The End Of The F***ing World ci porta nel viaggio decadente di due giovani che cercano se stessi e un luogo a cui appartenere, finendo per allontanarsi dal mondo: la serie Netflix colpisce dove è necessario e convince appieno
È arrivata su Netflix, il 5 gennaio, una nuova serie chiamata “The End of the F***ing World”. L’opera è tratta dall’omonima graphic novel di Charles Forsman edita nel 2013. È interpretata da Jessica Barden (25, Penny Dreadful, The Lobster) e Alex Lawther (23, Black Mirror, The Imitation Game). È composta da 8 puntate della durata di circa venti minuti l’una.
Vorrei parlarvene brevemente per spiegarvi perché, a mio parere, è una delle migliori serie degli ultimi mesi. Nel corso dell’articolo NON ci saranno SPOILER di alcun tipo.
The End Of The F***ing World: lui era uno psicopatico, lei solo pazza
La storia segue le vicende di due ragazzi di 17 anni: James e Alyssa. Lui, fin da giovanissimo, era abbastanza sicuro di essere uno psicopatico: solitario e insensibile, inizia a uccidere animali all’età di quindici anni. Ora, il suo nuovo obbiettivo è una preda ben più grossa. A questo punto compare Alyssa. La ragazza è lunatica, sboccata, insofferente alle autorità e infastidita da chiunque si trovi a proprio agio nella “normalità”. I due si incontrano e danno inizio ad una fuga che cambierà completamente le sorti della loro vita.
Ci troviamo quindi di fronte a un road trip drama, una lunga fuga per un’Inghilterra moderna fatta di grigie cittadine e campagne brulle. È un racconto di crescita interiore a discapito della sicurezza personale e della legalità. Nell’arco delle otto puntate i due definiranno la propria identità e comprenderanno il proprio posto nel mondo.
Una storia di sangue e amore
L’effettivo intreccio alla base della serie è semplice e lineare. Soprattutto nella prima metà, a far da padrone nello sviluppo della vicenda è il rapporto tra i due giovani e la loro interiorità, unita alla progressiva scoperta del loro mondo famigliare: un microcosmo di legami di sangue che, per incapacità colposa ma forse giustificabile, non è in grado di impedire la degenerazione sociale dei protagonisti. Un decadimento che va di pari passo con la scoperta di un legame positivo, rendendo i nostri protagonisti dei classici “anti-eroi”: allo spettatore resta solo la possibilità di scegliere se simpatizzare con essi, decidendo quanta sia la colpa e dove essa risieda.
Contrapposte ai giovani, troviamo due poliziotte che si metteranno al loro inseguimento. Due personaggi che però, nel corso di questa prima stagione, non hanno la possibilità di avere un impatto reale su Alyssa e James. Le donne vengono comunque ben sviluppate a partire dal loro rapporto lavorativo, passando poi a quello privato e definendo infine una visione morale del mondo estremamente contrapposta. Diventano quindi, in queste otto puntate, una personificazione dei potenziali pensieri degli spettatori nei confronti dei due giovani.
È anche vero che lo scopo principale è spingere lo spettatore a tifare per Alyssa e James, in questa distruttiva avventura che i due percorrono. L’obbiettivo è assolutamente centrato, soprattutto superata la prima metà, in seguito a quello che potremmo definire un (inevitabile e ancestrale?) “battesimo di sangue” che coinvolge, in modo diverso ma complementare, entrambi i ragazzi che si trasformano in adulti pagando però un prezzo molto alto.
The End Of The F***ing World: l’importanza delle parole
Una storia ben scritta deve però essere supportata da un cast di rilievo: Jessica Barden e Alex Lawther propongo una recitazione di primo livello, corroborata dalle buone performance dei comprimari. I due giovani riescono, con pochi sguardi e poche parole, a risultare disturbati e disturbanti.
Proprio la loro recitazione mi ha convinto alla visione della serie, scoperta tramite un trailer in lingua inglese. La lingua d’Albione è stata quindi la mia scelta e, dopo aver rivisto la prima puntata in italiano, posso affermare con tranquillità che tutti dovrebbero godersi la serie in lingua originale.
L’accento inglese, non da Londra scandita, ma da provincia stretta e cruda, caratterizza i due giovani, aiutando enormemente alla creazione del corretto mood che si perde con la traduzione.
Ciò è ancora più importante visto che sono proprio i dialoghi il fondamento di questa serie e, con alcuni personaggi secondari, è il tono che determina fin dal primo istante la personalità delle figure in campo. Non è quindi la solita necessità di internazionalismo feticista, ma puro e semplice desiderio di godersi l’opera nel miglior modo.
The End Of The F***ing World non è una serie che rivoluziona il panorama attuale: è semplicemente la migliore versione di sé stessa e del genere di cui fa parte.
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