Honey Boy racconta l’infanzia di Shia LaBeouf: in questa recensione vi parleremo di questa intima pellicola autobiografica che, dietro le quinte, nasconde una storia particolarmente toccante
TITOLO ORIGINALE: Honey Boy. GENERE: Biografico / Drammatico. NAZIONE: Stati Uniti. REGIA: Alma Har’el. CAST: Shia LaBeouf, Lucas Hedges, Noah Jupe, Byron Bowers, Laura San Giacomo, Natasha Lyonne, Maika Monroe, FKA Twigs, Clifton Collins Jr., Martin Starr. DURATA: 95 min. DISTRIBUTORE: Adler Entertainment. USCITA: 05/03/2020.
Otis è un bambino al quale è stata rubata l’infanzia. Figlio di una madre assente e di un padre con gravi turbe psichiche, è cresciuto tra set televisivi e motel di infimo ordine ai margini di Los Angeles. Dipendente dall’alcool e sotto scacco del passato, Otis si schianta in macchina, resiste alla polizia e viene ricoverato in un centro di disintossicazione. In guerra col mondo e con la sua psicologa, che prova a ridurre la sua rabbia, Otis ripercorre la sua infanzia per lasciare andare il padre e trovare finalmente pace.
La curiosità su Honey Boy è notevole, e proveremo a darne atto in questa recensione. Il film è interamente autobiografico: scritto da Shia LaBeouf, racconta la sua infanzia, della quale l’attore ha provato a fare un resoconto su consiglio della sua terapeuta. Da queste premesse si possono capire i binari lungo i quali si incardina il film. Nulla di celebrativo, tantomeno autocelebrativo, bensì qualcosa di intimamente sobrio. Parlare della propria infanzia non è semplice, tantomeno di una infanzia così travagliata. Shia LaBeouf la mostra addirittura al mondo, con una scelta coraggiosa che ci fa capire che, spesso, l’esperienza reale di una persona va molto al di là della nostra immaginazione. Proviamo a dare atto di tutto ciò nella nostra recensione di Honey Boy.
Il trailer e il poster
Un biopic atipico | Recensione Honey Boy
I film biografici, che ultimamente vanno forte, sono soliti raccontare le sregolatezze delle star al loro apice. Abbiamo in mente Bohemian Rhapsody, o Rocketman, ma Honey Boy se ne distacca nelle intenzioni e nella realizzazione. Non è affatto la celebrazione del percorso formativo, o della rinascita, di una star. È, molto più semplicemente, una umile cronaca di una problematicità interamente subita dal protagonista, che si è trovato senza volerlo da bambino in un mondo troppo più grande di lui. Il risultato è un film che non scade mai nel cliché di genere, ma fugge qualsiasi tipo di furbizia finalizzata a carpire le emozioni dello spettatore inconsapevole.
Si sa, se non da trailer o dal precedente materiale promozionale dalle notizie di cronaca che hanno popolato l’etere alcune primavere fa, che la vita e in particolare l’infanzia di Shia LaBeouf (così come tante altre baby star) è stata molto lontana dall’essere rose e fiori. Problemi che sembrano in dirittura di soluzioni e dei quali si può rintracciare una causa nel rapporto ambiguo con il padre. In bilico tra l’essere colpevole e l’essere una vittima, in ogni caso non è stato mai colpevolizzato da Shia LaBeouf, che è arrivato persino a perdonarlo.
Regia esordiente e cast giovane | Recensione Honey Boy
Scendendo più nel dettaglio, la prima cosa che si nota positivamente in questo film è la regia. Alma Har’el esordisce dietro la cinepresa in grande stile, giovando di una sceneggiatura asciutta. Con ampia maestria, racconta una vera storia di finzione. Le inquadrature sono intime e esprimono il massimo potenziale del cast e della storia. L’espediente narrativo è quello dei flashback, che vengono usati assennatamente e, piuttosto che scoraggiarla, favoriscono l’immersione nella storia.
A dir poco perfetto anche grazie al giovanissimo e bravissimo Noah Jupe nei panni del giovane Otis, un attore che sta riscuotendo un certo successo, tanto da diventare in tenera età l’unica fonte di sostentamento della famiglia. Shia LaBeouf interpreta in James, padre di Oliver e, di fatto, suo padre. James è quello che possiamo definire un redneck, stempiato ed appesantito, con un figlio da crescere senza istruzioni e problemi di dipendenze che, seppur superati, sono sempre dietro l’angolo pronte ad accoglierlo ancora una volta.
Scenari evocativi | Recensione Honey Boy
Di Honey Boy restano anche le scene evocative, quasi proustiane. Il protagonista viene catapultato in un evento del suo passato grazie a dei feticci. Così un oggetto diventa un’occasione per espiare una colpa o per esorcizzare gli abusi psicologici del padre di Shia, oppure per aiutarlo senza condannare nessuno. In questo contesto anche l’amore può diventare un’occasione per ricordare un’infanzia vissuta troppo velcemente.
Infine troviamo il diario che Oliver deve scrivere e consegnare alla sua terapista che è una sceneggiatura. Il principio e la conclusione di questo film. Il tutto enfatizzato dalla saggia fotografia, che alterna colori freddi e caldi, tutti vivissimi, per sottolineare le sensazioni che accompagnano le scene.
Opera intima e sobria
In conclusione di questa recensione di Honey Boy, non resta che consigliare di vedere questa pellicola. Shia LaBeouf si mette completamente a nudo, raccontando la sua vita e regalando un film intenso e commovente. Un plauso va sicuramente alla sapiente regia della Har’el che, senza perdersi in troppi fronzoli, confeziona un film piacevolmente sobrio.Â
Punti a favore
- L'esordiente regia
- La non autoreferenzialitÃ
- La sobrietà nella sceneggiatura
Punti a sfavore
- Niente degno di nota
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