Da oggi, 4 novembre, è disponibile su Amazon Prime Video La stanza, thriller psicologico diretto da Stefano Lodovichi: ecco la nostra recensione
TITOLO ORIGINALE: La stanza. GENERE: thriller psicologico, drammatico. NAZIONE: Italia. REGIA: Stefano Lodovichi. CAST: Camilla Filippi, Guido Caprino, Edoardo Pesce, Romeo Pellegrini. DURATA: 86 min. DISTRIBUZIONE: Lucky Red, Amazon Prime Video. USCITA: 4 gennaio 2021.
Forse il cinema italiano non è così assopito come in molti amano affermare. Negli ultimi anni stiamo trovando, anche nel cinema di genere, prodotti interessanti e degni di essere esportati anche al di fuori dei nostri confini. Lo dimostra il regista Stefano Lodovichi, con la sua ultima prova dietro la macchina da presa. La stanza è disponibile da oggi 4 gennaio sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video.
L’idea iniziale era quella di produrre un documentario, dal titolo Chiusi in casa, dedicato al fenomeno degli hikikomori. Raccontare le scelte di vita di coloro che decidono di isolarsi completamente dalla società non è però affar semplice, specialmente (e paradossalmente) se si devono affrontare un lockdown e una pandemia globale. Lodovichi sceglie quindi di trasformare la sua “creatura” in un film di finzione. Al suo posto, il regista dirige un thriller psicologico a tinte horror e vagamente fantasy, che si rivela inoltre un intenso dramma familiare.
Senza dirvi troppo per evitare fastidiosi spoiler, vi lasciamo alla nostra recensione de La stanza.
Trama e trailer | Recensione La stanza
È l’alba di un giorno grigio e piovoso. Stella (Camilla Filippi) indossa il suo abito da sposa e decide di togliersi la vita, gettandosi dalla finestra. Qualcosa interrompe però i suoi disperati propositi: alla porta suona Giulio (Guido Caprino). L’uomo, pur essendo uno sconosciuto, e nonostante le iniziali reticenze della donna, riesce a farsi accogliere in casa. Tra i due l’atmosfera è strana, e Giulio sembra conoscere molte cose della vita di Stella.
Le cose si complicano quando alla porta si presenta Sandro (Edoardo Pesce), marito di Stella. I due coniugi affrontano da tempo una grossa crisi, e i segreti rivelati da Giulio non faranno altro che peggiorare le cose.
Terapia di coppia a tinte horror | Recensione La stanza
Non possiamo raccontarvi troppo a proposito della trama de La stanza, per non rovinarvi la visione. Abbiamo parlato di thriller, horror, addirittura fantasy, e fidatevi: le promesse saranno mantenute.
Il nuovo film di Stefano Lodovichi, sceneggiato assieme a Francesco Agostini e Filippo Gili, si propone di affrontare le difficili dinamiche di una famiglia apparentemente comune. Un’analisi spietata delle controverse problematiche familiari, che da sempre si riversano da genitore a figlio. Sembrerebbe un tema piuttosto abusato dal cinema italiano, o dal cinema in generale, ma la proposta di Lodovichi si rivela in qualche modo inedita.
La casa, nei topoi del genere, è sempre il luogo dove si annidano i segreti più intimi e oscuri. Nella nostra concezione, dovrebbe essere sinonimo di calore, protezione e serenità. Ma quante volte diventa invece sinonimo di gabbia? E non solo nel momento in cui Sandro si rende conto di non poter scappare. Potrebbe in realtà esserlo sempre stata. Una gabbia dalla quale un padre vorrebbe fuggire. Una gabbia nella quale una madre annega nel dolore e nella disperazione, tanto da volersi togliere la vita. Una gabbia nella quale un figlio, vittima della paura, trova il proprio spazio segreto. Tra le mura domestiche possono nascondersi tante cose: risentimenti, parole non dette, segreti, colpe.
Stella vede i suoi spazi violati da uno sconosciuto. Vi è una vera e propria invasione, non solo degli ambienti, ma anche dei propri segreti. La nota inedita de La stanza è proprio il ruolo dell’invasore. Giulio è carnefice, come accade nei classici film di home invasion, ma allo stesso tempo vittima. L’ottima prova di Guido Caprino gli permette di costruire un personaggio sempre credibile, per cui lo spettatore non prova empatia, ma nemmeno avversione.
Cinema autoriale e di genere | Recensione La stanza
Le suggestioni visive provenienti dal grande cinema sono evidenti, ma Lodovichi dimostra di aver appreso la lezione dei maestri rielaborando il tutto secondo gli stilemi del cinema di genere. Come egli stesso afferma:
La voglia era quella di provare a raccontare la famiglia di oggi, per la prima volta cercando di raccontare un po’ la difficoltà del diventare adulto, e la voglia di confrontarsi con un genitore. I modelli sono quelli classici, altissimi, da Psyco a Shining ai film di Shyamalan, in cui la casa è archetipo per scoprire i segreti delle famiglie. E il farlo di giorno, con le inquietudini sotto la luce del sole – quando invece gli incubi arrivano di notte – sembrava più efficace.
C’è anche tanto Polanski dentro La stanza, in particolar modo nella gestione degli spazi e dei personaggi. Alla mente tornano film come L’inquilino del terzo piano, Rosemary’s baby, ma anche il più rilassato Carnage. Il film si regge interamente sull’interpretazione dei tre attori – di ottimo livello – che si muovono in un’unica ambientazione. Gli interpreti si rivelano in parte, nonostante il brevissimo tempo dedicato alle riprese (solo diciassette giorni).
Nonostante lo spazio sia circoscritto all’interno di quattro mura (che mantengono comunque un ampio respiro), la tensione è costante fino all’ultimo minuto. Merito anche della colonna sonora di Giorgio Giampà, a tratti tesa, a tratti grottesca. Guido Caprino che balla sulle note di “Stella stai”, di Umberto Tozzi, è già iconico.
Un ottimo lavoro è fatto anche a livello estetico, grazie alla fascinosa e cupa fotografia. Timothy Aliprandi riesce a far parlare la grande villa in stile Liberty e Art Nouveau, rendendola quasi un personaggio a se stante.
Conclusioni
Sebbene il colpo di scena possa essere intuito già da metà film, Lodovichi mantiene una messa in scena coinvolgente (con la giusta dose di sospensione dell’incredulità) che ci accompagna per tutta la durata. Un lieto fine un po’ stiracchiato non rovina comunque la grande tensione che si respira durante tutto il film.
Stefano Lodovichi è un regista da tenere d’occhio, così come il cinema di genere italiano.
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