di una sfida al punteggio in cui dovremo sopravvivere a più livelli possibili.
La sfida, in teoria, è legata ai sei boss: questi sono purtroppo poco interessanti per meccaniche e stile complessivo. Il vero problema è però il boss finale della prima piramide: i suoi punti deboli sono scomodi da colpire e, inoltre, la sua potenza è fuori scala rispetto al resto della piramide (ma anche rispetto ai boss successivi). Nulla di impossibile, ma i meno pazienti potrebbero annoiarsi a causa di questo improvviso picco di difficoltà. Fortunatamente ogni partita ci renderà più potenti, quindi prima o poi riusciremo a vincere per la pura forza bruta.
Ogni piramide, ovviamente, ha il proprio stile visivo, oltre a nuovi nemici, nuove armi e nuove stanze. Immortal Redneck è graficamente gradevole, molto colorato e vario, e non perde mai un singolo frame, fondamentale in questo tipo di giochi. Il sonoro, oltre al problema suddetto, è adeguato, tra musiche di sottofondo e effetti legati alle armi. Il nostro Redneck farà qualche commento di tanto in tanto: nulla di particolare, ma il piacevole accento del Kansas ci ricorderà che siamo dei tamarri americani e non solo un avatar indefinito.
Immortal Redneck: tiriamo le somme | Recensione
Immortal Redneck è un fps con leggeri elementi da rogue-like e un’immancabile sistema di potenziamento. Non è certamente il più profondo e vario titolo in commercio, ma diverte con la propria semplicità e rapidità. Ogni partita potrà portavi via fino a un’ora e, in totale, aspettatevi di avere bisogno tra le 15 e le 20 ore per arrivare alla fine della terza piramide. Dopo di che non avrete altro da fare se non cimentarvi nelle sfide legate ai trofei e nella Torre Infinita. Il gioco è completamente in inglese ed è disponibile, oltre che su PS4, anche per PC e Xbox One.
Si ringraziano gli sviluppatori, Crema, per averci concesso il codice review.
Punti a favore
- Ottimo gunplay
- Ottimo level design delle stanze
Punti a sfavore
- Bossfight poco interessanti
- Sonoro limitato
- Poco longevo
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