A distanza di qualche mese dal season finale del Trono di Spade proviamo a rileggere la conclusione dello show a freddo e mente lucida
Non vi รจ alcun dubbio, a qualche mese dallโepisodio conclusivo dellโottava e ultima stagione dello show televisivo della HBO i fan protestano contro quella che ritengono essere una conclusione indegna di una storia come ce ne sono poche che ha saputo intrattenerli e nelle sue parole e scene evocative addirittura imporre nuovi stilemi e riflessioni su tabรน in genere dati per scontati in quanto negativi, come lโincesto.
Se da una parte si puรฒ ammettere un generale calo di qualitร che giร si faceva sentire dalla sesta stagione a causa della mancanza del materiale originario scritto dal pugno di Martin, non si puรฒ comunque non riflettere sul cosa, invece, lโultima stagione ci abbia lasciato in positivo della filosofia martiniana.
A tale scopo vorrei qui con voi riepilogare solo una manciata di passaggi chiave per poi provare a rileggere il finale de Il Trono di Spade sotto una nuova prospettiva, cosรฌ da vagliare il tutto sotto un occhio critico maggiormente consapevole e, forse, piรน lucido ora.
Flashback sulla 1×10
Sono ormai famosi -a livello memenico- i morti iconici della storia: Ned, Drogo, Robb Stark. Tuttavia il pubblico tende a focalizzarsi solo sugli eventi centrali degli snodi narrativi lasciando nelle pieghe dialoghi altrettanto importanti che hanno caratterizzato la scrittura martiniana e che, poi non piรน riproposti, sono stati accantonati come strumenti di lettura. Mi riferisco, ad esempio, alle parole della Maegi Mirri Maz Duur, la strega che uccide il figlio di Daenerys prima che possa partorire. Le sue parole, dopo che Daenerys la salva dal tentato stupro dei sottoposti di Drogo, sono:
Salvata? Tre guerrieri avevano giร abusato di me prima che tu mi “salvassi”. Ho visto mio tempio bruciare, dove avevo guarito tante donne e uomini, un’infinitร . In strada c’erano mucchi di teste: quella di fornaio che mi faceva pane, quella di bambino che avevo guarito da febbre tre lune addietro. Quindi, dimmi precisamente, che cosa tu hai salvato? [โฆ] Dร un’occhiata a tuo Khal, guarda cosa vale davvero vita quando resto non c’รจ piรน.
In queste parole, che รจ bene ricordare si situano dopo la giustizia sommaria elargita a Ned per ordine di Joffrey, sono scelte appositamente per demolire un vecchio e ormai obsoleto modo di percepire il salvataggio in extremis dei nemici che poi porta a dei vantaggi, un clichรฉ che รจ possibile rintracciare in una moltitudine indefinita di opere popolari. La morale di Daenerys, che la spinge a salvare una nemica, รจ figlia del nostro tempo, non del suo โ immaginario- medioevo, e le parole della strega sono dirette a noi spettatori che cosรฌ tanto ci siamo affidati a canovacci rodati da perdere il contatto con la realtร e arrivare ad affidare le sorti dei personaggi piรน amati in mano a dei nemici astiosi solo sulla base di questi. ร qui che la morale martiniana colpisce duro, distruggendo stereotipi e suggerendo, attraverso la morte dei personaggi a noi piรน vicini, un messaggio piรน che mai attuale.
Flashback sulla 4×10
Proseguendo con il secondo esempio, questa volta preso direttamente dallo show e piรน precisamente nella quarta stagione, quando Daenerys abolisce la schiavitรน alla Baia degli Schiavisti, abbiamo la figura di un anziano maestro, ex schiavo, che chiede di tornare sotto lโegida del proprio schiavista-protettore in quanto mentore dei suoi figli. Le sue parole, ancora una volta, colpiscono come un maglio. Come puรฒ unโopera intercedere a favore dello schiavismo, proponendo un personaggio che rinunci alla propria libertร , conquistata per loro da Daenerys?
Martin, ben lungi dallโessere uno spinto idealista, non vuole comunicare lโidea di valori puri e intoccabili ma un modo decisamente moderno –per quel che concerne gli show televisivi in special modo– di interagire con i valori piรน sacri e dati per scontati esattamente come il valore della libertร in un contesto come quello schiavista, evitando stucchevoli retoriche e ammettendo lโesistenza di chi certi sistemi oggi considerati iniqui li protegge(va). Presentando dunque una morale molto piรน complessa esente da buoni e cattivi ben definiti ma popolata sempre โ e lo abbiamo visto anche con lโesempio prima โ da persone realistiche e realiste che non perdono mai di vista la propria bussola morale per favorire un personaggio principale o uno snodo narrativo ad essi favorevole, motivo per cui la scrittura martiniana ha sempre riservato suspance e sorprese allโincauto lettore che non facesse attenzione anche al piรน apparentemente innocuo dei dettagli da lui inseriti sullo sfondo.
Il Trono di Spade 8×06: analisi del finale
Riassumendo, dunque, una scrittura che invita allโattenzione, alla riflessione, alla decodifica dei valori fondanti delle nostre societร e alla presa di coscienza di istanze a noi totalmente ostili e non per questo perdenti sul piano dialettico. Lo dimostra anche con le innumerevoli battaglie: a imporre la propria visione del mondo รจ chi ottiene il potere, quali che siano i valori calati dallโIperuranio che difende.
Alla luce di tutto questo riprendiamo il Finale, il sugo di tutta la storia, in particolare in questa scena, giacchรฉ sarebbe troppo lungo e dispersivo focalizzarsi su ogni singola conclusione.
Al tavolo abbiamo potuto vedere manigoldi o ex tali (Davos e Bronn) riuniti con un nano deforme, un fifone sapiente (Sam) e una donna guerriera. Un frame che riassume, se non tutto, gran parte di ciรฒ che abbiamo visto prima: a governare nel Finale non si puรฒ dire che ci siano uomini completamente onesti, o completamente saggi; sono uomini (e donne, lo ha gridato a gran voce anche Arya), mezzi uomini, gente che in generale ha fallito o ha cambiato ideali e fazione ma che infine ha saputo mettere tutto da parte per il buon governo. La riflessione martiniana spinge piรน volte a suggerire lโidea della non-perfezione, in particolar modo al comando, quale risposta non definitiva ma realistica.
Gli spettatori si sono ritrovati un Nord diviso dai Sette Regni di Westeros, una regina uccisa, un protagonista legittimo erede esiliato ma quando lโautore disse esplicitamente che il finale sarebbe stato โagrodolceโ intendeva esattamente questo: i personaggi riuniti nel concilio ristretto, e che per estensione significano Westeros intera, sono vivi ma hanno tutti perso qualcosa o qualcuno. Tyrion non ottiene la fama e il rispetto che tanto desiderava, Jon torna esattamente al punto di partenza, Westeros non รจ piรน in guerra ma ha una provincia in meno, e i veri ideali, quelli di Libertร , Giustizia, Amore, tanto propugnati dai rivoluzionari, ne escono sconfitti e svuotati di qualsiasi importanza una volta caduto chi li usa come arma o come effetto manipolatorio: rimangono sempre e solo gli uomini, coi loro difetti e i loro bisogni terreni.
Se si inserisce questo finale in mezzo ad un contesto Fantasy e Urban Fantasy forse decisamente troppo infarcito di clichรฉ e luoghi comuni, e di prese di posizione idealiste quando non espressamente manichee, si capisce che Martin (e gli showrunner) non hanno voluto presentare una banalissima storia dal lieto fine in cui tutti i pezzi del puzzle ordinassero un dipinto piacevole a vedersi ma comunicare quel senso di impotenza e disagio di cui il genere e la situazione odierna possono beneficiare. Quello de Il Trono di Spade รจ un finale che forse non รจ piaciuto, o non รจ stato compreso, ma di cui cโera bisogno e che il medium chiedeva a gran voce.
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dax
7 Settembre 2019 alle 14:37La cosa che non riesco a digerire รจ il re, corvo 3 occhi che ci fa seduto sul trono.
Aldo
7 Settembre 2019 alle 18:24Alla fine ha deciso tutto Tyrion!