Uscito venerdì su Netflix, ecco a voi la recensione di Concrete Cowboy: il western ambientato ai giorni nostri che racconta l’appartenenza ad una comunità
TITOLO ORIGINALE: Concrete Cowboy. GENERE: Western. NAZIONE: Stati Uniti. REGISTA: Ricky Staub. CAST: Idris Elba, Caleb McLaughlin, Jamil Prattis, Jharrel Jerome, Lorraine Toussaint, Cliff “Method Man” Smith, Byron Bowers. DURATA: 111 min. DISTRIBUTORE: Netflix. USCITA: 2 aprile 2021
Direttamente dalla scorsa edizione del Toronto Film Festival, arriva su Netflix Concrete Cowboy: il western di Ricky Staub, basato su un romanzo di Greg Neri.
Non assistiamo solo all’evoluzione del rapporto padre e figlio, ma esploriamo nel dettaglio gli usi e costumi di una comunità. La storia ruota intorno alla Fletcher Street Urban Riding Club, un’organizzazione che invita i giovani afroamericani a rigare dritto praticando l’arte dell’equitazione nel bel mezzo delle strade della città.
L’espediente utilizzato è quello di presentare le dinamiche cruente che caratterizzano le periferie delle grandi cittadine americane, non focalizzando l’attenzione unicamente sulla malavita; anzi: i cavalli, ed i cowboy rimasti, rappresentano la speranza di tutti i ragazzi perduti in cerca di un’identità. Nonostante ormai tali usanze siano in disuso, e la città avanzi con le proprie costruzioni, i Cowboy di Fletcher Street non demordono: quello è il loro posto.
La pellicola ci racconta che i cowboy non erano solo bianchi, unendo alla tradizione western anche quella afroamericana. Tutto a partire da una storia vera: quella, per l’appunto, dei cowboy urbani stanziati a Philadelphia nelle stalle di Fletcher street ( e inclusi nel film come comparse).
Trama e trailer | Recensione Concrete Cowboy
Da Detroit il giovane Cole, adolescente difficile, viene spedito dalla madre, ormai esasperata dal figlio ingestibile, dal padre Harp. L’uomo vive nella zona nord di Philadelfia ed è sempre stato assente. Cole entra così in contatto con la locale cultura dei cowboy urbani, di cui Harp è un fiero esponente; il maneggio cui fa riferimento la comunità è però minacciato sempre di più dalla gentrificazione, e Cole, diviso fra il rispetto per un padre con il quale sta ricostruendo un rapporto ed un cugino problematico ritrovato anche lui dopo molto tempo, sarà costretto a rivedere totalmente le priorità della sua vita.
Non solo un dramma sul rapporto padre-figlio | Recensione Concrete Cowboy
Concrete Cowboy è prima di tutto una storia di crescita, quella di un giovane ragazzo che viene portato via dalla propria città per essere catapultato in una nuova, dove il tempo sembra essersi fermato e lo stile di vita è molto più rigido di quello a cui è sempre stato abituato.
Cole non è solo un ragazzo senza punti di riferimento, si presenta ai nostri occhi ancora acerbo, immaturo, non consapevole di quelle che siano le sue reali responsabilità né tantomeno i pericoli da evitare. Ed è in questo continuo oscillare tra giusto e sbagliato che inizierà una lotta segreta con il proprio padre (desideroso di conoscere più approfonditamente), e un corsa contro il tempo col cugino, spacciatore ed ex cowboy.
Ciò che Cole anela è la ricerca di una propria identità.
Dall’altro lato troviamo Herp, cowboy urbano di Fletcher Street. In questa strada, ferma nel tempo, come un mondo a sé, la comunità locale vive ancora come nel passato far west: allevando cavalli, domandoli, cavalcandoli. Herp, dal canto suo, non riesce a fare altro se non questo: prendersi cura dei propri cavalli. La sua totale incapacità di istaurare un dialogo col figlio, dimostrerà a quest’ultimo il divario crescente col padre, portandolo a commettere atti che con conseguenze importanti.
Ed è con questo espediente che Concrete Cowboy dimostra di voler fare più del semplice raccontare la storia di un adolescente problematico e del rapporto con il padre, facendosi anche testimonianza di un luogo, Fletcher Street.
La comunità di Fletcher Street | Recensione Concrete Cowboy
La storia del film si divide immediatamente in due sottotrame: da una parte un mestiere, quello del Cowboy, a rischio “estinzione” per via dell’ingente crescita delle costruzioni urbane anche nelle periferie; dall’altra, la malavita dei quartieri più problematici che non ha paura ad uccidere e mietere paura.
In realtà, senza alcun apparente legame, le due storie sono legate dallo stesso minimo comune denominatore: i cavalli.
Sfruttando le dinamiche implicite a queste due sottotrame, il film riesce a portare alla luce la testimonianza politica e sociale delle periferie. Ed ecco che una storia che sembrava volesse riportare in scena l’ennesimo rapporto disastroso padre/figlio, racconta di un’intera comunità, delle loro esigenze, dei loro obiettivi, delle loro lotte quotidiane contro un mondo che li ha tagliati fuori e lasciati a raccogliere i cocci delle loro esistenze. Non manca la violenza, cruda e reale, le ingiustizie sociali, la lotta di classe e il desiderio di essere riconosciuti per ciò che realmente sono: gli ultimi sopravvissuti di un’antica arte, quella dei Cowboy Urbani.
Conclusioni
Il tutto è accompagnato da una fotografia che sa rendere giustizia ai luoghi raccontati e alle persone che ce li presentano, e a musiche scelte con cura in grado di riportarci indietro nel tempo ai western che hanno fatto la storia del genere.
Tuttavia, nonostante il discorso politico/sociale e l’ottima realizzazione di tale contesto, spesso la sceneggiatura è abbastanza altalenante. Nulla da dire sugli interpreti, in grado di reggere da soli l’intera narrazione; mentre la storia in sé, soprattutto in alcune scene di rilievo per la trama, non rende giustizia alla performance attoriale. Laddove si ricerca profondità, non viene ben mostrata; quando, invece, ci si aspetta un’azione dinamica, la pellicola si muove lenta a tratti noiosa.
Ne esce fuori, comunque, il ritratto di una comunità e la ricerca di un’identità con questa stessa. Assistiamo alla crescita di un ragazzo, di un rapporto e all’insieme di questi due elementi all’interno di una maggiore presa di coscienza di ciò che realmente significhi appartenere ad un luogo
Punti a favore
- Attori principali
- Storia della comunità
- Musica
Punti a sfavore
- Sceneggiatura altalenante
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